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I MAGISTRATI PENSINO AD APPLICARE LA LEGGE

23 settembre 1999

Comunicato del Comitato di Coordinamento dei Radicali per la Rivoluzione liberale e gli Stati Uniti d'Europa.

Roma, 23 settembre 1999

Non c'è due senza tre. Dopo la discesa in campo di autorevoli Procuratori della Repubblica preoccupati di spiegare alle maggioranze e alle opposizioni quale debba essere il rispettivo comportamento per fronteggiare la cosiddetta "emergenza-criminalità", e dopo la sortita corporativa dell'ANM, che è arrivata al punto di minacciare il ricorso all'arma dello sciopero (ricorso più volte criminalizzato, se solo prospettato dall'avvocatura) a tutela delle proprie pensioni d'oro, si registra la presa di posizione di Magistratura Democratica, secondo cui, in buona sostanza, quand'anche i referendum radicali, singolarmente considerati, fossero dichiarati ammissibili dalla Corte Costituzionale, tutti insieme "prefigurerebbero un modello di società individualistica assai lontana dai principi di uguaglianza e di solidarietà cui si ispira la Costituzione".
Su queste basi, MD rivolge "al mondo del lavoro, della cultura giuridica, del diritto" un accorato appello al confronto e alla mobilitazione: in altre parole, una chiamata alle armi di tutti i democratici contro la barbarie prossima ventura.

Ora, al di là del senso di pena profonda che il merito di queste affermazioni suscita (quale studente del primo anno di Giurisprudenza si sognerebbe mai di esprimere un giudizio di costituzionalità su un pacchetto di quesiti referendari?), resta da capire, alla luce dei fatti di questi giorni, se in Italia esista ancora il principio della separazione dei poteri, o se invece, oltre ad applicare le leggi, i magistrati ordinari pretendano anche di iniziare a scriverle (o magari, per comodità, di dettarle al Parlamento della Repubblica) e di stabilire essi stessi chi, come, quando e dove possa sottoporle al giudizio referendario dei cittadini.



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