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BONINO: MI CANDIDO ALLE REGIONALI PER GUIDARE VENETO O PIEMONTE

30 novembre 1999

«Berlusconi sbaglia a denunciare il giudice, appoggi i referendum: la giustizia è di tutti»

INTERVISTA A EMMA BONINO PUBBLICATA SU 'IL MESSAGGERO' IL 30-11-99 PAG. 5

di VIRMAN CUSENZA

ROMA - Torna il «fattore E». Stavolta l'obiettivo di Emma Bonino sono le regionali di marzo, quando con lista e candidatura la leader radicale - grazie all'elezione diretta dei presidenti- tenterà di guastare la festa ai concorrenti di Polo e Ulivo. In mezzo, ci sarà il duello sui referendum che i radicali affrontano con il groppo in gola: «Vassalli alla presidenza della Corte Costituzionale non ci fa ben sperare».

Onorevole Bonino, è vero che i radicali a Bologna hanno lavorato per impallinare Tura?
«E' evidente che a Bologna sul piano della logica ha vinto l'Ulivo. Parisi e Tura erano candidati intercambiabili: illiberali tutti e due. Quelli del Polo hanno perso più perchè sono mancati loro, non tanto perchè siamo mancati noi».

E quale lezione ne trarrete voi radicali?
«Che ormai è necessario non rinunciare ad una candidatura liberale, visto che abbiamo un falso bipolarismo privo di una contrapposizione autentica».

Lei darà l'esempio alle regionali?
«Abbiamo deciso di presentare nostre liste e candidati. Quanto a me, sono pronta a dare la mia disponibilità. Magari dovrò scegliere la regione o le regioni: mi stimolano Piemonte e Veneto, soprattutto. Ma c'è pure la Lombardia».

Non avevate promesso l'appoggio a Cacciari perché più affine?
«E' noto che in Veneto alle europee raccogliemmo il 10 per cento. E che molti nostri elettori apprezzano Cacciari. Ma la guida di una regione come il Veneto è paragonabile al governo di un medio Paese europeo e per questo occorrono candidature autentiche, evitando di seguire le mode nuoviste».

Politici di professione meglio della società civile?
«E' dal '92 che si è affermata questa assurda regola per cui bisognava non essere stati mai eletti per essere nuovi e quindi migliori. Questa storia dei candidati poco connotati politicamente è stata definitivamente sconfitta a Bologna».

Che cos'è un modo per suggerire al Polo: meglio Storace che un altro nel Lazio?
«Storace ha una sensibilità referendaria indubbia, abbiamo combattuto insieme tante battaglie. Ma sul Lazio non abbiamo ancora deciso».

Sembra di sentire D'Alema. Con la sinistra di governo il vostro dialogo si è interrotto?
«Parrebbe così. Sugli scalini del Parlamento di Strasburgo, ogni lunedì Veltroni mi dice: noi due ci dobbiamo incontrare. Io sto qui. Non ho più notizie di D'Alema da quando ha attaccato i nostri referendum definendoli uno sfregio ai lavoratori».

Alleanza impossibile?
«Se la sinistra è quella di Amato e D'Alema, se ne può parlare. Difficile se è quella dirigista di Salvi e Cofferati. Ricordo che Amato lo sostenemmo già nel '92 quando presentò in Parlamento una finanziaria lacrime e sangue. Ma purtroppo oggi D'Alema non è Nembo Kid e fatica a reggere una coalizione a dodici voci. La nostra sarebbe solo la tredicesima...».

Ma allora dove batte il cuore radicale: con il Polo?
«Non è un mistero che oggi abbia il Polo meno in simaptia. Ma è un fatto che le psozioni liberal nel Polo sono gradualmente scemate. Berlusconi, nel '94, era partito come alfiere del maggioritario e oggi si scopre paladino del proporzionale. Per di più vuole rifare la DC, progetto legittimo, ma che non ci interessa».

Sulle riforme almeno vi sentite garantiti da Ciampi, che lei e Pannella avete incontrato di recente?
«Ciampi ha una sensibilità forte sui temi dei nostri referendum. Ma in materia di sindacati è un propugnatore del metodo della concertazione, questo ci divide. Condividiamo invece la sua preoccupazione che il Parlamento non riesca a fare le riforme».

E infatti non vedete l'ora che passi il referendum ammazza proporzionale.
«Il neo presidente della Corte Costituzionale, Giuliano Vassalli, è certo un galantuomo. Ma ricordo la legge Vassalli sulla responsabilità civile dei magistrati che tradì il nostro referendum approvato a furor di popolo. Questo precedente non mi fa ben sperare».

Sulla giustizia dà ragione a Berlusconi che addita «il cancro di certi magistrati di sinistra» o a Ciampi che ne difende l'autonomia?
«A Berlusconi dico: appoggi i nostri referendum sulla separazione delle carriere, il nuovo sistema elettorale del Csm o sugli incarichi extragiudiziali. Altrimenti l'impressione è che al Cavaliere stiano a cuore più le vicende personali che le soluzioni del sistema giustizia del Paese. Detto questo, è plausibile il sospetto che certi tempi processuali nella sua vicenda siano strani. Ma non è con la denuncia del gup che li risolvi».

Signora Bonino: se l'Italia fosse l'America lei starebbe con i Democratici o con i Repubblicani?
«Non c'è dubbio: con i democratici. Come pure con i laburisti in Inghilterra. Se c'è da scegliere come investire i soldi pubblici in caso di pareggio del bilancio, preferisco potenziare i servizi sociali. Ma in Italia siamo indietro di dieci anni. Un giorno chissà...».



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