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DROGA: EMMA BONINO «POLIZIOTTI E DIVIETI NON SERVONO»

4 novembre 1999

Intervista di Emma Bonino a "Il Corriere della Sera" del 5 novembre 1999, pagina 9

ROMA - Prima di cominciare, una premessa: «Sono contro le droghe. Tutte». Quindi il leader radicale ed europarlamentare Emma Bonino accetta di parlare anche di droghe sintetiche, un'emergenza italiana che lei da Bruxelles, dice, fatica a comprendere.

Perché, non crede che la diffusione di queste nuove droghe chimiche sia un problema da affrontare con grande urgenza?
«Credo che di fronte ad un simile argomento sia corretto porsi con l'umiltà del dubbio. Non mi sentirei di affermare con decisione: esiste un'emergenza. E di certo non esiste un'emergenza di ordine pubblico».

Cosa vuol dire?
«Semplicemente che bisogna chiarirsi le idee. E capire che la droga è un problema sociale. Detto questo, governiamolo. Inutile cercare di estirparlo alle radici, come fosse un'erbaccia in un prato all'inglese. Per questo sono convinta che non lo si possa risolvere sguinzagliando poliziotti e cani dentro e fuori le discoteche. Ma nemmeno cercando di incasellare le droghe chimiche dentro tabelle di legge. E impossibile».

Cosa vuol dire?
«Semplice: le cosiddette nuove droghe sono composti multipli di molecole chimiche. Variabili. E componibili a piacimento, in maniera facile. Non si riuscirà mai a proibirli tutti».

E allora?
«Allora lasciamo perdere il proibizionismo. Non lo dico certo da oggi e non soltanto per queste droghe chimiche. Il proibizionismo non ha mai funzionato per i problemi sociali. Lo abbiamo visto in Italia, ma anche all'estero: basta ricordare il famoso periodo di proibizionismo dell'alcool negli Stati Uniti. Si è capito con il tempo: serviva soltanto ad arricchire la criminalità più o meno organizzata. Lo vediamo adesso in Italia: l'alcool fa certo malissimo. Ma non lo spacciano davanti alle scuole o alle discoteche. Perché il punto è questo: se, vista dalla parte del consumatore, la droga è un problema sociale, dalla parte dello spacciatore è evidentemente un problema di profitto. E di fronte al profitto non ci sono tabelle di legge che tengano. Di fronte al profitto si trova sempre il modo migliore per ingannarla, la legge».

Eppure Pino Arlacchi, che all'Onu dirige l'Agenzia per la lotta alla droga, in una intervista al Corriere della Sera ha detto che dietro queste nuove droghe sintetiche non c'è grande traffico criminale. Afferma che la catena che porta queste pasticche in Italia è corta: direttamente dall'Olanda o dalla Polonia, senza passare per mani criminali e mafiose. Arlacchi sostiene che sono pasticche fatte in casa, rivendute a basso costo...
«Ci vuole davvero molto poco a far allungare e a complicare questa catena. Basta l'odore dei soldi: sono tanti. E diventeranno tantissimi se non si interviene in maniera corretta. E allora sarà facile vedere che a tirare questa catena arriveranno in fretta tutte le mani mafiose e criminali che si vuole. All'inizio anche le foglie di cocaina che venivano dalla Colombia valevano quanto una foglia di basilico».

E allora che fare?
«Sicuramente non agire d'impulso. Non agire dietro lo slancio emotivo di un'emergenza che, ripeto, non esiste. Non così come si sta cercando di dipingere adesso in Italia. Mi sembra proprio di averle già viste queste "emergenze" destinate a durare lo spazio di un mattino per lasciar posto, il mattino successivo, ad emergenze nuove».

Ma la verità è che queste droghe sintetiche sono letteralmente devastanti. E, soprattutto, sembrano qualcosa di più o, forse, di diverso rispetto all'ormai «vecchio» problema sociale di droghe come era l'eroina: i ragazzi che si bucavano lo facevano per isolarsi, sentirsi diversi. Adesso, invece, queste droghe sintetiche arrivano nelle mani dei ragazzi come fossero caramelle, con la stessa facilità di una bottiglia di birra. E i ragazzi non ci trovano davvero nulla di diverso: la prendono credendo soltanto di poter ballare meglio insieme, di divertirsi di più...
«Questo conferma quello che dicevo: è un problema sociale. E per risolverlo, ripeto quindi, non servono grandi divieti e tanti poliziotti. Serve piuttosto molta prevenzione, una corretta educazione. E poi tanta tanta informazione. Un'informazione continua, equilibrata. Costante. Gli allarmismi singhiozzo fanno solo danni. Le "grida" manzoniane non aiutano i ragazzi a capire».

Cosa si può fare allora per aiutare i ragazzi a capire?
«Dare spiegazioni, semplicemente. La mia convinzione, in realtà, è che sulla questione droghe (vecchie, nuove o nuovissime che siano) si giochi una partita di fondo. Una sfida tra due modelli politici e culturali opposti. Un confronto tra due società da costruire».

Ma al di là del problema politico?
«Rimane l'evidenza. Prima di tutto quella di capire quanto siano inutili i tentativi di dichiarare "guerra alla droga". Sono decenni che ci si prova: tutte le guerre ingaggiate in maniera estemporanea sono state regolarmente perse».

Alessandra Arachi



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