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TESTO DELLA DICHIARAZIONE SPONTANEA DI MARCO PANNELLA DAVANTI ALLA CORTE DEL TRIBUNALE DI ROMA

16 novembre 1999

Roma, 16 novembre 1999

L'audio dell'udienza su RadioRadicale.it

Questa la trascrizione - non rivista dall'autore - della dichiarazione spontanea resa ieri in udienza da Marco Pannella

Signori Giudici,
se oggi emetterete la sentenza e se questa sentenza non fosse di condanna, io avrei terrore di voi e per voi. Nei primissimi anni cinquanta, Calamandrei ebbe a dichiarare "ho il terrore di quei giudici che giudicassero per fare giustizia e non per applicare le leggi". Quel metodo, quel terrore ha attraversato, confermato dagli eventi, questo mezzo secolo e siamo a questo appuntamento...

Chiediamo ai nostri giudici di applicare le leggi, non di fare le leggi.
Certo, dinanzi ai procedimenti, laici e nonviolenti, socratici, quelli per i quali dinanzi ad una legge che si ritenga ingiusta o una sentenza che si ritenga ingiusta, ci si autodenuncia, si costringe la città a processarci, perché la città unita in agora attorno al processo, prenda atto dello scandalo - se v'è - di quelle leggi ingiuste o di quella ingiusta applicazione delle leggi...
Certo che in questo procedimento socratico, nonviolento, civilissimo, laico - che è poi anche quello gandhiano, ma innanzi tutto socratico - vi è una considerazione massima della libertà e dei doveri del giudice stesso, perché quando così si procede è evidente che dalla più remota antichità ci viene anche il monito che la legge - essa - debba essere applicabile perché non smentisce i principi generali del diritto.
Anch'io, come altri più illustri, risento non del giusnaturalismo, ma del giuspositivismo, più legato, come sono, al diritto positivo, alle sue difficoltà, alla sua maestà, alla sua forza, alla sua responsabilità, alla sua ricchezza... alle difficoltà a volte anche di valutarlo e di interpretarlo.
Ma oggi c'è una domanda che viene in questo modo dall'antico e che mi è stata rovesciata addosso da quando abbiamo aperto questo processo, dall'attualità: abbiamo sentito dalla Corte Costituzionale evocare ad ogni piè sospinto, ribadirci, ficcare come un chiodo duro, che debba esserci "il principio di ragionevolezza delle leggi" come condizione per la loro costituzionalità. Andiamo a riprenderci, signori giudici, le sentenze per gli ultimi 50 quesiti referendari, sottoposti al giudizio della Corte costituzionale... ma andiamo a prenderli sin dal 1987 - 88! Questo principio di ragionevolezza - che in termini di diritto comparato non era stato mai possibile molto valorizzare e studiare - oggi sicuramente ci viene ricordato, non a caso: perché? ...
Io non so se questo è il motivo per il quale la Corte Costituzionale ci dà questo conforto ed anche questa condanna ad essere vigili, non lo credo...
Perché, in fondo, cosa diciamo? Cosa dite? In che cosa è consistita la vita del diritto, della giustizia, la vostra e la nostra, se non che dinanzi ad un'attività legislativa e di diritto positivo, molto spesso inconcepibile (le leggi omnibus, leggi da casistica gesuitica e non laica, moderna di stato di diritto, con proroghe, deroghe continue, possibilità di elusione e di evasione di leggi con quello che si diceva "i giudici devono effettuare una supplenza..." o li si criminalizza per la supplenza) il problema è che la manifesta irragionevolezza del nostro diritto positivo ci fa impazzire tutti!
Se qualcuno crede al libro, al contratto, alle regole, alla legge, nel suo essere sociale, nel suo essere cittadino... ma mi dicano, signori giudici, loro credono davvero, possono davvero, onestamente, essere giudici secondo diritto, secondo civiltà, secondo Calamandrei?
Applicare oggi la legge! Questa legge! Numero 162, articolo 73: "chi cede o riceve - cede o riceve - a qualsiasi titolo! E per qualsiasi scopo! Aggiungiamo - con la Suprema Corte - ad esclusione qualsiasi esito e conseguenza"... perché anche questo è rilevante! Non importa se è drogante o no!

