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Eutanasia. Capezzone: sì a diritto ad una morte nella pietà e nella dignità.
-Oggi, negli ospedali italiani, si muore in un dolore senza scampo e senza misericordia-Talebana la pretesa di Sirchia: non gli auguro di soffrire, ma - se gli capitasse- resterebbe libero di scegliere come comportarsi. Perché -invece-vuole imporre a noi la sua fatwa e il suo ideologismo?-In Parlamento già pronta una proposta di legge radicale

Roma, 31 agosto 2004

• Dichiarazione di Daniele Capezzone, segretario di Radicali Italiani

Voglio dire ancora una volta "sì" al diritto ad una morte nella pietà e nella dignità.

Siamo stati l'ultimo paese occidentale a darsi una legge sulle terapie del dolore (e, anche dopo l'approvazione, l'attuazione è ancora scarsa qui da noi), sicché un ricoverato su tre negli ospedali italiani soffre di dolori che potrebbero essere in tutto o in parte leniti.

Ma poi ci sono i casi in cui neanche le terapie del dolore possono bastare. In questo caso, deve essere consentito a ciascuno di poter scegliere anche la strada dell'eutanasia.

Oggi, negli ospedali italiani, una qualche forma clandestina e "all'italiana" di eutanasia c'è, in contrattazioni dolorose (e a volte torbide): procediamo invece ad una legalizzazione, che porti tutto sotto la luce della legge.

E' -insieme- liberale e cristiano consentire a ciascuno di poter scegliere per sé. E' invece talabana la preetsa di Sirchia di imporre a tutti la sua visione.

Non glielo auguro, ma se dovesse capitare a lui di soffrire, resterebbe libero di regolarsi su come comportarsi: ma perché vuole imporre a tutti quanti la sua fatwa e il suo ideologismo?

In Parlamento, in ogni caso, è già pronta una proposta di legge radicale.



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