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Agenzie, non di soli seggi vive l’ONU

• da L'Unità del 23 ottobre 2004, pag. 25

di Emma Bonino

Invece di essere tormentato dall’incubo tedesco, da un timore di un successo della campagna di Berlino per ottenere un seggio permanente al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, Silvio Berlusconi farebbe meglio a schierare l’Italia per le riforme possibili, e più utili, delle agenzie Onu. Il presidente del Consiglio provi ad essere il leader di una politica che impegna l’Italia in riforme importantissime da attuare nel breve periodo. La forza e l’autorevolezza di un Paese si misurano anche dalla politica che esso persegue con più o meno determinazione.

Due premesse sono d’obbligo. La prima: non credo affatto che la riforma del Consiglio di Sicurezza, nonostante sia stata prevista per settembre 2005, abbia tempi brevi; al contrario, penso che invecchieremo prima di vedere questo faticoso “parto”.

Seconda questione: mi sembra difficile che possa passare senza colpo ferire l’ingresso di un terzo paese europeo con poteri di veto. Infatti, non riesco a capire la certezza, quasi l’ossessione del governo italiano sull’ingresso della Germania nel nuovo Consiglio di Sicurezza, perché non vedo a che titolo e per quali ragioni altri paesi membri delle Nazioni Unite dovrebbero accettare una tale sovrarappresentazione dell’Euopa, che accumulerebbe tre membri permanenti: a Gran Bretagna e Francia si aggiungerebbe la Germania.

Il governo ha fatto bene ad opporre alla autocandidatura della Germania la proposta di concedere un seggio permanente all’Unione Europea. Difficile per difficile, almeno rappresenta una visione che parte dall’Europa, con un grande valore simbolico, ma che prefigura una futura, possibile composizione del Consiglio di Sicurezza in cui siedano a turno i rappresentanti delle varie associazioni regionali che si stanno creando nel mondo, ognuna con le proprie specificità.

Ciò che continuo a biasimare è che la scelta del governo Berlusconi di un seggio europeo sia stata presentata troppo tardi e senza consultarsi prima con la Spagna, la Polonia e altri paesi che potevano essere interessati a questa iniziativa.

Mentre tutti si focalizzano sul Consiglio di Sicurezza, ritengo fondamentale la riforma di tutte le agenzie che rappresentano la parte preventiva e costruttiva del sistema Onu che, da nonviolenta, penso sia la parte che va più rafforzata, ma di cui si occupano in pochi.

Un esempio da seguire ed estendere è rappresentato dalla rivoluzione silenziosa così efficace che è avvenuta all’interno dell’UNDP, la più grande agenzia Onu che si occupa di aiuti allo sviluppo. Il suo direttore, Mark Malloch Brown, ha fatto propria la tesi del premio Nobel dell’Economia Amartya Sen, che non c’è sviluppo senza libertà, e questa è divenuta oggi l’agenzia di sostegno alle elezioni, di osservazione elettorale, di promozione della democrazia.

Un altro esempio: l’Alto Commissariato per i Rifugiati (UNHCR) ha adesso, a mio avviso, un mandato obsoleto. Questa agenzia Onu può occuparsi soltanto delle persone che passano da una frontiera all’altra, e che perciò si considerano “rifugiati”. Ma oggi la maggioranza degli individui colpiti sono “sfollati”, cioè gente costretta ad abbandonare le proprie case ma che non oltrepassa nessuna frontiera; come i 1.200.000 sfollati di Darfur o quelli della Cecenia. Perché attualmente il problema principale è quello delle guerre civili, il cui obiettivo è la popolazione. Ma l’UNHCR non ha l’autorità per occuparsi degli sfollati e perciò è necessaria una riforma per ampliare il suo mandato.

Inoltre, senza mettere in discussione la rappresentanza regionale nel board di agenzie e commissioni Onu, è possibile prendere l’iniziativa per dire che non basta essere membri di un’associazione regionale per far parte degli organismi dirigenti di queste agenzie se non si rispettano standard minimi di democrazia, per cui poi ci ritroviamo la Libia che presiede la Commissione Diritti Umani.

Per una riforma progressiva delle Nazioni Unite non bastano i criteri regionali, ma devono essere inseriti alcuni criteri, il primo dei quali deve essere il rispetto dei diritti umani, civili e politici, individuali e collettivi. Oggi, altro esempio, in Assemblea Generale i paesi che non pagano le quote perdono il diritto di voto. Potrebbero anche perderlo per violazione sistematica dei trattati fondamentali ratificati. La democrazia, nei suoi principi fondamentali, deve essere un criterio-guida per definire gli assi portanti di una Onu realmente positivamente riformata. Da anni stiamo predicando l’organizzazione della Comunità delle democrazie all’interno delle Nazioni Unite e questo per rafforzare la presenza di una politica che abbia come metro comune Stato di diritto e democrazia. Tutto questo si potrebbe fare da subito senza bloccarci del tutto in attesa di una riforma del Consiglio di Sicurezza che a me sembra lontana da venire.

Un discorso che mi sento di fare a Berlusconi ma anche ai tedeschi, dediti anche loro a tour elettorali per un seggio al Consiglio. E’ più utile per il mondo intero essere leader di una politica piuttosto che di uno scranno, sia pure prestigioso, al Palazzo di Vetro. Il ministro degli Esteri Franco Frattini, e con lui molti altri esprimono una frustrazione. Ma una frustrazione non fa politica. E’ vero che l’Italia è sottorappresentata a livello delle Nazioni Unite, ma questo è un altro problema. Sono altre le battaglie in cui l’Italia dovrebbe cimentarsi e non lo fa…



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