Quando è uscito Al Mesry Al Yom, Emma Bonino è stata doppiamente felice. Primo: perché il fondatore e direttore esecutivo del giornale, Hisham Kassem, oltre a essere uno dei pochi dissidenti egiziani che lottano a muso duro contro il regime di Hosny Mubarak, è anche un suo amico. Secondo: perché le tesi di chi la pensa come lui avrebbero trovato uno spazio.
“Finalmente, ho pensato”, dice la europarlamentare radicale dal Cairo dove vive alcune settimane al mese. “Finalmente un giornale non agiografico, equilibrato, che promuove le riforme, che non sposa teorie nazionaliste e pluto-giudaiche come fa un po’ tutta la stampa araba”. Perché? Che cosa gli consente di essere diverso? “Il fatto di avere alle spalle un gruppo di imprenditori egiziani che ha investito e che ha ritorni solo attraverso le vendite e la pubblicità . Non ha alcun sussidio pubblico, come per gli altri giornali, che ricevono soldi e quindi condizionamenti”.
Un dubbio, però, resta su tutti: come mai il regime l’ha consentito? “Perché non può più permettersi diversamente: non opporsi a ogni cambiamento, deve fare concessioni. La scelta è stata aprirsi al mercato, purché restino intoccabili la costituzione e il plebiscito referendario per il presidente”. Significa anche che del presidente Mubarak parla senza censure. “Questo è il grande tabù che ha rotto: ha osato criticarlo direttamente, citandolo. Gli altri giornali o fanno agiografie, o ne pubblicano le parole come slogan. Se criticano, colpiscono di lato, mai direttamente. Per Al Mesry Al Yom invece non esistono intoccabili. Questo, e il fatto di essere l’unico giornale del Medio Oriente oltre al libanese Dayli Star a non sposare le teorie del complotto, gli ha dato immediata autorevolezza e l’ha inserito nelle rassegne stampa occidentali”. C’è un articolo che lo dimostra e le è rimasto impresso? “Un editoriale molto lucido su Israele e la Palestina dove si descriveva l’incapacità speculare di Sharon e Arafat di diventare statisti dopo essere stati militari”.