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LETTERA DI SERGIO STANZANI A BRUNO ZEVI

8 dicembre 1999

Roma, 7 dicembre 1999

Caro Bruno,

forte dell'amicizia che mi lega a te da più tempo rispetto ad altri, così come a te mi unisce per ragione anagrafica una più diretta partecipazione alla tragedia del nazismo e, in questa, al popolo ebraico, non posso non ricordarti - come con particolare affetto ma con vigore ho fatto in occasione dell'assemblea radicale da te richiamata - che oggi, per fortuna di tutti, sul popolo ebraico non incombe il pericolo nazista né, quanto meno in Europa, il farne parte è ragione effettiva di rischio specifico.
I pericoli della intolleranza, della violenza, dell'autoritarismo sono, certo, ancora vivi e presenti, per tutti noi e, con noi, per tutti coloro che credono e vogliono libertà, diritto e democrazia. Questa è la lotta prioritaria alla quale i radicali, con te, si sono dedicati e impegnati, con forza e continuità ormai da molti, anni, in Italia e in Europa. E' un impegno, una lotta che impone il rispetto delle leggi e l'affermazione del diritto, concretamente nella realtà di oggi, non solo con e nella memoria. Quindi anche di Le Pen e dei suoi che siedono oggi (per noi malauguratamente ma legittimamente) nel Parlamento europeo, ove - come sai - è in atto una lesione inaccettabile dei diritti di una minoranza (i "non iscritti" di cui costoro fanno parte) ad opera di una maggioranza (i componenti dei "gruppi").
Per l'affermazione di questi diritti i parlamentari radicali si sono battuti fin dalla loro prima presenza nel Parlamento europeo, "per altri", indipendentemente da Le Pen. Non è responsabilità nostra se in questa legislatura battersi per il diritto di pochi (di una minoranza) contro la prevaricazione di molti, ci porta, per una esigenza "tecnica e accidentale" accanto (non certo vicini e, tanto meno, uniti) a Le Pen.
Un importante successo rispetto al nostro obiettivo è già stato raggiunto con la decisione del Tribunale di costringere il Parlamento europeo a recedere dalla decisione di sciogliere il "gruppo tecnico" proprio per non voler riconoscere ai parlamentari "non iscritti", il diritto di essere eguali agli altri.
Caro Bruno,
con affetto e amicizia, addolorato della tua decisione che, così motivata, non posso certo condividere, ti abbraccio ricordandoti che "per la vita del diritto e per il diritto alla vita" (anche a rischio della propria vita in difesa del diritto del tuo avversario, del tuo "diverso") è una verità che ci ha unito e tuttora può e deve unirci.

Un abbraccio,
Sergio



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