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SCIOPERO DEI GIORNALISTI: SIAMO AL DELIRIO CORPORATIVO

10 dicembre 1999

Dichiarazione di Daniele Capezzone, responsabile informazione dei radicali:

Roma, 10 dicembre 1999

Con indubbia professionalità, i giornalisti italiani -che con buone speranze di successo contendono ai magistrati il primato dei privilegi e delle impunità di regime- sono riusciti nell'impresa di fare disinformazione anche sulle reali ragioni del loro sciopero odierno, che, in queste ore, viene presentato al paese come una giornata di mobilitazione "a sostegno della difficile vertenza per il contratto nazionale di lavoro".
E' forse utile, quindi, chiarire quali siano i termini della partita che si sta giocando. Il sindacato dei giornalisti, in buona sostanza, vuole tre cose.
Primo: che anche l'attività informativa on-line sia sequestrata a favore della corporazione giornalistica, con relativa applicazione del contratto di categoria, solo di quello, e di nessun altro.
Secondo: che gli editori, "con una dichiarazione esplicita, riconoscano una volta per tutte il ruolo sociale e professionale dei giornalisti come unico strumento per garantire ai cittadini un servizio di qualità".
Terzo: che, "a garanzia del prodotto offerto", sia istituito un "marchio di qualità", assegnato da una non meglio precisata commissione mista editori-giornalisti, per i siti web dedicati all'informazione.

Ora, nel resto del mondo occidentale (dove il giornalista è tale non da quando entra in possesso di una tessera o da quando gli viene applicato un particolare contratto, ma da quando e fino a quando è capace di trovare un editore -un "padrone", direbbero gli eleganti compagni del "Manifesto"- disponibile a pagarlo affinché parli o scriva), anche una sola di queste tre richieste sarebbe già stata salutata da fragorose risate; in Italia, invece, queste manifestazioni di vero e proprio delirio corporativo sembrano tuttora prese in serissima considerazione.
Ma -occorre ricordarlo- l'Italia è il paese in cui il giornalismo d'Ordine e di FNSI (così attenti a censurare le interviste di una Mara Venier, e così distratti sui misfatti di un Bruno Vespa o degli altri 1800 giornalisti della Rai) ha offerto e continua ad offrire un solo "marchio" e una sola "garanzia": un pluridecennale e ininterrotto asservimento al potere.
E non è un caso, per limitarci ai fatti degli ultimi giorni, se, tranne eccezioni sempre più rare, per sapere qualcosa sullo scandalo dell'alta velocità ferroviaria bisogna comprarsi il "Times", e per leggere qualcosa sui disastri delle opere del Giubileo bisogna leggersi "Le Monde".



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