Da Fiat ad Alitalia... Chi sarà il prossimo?
Il salvataggio di Alitalia - azienda controllata direttamente dal Tesoro con una quota azionaria del 60% - a suon di milioni di euro, costituisce una ennesima, nerissima pagina per il nostro Paese. Attraverso la Cassa integrazione (illegale, lo ricordino l’azienda, il Governo, i sindacati e la magistratura, per il caso di esuberi definitivi, ex artt. 1, 4 e 24, legge 223/1991) si raggiungeranno solo tre obiettivi:
1 - mantenere posti di lavoro esistenti solo sulla carta, in attesa che gli stessi lavoratori vengano prima posti in mobilità , e quindi definitivamente espulsi dal mercato legale del lavoro con i prepensionamenti;
2 – gettare nella spazzatura il denaro dei contribuenti;
3 - utilizzare i contributi versati dalle imprese più piccole e più competitive per mantenere in piedi un carrozzone (para)statale completamente fuori mercato. Denaro che potrebbe essere investito per produrre ricchezza, viene invece erogato a fondo perduto.
In questo modo, si alterano gravissimamente il mercato e la concorrenza, perché uno degli attori viene a beneficiare di un bonus – solo per quanto riguarda la Cassa integrazione – di 400 milioni di euro rispetto agli altri, con buona pace del dott. Luca Cordero di Montezemolo.
Dramma nel dramma: oggi, in Italia, si può parlare di “Cassa integrazione senza alternative”, ma solo perché sindacati, partiti e Confindustria vogliono mantenere in vita uno strumento da poter usare a loro discrezione e senza controlli. Si vuole che sia così: sostegno al grande industriale di turno, non ai lavoratori.
Si vada alla riforma degli ammortizzatori sociali; si passi dalle tutele particolaristiche alle tutele universalistiche. Un settore intero va fuori mercato? Tre anni di sussidio – vero – di disoccupazione e di riqualificazione professionale per i dipendenti. Poi, tutti occupati in un nuovo settore: ma produttivo.
Post scriptum: oggi pomeriggio volare da Roma a Milano con Alitalia, costa 192 euro. Con AirOne: 130 euro. Con Meridiana, 50 euro.