Parla Umar Khambiev, ministro della SanitĂ del governo ceceno in esilio, in Italia per promuovere il piano di pace di Aslan Maskhadov
Sullo schermo scorrono le immagini di una Cecenia che non è quella «pacificata» presentata da Putin. Prigionieri torturati, uccisi, il racconto atroce dei superstiti scampati grazie alle migliaia di dollari che le famiglie hanno pagato ai soldati russi: l'inchiesta di Mylene Sauloy, andata in onda su un canale francese e su pochi altri, fotogrammi che in Italia non hanno spazio in tv. Umar Khambiev, ministro della sanitĂ del governo ceceno in esilio, esce dalla sala della sede del Partito radicale a Roma per non vedere di nuovo, dice, un calvario per il quale lui stesso è passato. “Tutti sanno quello che succede in Cecenia, ma non vogliono occuparsene. Eppure l'Europa potrebbe tutto, potrebbe fermare quella guerra che contribuisce ad allontare la Russia dal resto del continente e che indebolisce la democrazia”, dice Khambiev, in Italia per promuovere il piano di pace proposto dal presidente Aslan Maskhadov e per organizzare aiuti umanitari: “Ci sono 17.000 bambini ceceni che hanno bisogno di essere curati. Ma per poterlo fare serve prima la pace”.
Che cosa è cambiato dopo la tragedia di Beslan? Il progetto politico del governo in esilio non finisce per essere confuso con l'azione dei terroristi?
“C'è questo problema. Fatti come quelli del teatro Dubrovka o il sequestro di Beslan nuocciono soprattutto alla nostra causa. GiĂ prima di queste due tragedie il presidente Maskhadov avvertiva che non avremmo avuto attenzione internazionale ricorrendo agli stessi metodi dei russi, vale a dire a metodi terroristici. Per questo abbiamo sospetti su Beslan e stiamo conducendo un'inchiesta. Siamo convinti che esistano legami tra i servizi segreti russi e il commando che ha agito nella scuola: tra i terroristi c'erano infatti persone che avrebbero dovuto essere in carcere e che sono state misteriosamente liberate. Quando abbiamo fatto circolare la notizia la Procura russa e l'Fsb (i servizi russi, ndr) si sono rinfacciati reciprocamente la responsabilitĂ . Maskhadov si era anche offerto di mediare per far liberare gli ostaggi, ma nessuno gli ha dato ascolto. Purtroppo la tragedia di Beslan non sarĂ l'ultima” .
Prevede nuovi attacchi contro civili?
“I servizi russi lavorano per rafforzare il potere di Putin. So per certo che gli uomini di Kadyrov (il figlio del presidente ceceno filorusso ucciso, ndr) si stanno concentrando in Ossezia del sud. Presto Mosca sosterrĂ che i terroristi sono in Georgia e agirĂ di conseguenza. Per questo è urgente trovare una soluzione per la Cecenia, perchĂ© la simbiosi tra servizi e terrorismo sta provocando l'esportazione del conflitto in tutto il Caucaso”.
Che cosa chiede il governo in esilio?
“E molto semplice. La fine del conflitto, la creazione di un Tribunale internazionale per giudicare i crimini di guerra - anche quelli commessi da Shamil Basayev. E soprattutto l'attuazione di un piano di pace, con la creazione di un'amministrazione internazionale garantita dalla comunitĂ internazionale. Non ci sono altre vie d'uscita”.
Che cosa può fare l'Europa?
“Tutto, assolutamente tutto. Ha i mezzi per fare tutta la pressione necessaria. Intanto potrebbe mettere da parte l'ipocrisia e dire quello che pensa: se l'avesse fatto, la guerra sarebbe giĂ finita, a dare pacche sulla spalla a Putin non si ottiene nulla. PerchĂ© se continueranno le ingiustizie e le violenze, il clima di assoluta illegalitĂ che regna in Cecenia, il terrorismo ci sarĂ sempre e non ci sarĂ repressione sufficiente a fermarlo. Ucciso un Basayev, ce ne sarĂ un altro, la Russia recluterĂ qualcun altro che le torna utile. La comunitĂ internazionale può invece farsi garante di un processo di pace”.
Una pace che deve sfociare nell'indipendenza?
“L'indipendenza di per sĂ© non è un fine, non poniamo in astratto un problema di status. Va bene anche l'autonomia purchĂ© sia garantita in pieno. Ci fanno sempre l'esempio del Tatarstan, come possibile soluzione. Ma oggi vediamo che il Tatarstan è stato privato d'autoritĂ della sua autonomia da Putin, dall'oggi al domani. Ecco noi vorremmo essere al riparo da un simile rischio, E solo la garanzia internazionale può aiutarci.”