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Come gestisce Via Arenula i soldi per la rieducazione dei detenuti?
Intervista a Jolanda Casigliani del Comitato Nazionale di Radicali Italiani, dislocata al gruppo radicale del Piemonte

• da L'Opinione del 19 ottobre 2004, pag. 3

di Francesca Mambro

 

La Cassa delle Ammende è un fondo di denaro dove vengono depositati i soldi che provengono dal pagamento delle ammende e delle multe oggetto delle sentenze penali di condanna; confluiscono nella Cassa anche tutti i beni mobili ed immobili confiscati alla criminalità.

La legge (DPR 230 del 30 giugno 2000), stabilisce che le finalità della CdA sono quelle di finanziare progetti di reinserimento lavorativo e sociale dei detenuti nonché di aiuto alle loro famiglie.

Per quale motivo è oggetto di interesse da parte dei radicali?

Perché nell'ambito della nostra inchiesta sull'applicazione, o meglio - non applicazione - delle leggi in Italia (vedi i dossier sul “Caso Italia“ www.Radicali.it), abbiamo verificato che questa, come molte altre leggi nel nostro paese, è rimasta lettera morta.

In particolare, attraverso una serie di iniziative tra cui un convegno e numerose interrogazioni parlamentari, è emerso che la CdA a distanza di tre anni dall'emanazione del suddetto decreto, non ha ancora finanziato alcun progetto nonostante disponga di ben 80 milioni di euro, peraltro continuamente implementati; una cifra ragguardevole, tanti soldi, con cui migliaia di persone potrebbero essere concretamente aiutate ad uscire dal circuito dell'illegalità (ricordiamo che l'indice di recidiva in Italia si attesta intorno al 79%), e le famiglie dei detenuti sostenute da aiuti "veri".

Questo inammissibile ritardo è stato giustificato, dai responsabili del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP), per la mancanza del Regolamento interno che disciplina le modalità di presentazione dei progetti e delle relative attività istruttorie e la cui stesura, a detta del Dott. Turrini, Direttore del trattamento esterno, presentava notevoli difficoltà di “ tipo amministrativo“ (non ultima la partecipazione gratuita alle riunioni da parte dei membri del Consiglio di Amministrazione della Cassa: della serie “ ma chi me lo fa fare “ ).

Così, dopo mesi di pressing attraverso trasmissioni a Radio Carcere (in onda tutti i martedì alle 21 a Radio Radicale), articoli sui giornali ed un appello firmato da centinaia di operatori penitenziari, sono finalmente giunti all'approvazione di questo Regolamento il 18 febbraio 2004.

Non siete ancora soddisfatti ?

No, assolutamente e per vari motivi. Diciamo subito che, con quattro anni di tempo potevano produrre un testo più accurato: in otto articoli abbiamo rilevato almeno altrettanti errori ed omissioni gravi. Per entrare nel dettaglio e farci capire, occorrerebbe che il lettore disponesse del testo del Regolamento; possiamo comunque affermare che, oltre a mettere alcune “toppe“ alla non impeccabile stesura di alcuni articoli della legge a cui fa riferimento il Regolamento (toppe che non migliorano ma complicano il problema), tutto l'impianto del suddetto crea una evidente disparità di trattamento tra le figure che sono titolate alla richiesta dei finanziamenti: per intenderci fra pubblico e privato. Infatti, mentre per i progetti presentati dagli enti pubblici (DAP, CSSA …) è previsto un complesso sistema di controlli, per i soggetti privati (Associazioni di volontariato, Fondazioni…) non si prevede alcunché quasi a voler mandare, tra le righe, il messaggio che questi soldi devono rimanere nelle casse dell'Amministrazione Penitenziaria che ne farà ciò che vuole in barba alla legge. Forse, come dice il Senatore Andreotti, facciamo peccato a pensare male ma quasi certamente non sbagliamo.

Infatti, a dimostrazione di questo nostro “cattivo pensiero“, il ministro Castelli già il 4

febbraio scorso, in una dichiarazione all’ANSA, dava per scontato il finanziamento di due progetti, riguardanti la telemedicina e l’assistenza psichiatrica (7 milioni di euro complessivi). La cosa strana è che il regolamento è stato emanato solamente il 26 febbraio 2004 ed è stato inoltrato alle Direzioni del DAP, ai Provveditorati Regionali e ai Direttori delle carceri con lettera circolare del 30 luglio 2004. Come è possibile finanziare progetti ancor prima di rendere pubbliche le istruzioni indispensabili per presentare gli stessi? E come è possibile che il ministro sapesse in anticipo che tali progetti erano stati non solo presentati ma pure finanziati?

E poi, le competenze in materia di sanità penitenziaria (in cui rientrano i due progetti finanziati) sono state trasferite dal Ministero della Giustizia al Ministero della Salute ben cinque anni fa (D.Lgs. 230 del 1999); inoltre, le finalità della Cassa delle Ammende, chiaramente esplicitate sia nella legge che nel regolamento, sono volte al reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti nonché al sostegno delle loro famiglie e non alla sanità.

Prenderete altre iniziative su questo?

Sicuramente. Avevamo già avvertito il Ministro Castelli che avremmo vigilato affinchè questi soldi vengano spesi nel rispetto della legge e facciamo appello ai Garanti dei diritti dei detenuti perché si attivino al più presto per ottenere informazioni precise sui due progetti approvati: “La rete che cura" e “Va dove ti porta il cuore“ nonché sul bilancio della CdA che da anni chiediamo invano di poter vedere.

 



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