Se non si riesce a sabotarlo con una leggina, l'anticipo delle politiche impedirebbe la celebrazione del referendum, come si fece nel 1972 e nel 1979.
L'obiettivo della proposta avanzata da Massimo D'Alema è fin troppo chiaro, e non sorprende che nessuno lo abbia finora denunciato.
Lo scioglimento delle Camere e il conseguente anticipo di un anno delle elezioni politiche comporterebbe necessariamente lo slittamento all'anno successivo della tenuta dei referendum sulla fecondazione. Notoriamente, infatti, la legge preclude la simultaneità di elezioni politiche e voto referendario.
Del resto, la storia d'Italia è piena di episodi del genere. Nel '72, si sciolsero le Camere per evitare il referendum sul divorzio (poi tenuto nel '74), e nel'79 si fece altrettanto per rinviare quello sull'aborto.
La strategia è dunque chiara, e vi collaborano a mani unite Francesco Rutelli (che -diciamo così- nella sua vita politica precedente ha maturato un certo "know-how" referendario), Piero Fassino con i suoi interventi antireferendari, e ora Massimo D'Alema con questa sapiente proposta volta a sconvolgere il calendario politico.
Insomma, prima tenteranno di impapocchiare una qualche leggina in Parlamento; se questo non basterà a vanificare il referendum (e non ce la possono fare, perché dovrebbero accogliere in toto le richieste dei promotori), si preparano a ricorrere a questo "second best", a questa soluzione di ripiego, per provare a farlo slittare.
Certo, però, che tristezza. Mentre tanti elettori di centrosinistra (come del resto di centrodestra) stanno firmando, mentre tante Feste de l'Unità sono mobilitate, mentre tanti dirigenti dell'Ulivo e dei Ds sono in campo, i loro leader si preparano a sfasciare tutto. Glielo impediremo.