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BONINO AL POLO: PRONTI AD UN PATTO SUGLI OBIETTIVI E GLI IDEALI DEL '94 POI SUBITO TRADITI

10 gennaio 2000

programmi che proponiamo sono quelli già liberamente sottoscritti dal centrodestra nel ’94 e nel ’96 e subito traditi»

Da Il Corriere della Sera del 10 gennaio 1999

ROMA — «L’accordo con il Polo per le regionali? Eccoci, si può fare. Ma a precise condizioni». Emma Bonino fa sul serio: dopo il «sì» di Gianfranco Fini ai referendum sociali promette patti elettorali che potrebbero rafforzare il centro destra nella sfida del prossimo 16 aprile. L’ex commissario europeo bacchetta il centrosinistra, ironizza su chi l’avrebbe "cacciata" da Bruxelles, rivaluta provocatoriamente Bettino Craxi. Ma, soprattutto, annuncia di essere pronta all’intesa elettorale con il centro destra. Anche se sull’accordo pesa un’incognita non secondaria: si chiama Silvio Berlusconi. Perché le «condizioni» di cui parla la Bonino sono, oltre al sostegno ai referendum, l’introduzione del maggioritario secco e del presidenzialismo all’americana nel sistema elettorale delle Regioni. Proprio ora che il leader del Polo ha imboccato la via del proporzionalismo.

È quindi soddisfatta dell’appoggio offerto da Gianfranco Fini?
«È senza dubbio una buona notizia».

Tale da riaprire i giochi per un accordo elettorale con il Polo?
«Per accordarsi occorre innanzitutto esserci! Ora che ci siamo, l’accordo lo proponiamo subito e per subito».

A quali condizioni?
«In sintonia certa con tutto l’elettorato del Polo e con l’entusiasmo di tanta parte degli astenuti, poniamo una sola precondizione: che si recuperino e si rafforzino gli obiettivi e gli ideali del 1994. Dovremmo impegnarci a proporre, tassativamente, alle quindici assemblee costituenti regionali che eleggeremo il 16 aprile, statuti rigorosamente "americani", vale a dire con presidenti e "deputati" eletti con sistema uninominale maggioritario secco. E con forti integrazioni "svizzere" di democrazia diretta referendaria, per attuare subito e integralmente — non dispiaccia troppo a Bossi — la grande rivoluzione federalista, assieme a quella liberista e liberale dei venti referendum radicali. Rivolgo un appello a tutti i cittadini liberi a tornare a sperare nella politica e a sostenere subito questa nostra proposta, prima di tutto presso Forza Italia, An e Ccd, perché non la lascino cadere. Sia ben chiaro che su questo progetto non molleremo di un millimetro. Se ci lasceranno soli andremo al voto con i nostri candidati presidenti e le nostre liste».

Pensa che non solo Fini, ma tutto il Polo sia pronto ad accettare le vostre condizioni?
«Sono già tutte presenti nei documenti programmatici liberamente sottoscritti dal Polo e dai radicali nel 1994 e nel 1996, ma subito traditi, malgrado fossero presi formali e solenni impegni con gli elettori italiani. Con questa pre-condizione formale noi siamo pronti a negoziare un accordo con tutto il Polo. Ho d’altra parte già detto a Berlusconi, per conto di tutto il movimento radicale, che un ticket Bonino-Berlusconi, per un’alternativa liberale, federalista e liberista, rimaneva per noi auspicabile, in vista delle elezioni politiche».

Non farà fatica Forza Italia ad accettare, proprio ora che si è schierata per il proporzionale?
«Sulle elezioni regionali, come sui nostri venti referendum, sta a Berlusconi fare quello che vuole, che può e che forse avrebbe dovuto già fare. Vedremo. Certo, su questi fronti di immensa importanza la sua sembra una leadership ancora più sfocata e inefficace di quella di D’Alema. Le elezioni regionali, bisogna capirlo, sono un’occasione assolutamente unica, straordinaria, una scadenza politica rivoluzionaria, riformatrice, per questa Italia del controriformismo postcomunista, postfascista, post clericale».

Elezioni più importanti di quelle politiche?
«Anche se nessuno mostra di saperlo o, peggio ancora, non lo sa, la nuova legge dà la possibilità di eleggere quindici assemblee costituenti che possono creare regioni simili agli Stati americani, arricchite dalla componente della democrazia diretta alla svizzera. Noi siamo stati a sentire, fin qui, che cosa il Polo, magari Bossi o Martinazzoli, intendessero dire, fare, proporre. Ma nei party e nelle merende televisive, grazie ai tenutari di quei luoghi, di tutto questo i grandi boss non sapevano nulla. Ecco perché abbiamo deciso di scendere in campo con i nostri progetti, programmi, obiettivi, candidati e liste. Vedrete, adesso, che rincorsa prenderanno tutti. Ma per insegnarci, al solito, quel che da noi hanno appreso».