Voi giudici avete, credo, un merito, una colpa: voi fate storia...
Ma è del tutto casuale che erano passati 40 anni prima che voi deste ingresso alla scienza in un processo, in questa materia? Siete stati i primi e ne siamo stati sorpresi: non era la prima volta che lo chiedevamo!
E avete assistito allo sconcerto, alle difficoltà: il PM, ma i suoi periti anche... Droga, non droga... non è droga... non è droga semanticamente... Ebbene il prof. Gessa che è annesso come massima autorità scientifica (è annesso a mio avviso a torto: è uno scienziato punto e basta!) allo schieramento proibizionista, il prof. Gessa, in questi giorni a Radio Radicale, ha insistito "ma certamente, io la metterei come ottavo o nono grado di pericolosità rispetto all'alcol e al tabacco e a diverse altre..." .
L'ha perfino detto per l'ecstasy... lo dice anche Vasco Rossi: si muore di mercato nero... la scienza conosce poco i morti... otto in dieci anni... e i morti li conosce per il mercato nero, perché quella pillola presa per ecstasy era a mercato nero, come tante altre pillole, tante eroine... il prodotto di una legge infame, aberrante, blasfema che conferisce il valore dell'oro a prodotti agricoli, quelli di casa nostra!
C'è qui - e sarà fra poco giudicato da voi - una persona, un ragazzo che è stato curato da infante, da bambino, dalla madre, secondo una tradizione secolare di campagna, con decotti fatti anche di canapa... la canapa che tenevamo in Abruzzo, in Calabria, dappertutto! Presidente... Ed era poi canapa indiana... E' stato arrestato per tre giorni... perché s'era preso il decotto di mamma! E la foglia è una foglia della propria campagna... come da secoli.

Signor Presidente, temo che se voi emetterete una sentenza e non, in qualche misura, respingerete al mittente, alla Corte Costituzionale "per la manifesta irragionevolezza" una norma che dice "a qualsiasi titolo" con qualsiasi esito... comunque accada... perché con qualsiasi valore con qualsiasi risultato sociale venga fatta (la cessione), è reato, è male, è un pericolo per la società... credo che saremo non a conclusione di qualcosa, ma ad una situazione sempre più folle per le forze dell'ordine.

Mi consenta solo di ricordarle, Signor Presidente, perché questo riguarda le circostanze dei fatti per i quali io mi trovo qui: nell'agosto del 95, le forze dell'ordine, i magistrati che stavano facendo il loro dovere secondo questa legge irragionevole, avevano arrestato a Cattolica e a Rimini 10 ragazzi (due volte dieci) perché si erano passati uno spinello... provato che 5 di quei ragazzi non sapevano che lo fosse... ebbene, furono arrestati! Tenuti in galera! Allora ho sentito il dovere, con i miei compagni e compagne, di togliere questa irragionevolezza che pesava sull'attività della giurisdizione, delle Forze dell'ordine, dei magistrati, della nostra vita di ogni momento... e abbiamo cercato di sollevare il problema!
Abbiamo fatto male? Abbiamo fatto male a qualcuno, Presidente? Abbiamo violato una legge intelligibile, Signori giudici? Se questa è la nostra colpa, la rivendichiamo e continueremo a farlo!
Se a settant'anni dovrò di nuovo andare in carcere, come le vittime del proibizionismo, quelle che non sono ancora assassinate da questa cultura di morte che continua a prevalere, ebbene, vorrà dire che avrò trascorso bene i miei anni!
Perché andando lì, andrò a difendere la speranza nel diritto, nella legge, nella ragionevolezza della democrazia, dei giudici e dei legislatori!



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