Tre drammi: quello di una "resistenza" cecena egemonizzata da un terrorismo agghiacciante, responsabile di crimini incancellabili; quello della politica russa, che e' stata e continua ad essere di genocidio; quello personale e politico di Putin, come di ogni potente.
Sull'autentica tragedia consumatasi in Ossezia, quelle di Adriano Sofri mi sono parse le uniche parole davvero sagge.
I drammi sono chiaramente tre. Da una parte, quello di una "resistenza" cecena ormai egemonizzata da un terrorismo agghiacciante, responsabile di crimini disumani e incancellabili: e gli autori e gli attori di tutto ciò sono i peggiori nemici della stessa causa cecena, che rischiano di minarla definitivamente.
Dall'altra, il dramma di una politica russa che in questi anni, in Cecenia, è stata e continua ad essere di genocidio. Ed è bene che l'Occidente se ne renda conto. Non possiamo tollerare campi di concentramento nel 2004, o "giustificarli" in nome della "lotta al terrorismo": altrimenti, risponderemo all'orrore con altro orrore, e rischieremo di diffondere ulteriormente il seme del male che vorremmo combattere.
E infine, il dramma del potente Putin. In quel suggerimento-incubo di Sofri (offrirsi per salvare la vita dei bimbi) c'è il richiamo alto alla dimensione umana, di persona, che un potente non dovrebbe perdere, e che (per altro verso) sarebbe sbagliato immaginare che un potente debba necessariamente aver già perso.
Sofri richiama non solo Putin, ma noi tutti, se stesso, ciascuno, a un diverso "dover essere" di politico, di cittadino, di uomo e di donna.