O forse anche perché temono di essere penalizzati dal vostro ingresso nella battaglia elettorale?
«Questa solfa del Polo penalizzato! Se fosse così varrebbe il detto "chi è causa del suo mal pianga se stesso". Ma preferiscono davvero che tutti passino all’astensione invece che votare per noi? Bel guadagno! Ma le pare che da 25 anni sosteniamo la necessità della riforma elettorale come premessa necessaria per la grande riforma presidenzialista e federalista, per poi accorgerci che il bipartitismo e l’alternativa basta volerli e si realizzano comunque, anche con la proporzionale e il mattarellum? Noi dobbiamo la nostra presenza e la nostra battaglia tanto agli elettori del Polo quanto a quelli dell’Ulivo e, ancor più, alla bravissima gente che è stata con Bossi, che ha sperato in lui. E più ancora agli astenuti o, altrimenti, agli astenendi. Noi lottiamo per i nostri obiettivi tradizionali. Gli altri? Boh, obiettivi e convinzioni cambiano continuamente... È come se la sola convinzione, comune ai due campi, fosse quella di private convenienze e non altra».

Sempre a precise condizioni, sarebbe possibile un accordo programmatico anche con il centrosinistra?«Nel nostro codice genetico ci sono sia la destra storica intransigente e convinta, sia la sinistra liberale e salveminiana della quale non vediamo traccia visibile altrove, tranne che nel sincretismo paroliere di Veltroni. Nel centro sinistra non emergono nemmeno le contraddizioni, passate o presenti, del Polo. Peccato, peccato davvero».

Ha ragione il ministro Amato a parlare di «leadership sproporzionatamente piccola»?Ci pensa un attimo poi lancia il suo affondo, metà ironico, metà velenoso:
«Giuliano Amato? Sì. Anche perché questa osservazione contribuirebbe a dare rilievo alla personale, quasi privata "grandezza" di uomini come Amato. A questo proposito mi chiedo: sono stata cacciata da Bruxelles, concordi e determinati Prodi, D’Alema e Berlusconi, perché troppo "piccola" anche in confronto alla "sproporzionatamente piccola" classe dirigente italiana? Gradirei risposta, se qualcuno sa darmela».

Come giudica la scelta del governo di non costituirsi presso la Consulta contro i referendum sociali?«Formalmente corretta e, di questi tempi, è già qualcosa. Comunque, la questione è marginale. La Consulta, in passato, non ha avuto bisogno di governi per funzionare, come usa dire Pannella, da vero e proprio plotone d’esecuzione. Ci auguriamo questa volta che torni spontaneamente ed efficacemente ad ispirarsi alla Costituzione più che alla "ragion di Stato" o "di partito" o di parte politica. Ne saremmo felicissimi».

C’è una differenza fra D’Alema e altri esponenti della sua maggioranza?
«Potremmo dire che D’Alema vorrebbe batterci, altri manganellarci. Mentre il popolo sovrano dovrebbe continuare a essere sepolto dalle censure e dalle menzogne dell’informazione di regime».

I sindacati stanno mettendo su un "comitato per il no": come si articolerà la vostra campagna?
«Se il blocco sociale dominante, conservatore, spesso reazionario, mette in scena anche dei "comitati per il no", sarà difficile equiparare queste "milizie" ai comitati promotori dei venti referendum liberali e liberisti: sono stati sottoscritti sedici milioni di volte da elettori italiani, malgrado condizioni di non legalità e di non rispetto delle regole democratiche che abbiamo documentato al primo interessato, cioè al Capo dello Stato, garante della Costituzione. Quanto alla nostra propaganda, poiché per noi soli la comunicazione politica, vietataci, deve essere pagata come quella commerciale, ci siamo già dissanguati. Non possiamo dunque "articolarla" per ora, perché non possiamo farla».

Ritiene possibile un intervento del Parlamento per bloccare i referendum elettorali?
«Ci stanno provando, ma per fortuna sono così incapaci di tutto, con il loro Parlamento scendiletto, che difficilmente ci riusciranno».

Alla fine, nonostante la distanza da quella che continuate a chiamare "partitocrazia", a qual uomo politico vi sentite più vicini?
«"Nonostante"? Al più lontano: Bettino Craxi»

Roberto Zuccolini



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