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Sinistra e radicali, se possiamo parlare
I referendum sulla fecondazione assistita sono un punto parziale ma certo di alleanza. Se ragionassimo sull'economia.

• da L'Unità del 5 ottobre 2004, pag. 25

di Carmelo Palma, Consigliere regionale radicale del Piemonte

I referendum sulla fecondazione assistita segnano un punto, parzialissimo ma certo, di alleanza politica fra la sinistra e i radicali. Erano anni- più di un decennio- che i radicali non venivano neppure percepiti, a sinistra, come interlocutori possibili. Questa diffidenza (ampiamente ricambiata da parte radicale) si presta a letture complesse e controverse. Due dati, però, emergono con chiarezza.  Il primo: l'inimicizia sinistra/radicali non è fenomeno recente e non è un sottoprodotto dell'ostilità sinistra/Berlusconi. Anche in questo caso, si può dire che la discesa in campo del Cavaliere ha innovato le forme dello scontro politico, ma non ne ha rivoluzionato i contenuti e le tendenze di fondo. Negli anni '70 (quando il progetto radicale era "Unità e alternativa della sinistra: subito!") la competizione del movimento radicale è stata per la sinistra altrettanto urticante e l'identità radicale rifiutata, nello stesso tempo, per la sua intransigenza politica e per il suo "eclettismo" ideologico. Non occorre ricostruire l'intera storia. Basta ricordarsi che c'è stata. E passiamo al secondo dato: i radicali sono, da oltre un decennio, la minacciosa "metafora" di quello che, in campo economico-sociale, la sinistra si sarebbe dovuta rassegnare a diventare: gli "estremisti" di una modernizzazione tanto, a sinistra, attesa da alcuni, quanto da altri drammaticamente subita. Chi sono i radicali?

 

Sono i liberisti, i privatizzatori, i rigoristi ostili al deficit spending; i "denigratori" del welfare state in favore di un welfare to work smaccatamente mercatista; gli anticorporativisti radicali e quindi, in questa forma, "antisindacato italiano";  gli anti-statalisti fautori di un federalismo che articoli e limiti l'invadenza del potere pubblico e non moltiplichi i centri di potere e di produzione di consenso "a mezzo di spesa pubblica" . Ma qual è la sinistra di governo europea che non è dovuta divenire, anche o soprattutto, questo per rimanere fedele, come usa dire, alle ragioni della sinistra?  Non si può dimenticare che queste svolte hanno profondamente segnato la stessa storia radicale. Non sono stati infatti pochi, né poco significativi, i dirigenti storici (da Adelaide Aglietta a Gianfranco Spadaccia) che hanno "patito", all'inizio degli anni '90, la "conversione" liberista, che pure aveva, nella storia radicale, ascendenze certe (a partire da Ernesto Rossi).  E torniamo al presente: non è forse possibile ritenere che questo revisionismo economico-sociale possa diventare, proprio per la sua natura dirimente, anche un terreno di incontro politico? Per altro verso, in termini più generali, se esiste ancora qualche possibilità che una destra europea vinca e governi su posizioni "democristiane" ("economia sociale di mercato" et similia: a questo, e solo a questo pensa l'intero centrodestra, tranne una parte oggi marginale di Forza Italia), non mi pare che ne esista alcuna, che consenta ad una sinistra di governare su posizioni che non siano blairiane.

 

In questa "Rodi", la sinistra deve comunque "saltare". Un po' di mesi fa, a ridosso delle elezioni europee, ci fu l'apertura politica di Pannella ad Amato; i rapporti furono presto sospesi e rimandati a tempi migliori. Quel rapporto era stato centrato essenzialmente su temi di politica internazionale. Se una discussione potesse riprendere, come mi auguro, sarebbe auspicabile che affrontasse da subito soprattutto le questioni di politica economico-sociale e istituzionale. Non per consentire facilmente ai radicali di "alzare il prezzo", o al centrosinistra, altrettanto facilmente, di concludere che esso è politicamente troppo esoso, ma perché quelli del governo della spesa pubblica, dell'assetto dei rapporti economici e del nuovo welfare e del funzionamento delle istituzioni sono presumibilmente i campi su cui si misureranno le capacità di governo delle coalizioni politiche nelle regionali del 2005 e nelle politiche del 2006. Il rapporto fra sinistra e radicali non può costruirsi solo sui temi cosiddetti civili, come quello della fecondazione assistita, che per altro non possono neppure essere parte del programma di governo del centrosinistra. D'altra parte, per quanto si diceva, forse il modo migliore per riprendere il dialogo con la sinistra è quello di ripartire dal  sostegno offerto dai parlamentari radicali alla "sanguinosa" manovra finanziaria del Governo Amato nel 1992, mentre essa veniva pesantemente osteggiata dalla sinistra (salvo essere in seguito ascritta non solo al merito di Amato, ma anche a quello del suo attuale schieramento): in quella scelta, stanno, in nuce, molte delle ragioni che rendono "insopportabili" i radicali e, insieme, molte di quelle ragioni che dovrebbero consigliare alla sinistra di aprire con i radicali una discussione sincera, per comprendere se sia o meno possibile individuare una direzione di marcia comune. Fra i radicali (e forse anche nel "popolo" e nella classe dirigente dell'Ulivo) vi sono tanti aspiranti blairiani che non comprendono come le posizioni liberali che contraddistinguono, uti singuli, questo o quell'esponente della sinistra e dei Ds, divengano, quando sono sostenute da una intera forza politica, insopportabilmente e "incompatibilmente" di destra. Se Blair non è un'icona, ma un riferimento politico, è ben difficile per la sinistra non fare i conti con il partito più radicalmente blairiano del nostro paese. Nelle prossime scadenze elettorali, i radicali dovranno puntare, con pragmatismo e decisione, ad accordi che consentano di riportare entro il perimetro delle istituzioni e del governo proposte politiche, che altrimenti rimarrebbero nobilmente confinate nella "non politica" della testimonianza civile o inutilmente dissipate in "recitazioni terzopoliste" elettoralmente irrilevanti. Sarebbe irresponsabile se i radicali, seriamente, non ci provassero. Sarebbe comunque perdente, se non ci riuscissero. Sarebbe incredibile che a sinistra nessuno se ne dimostrasse interessato.   



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