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Il radicale Della Vedova non ama l'anticlericalismo del suo partito
VENERDì COMINCIA IL CONGRESSO, PRIME SCHERMAGLIE

• da Il Foglio del 27 ottobre 2004, pag. 2

di Benedetto Della Vedova

Il Congresso di radicali italiani si aprirà, giustamente, all'insegna della vittoriosa campagna di raccolta firme per i referendum sulla procreazione assistita. Una vittoria di cui i radicali con la loro mobilitazione e capacità politica sono stati condizione necessaria e che la partecipazione di altre forze politiche -  per quanto in molti casi scomposta, contraddittoria e non sempre genuina - ha reso possibile. Ho condiviso questo obiettivo dei radicali e dell'Associazione Luca Coscioni fin dall'inizio. Ciò non significa che abbia condiviso i toni e le argomentazioni della campagna. Il fatto che le pratiche oggi vietate fossero in larghissima misura "accettate" e "controllate" dai cittadini  italiani - pazienti, medici o pubblica opinione - e che nessuno scandalo vero fosse occorso negli anni precedenti, dovevano essere sufficienti a sconsigliare qualsiasi intervento legislativo, se non di mera "registrazione" di quanto già stava accadendo.  Per altro verso, imporre alla comunità scientifica, secondo i convincimenti di molti ma certo non di tutti, di rinunciare a battere  la nuova frontiera possibile del sapere e dell'applicazione tecnologica significa segnare un autogol a solo vantaggio degli avversari nella competizione globale. Infine, la regola aurea dell'antiproibizionismo come strategia di regolarizzazione di comportamenti  che troverebbero comunque una via illegale (o legale altrove), più onerosa e pericolosa per gli individui e spesso per la collettività, non dovrebbe avere eccezioni nel campo della procreazione medicalmente  assistita. Queste argomentazioni forniscono  abbondanti ragioni per la campagna referendaria senza l'anticlericalismo del "no vatican, no taliban" e il rischio del pregiudizio antireligioso. Non si può interpretare come effetto di eccesso di potere mondano della Chiesa la rinascita di fondamentalismi religiosi che sono una risposta ingenua e irrazionale a un sentimento di paura del futuro. Proprio il "fondamentalismo" che dilaga negli Usa e che ha fatto di Bush un punto di riferimento dimostra, casomai, come la spinta venga “dal basso” e non dalla cupola di oltretevere. Lo scontro politico è quello con i legislatori che, per convinzioni o per opportunismo, hanno creduto di dare sbocco normativo ai precetti morali - che nel tempo possono cambiare - della Chiesa. Il Congresso non potrà che iniziare dalla orgogliosa rivendicazione di un successo, quello referendario, dunque, e dalla mobilitazione necessaria affinché questo non venga annullato da ipocrite manovre legislative o da giochi di palazzo travestiti da bizantine trovate (pseudo)costituzionali. Ma sarebbe sbagliato non centrare la discussione congressuale sul rapporto tra radicali e istituzioni, tra radicali ed elezioni, tra radicali e altre parti politiche. Il punto di partenza non può che essere quello del 2.3 per cento ottenuto dalla Lista Bonino alle scorse elezioni europee, un terreno “amico” dove solo cinque anni fa i radicali ottennero un sonoro 8.5 per cento che spaventò antiliberali e clericali di tutta Italia. L'eccezionalità dei fattori che portarono a quel risultato mi è ben presente, ma non è tale da spiegare il tracollo. E comunque sia, credo ci si debba interrogare su come valorizzare nella politica italiana il patrimonio di idee e di iniziative di cui è straordinariamente ricca l'esperienza radical-pannelliana. Si può scegliere una via movimentista e referendaria, nei fatti extra istituzionale, ed è possibile che essa sia quella più proficua, per i radicali e per “il paese”. Ma si può scegliere anche la via della contaminazione politica ed elettorale, sapendo che esisteranno sempre mille e una buone ragioni per opporvisi, ma consapevoli anche delle opportunità che la presenza parlamentare apre, nell'interesse dei radicali e di tutti gli italiani che chiedono più libertà e più diritto. Alle prossime politiche saranno passati trent’anni dall'ingresso  dei radicali nel Parlamento italiano e dieci dalla loro uscita (di fatto) dallo stesso. Nel frattempo è cambiata la legge elettorale e dopo i tentativi del 1996 e del 2001 diventa  difficile puntare a una presenza solitaria che consenta di superare lo sbarramento  del 4 per cento. Dopo questi dieci anni l'obiettivo deve essere quello di creare le condizioni per un ritorno in Parlamento. Come? Attraverso la partecipazione a uno dei  due cartelli elettorali che si giocheranno - sic stantibus rebus -  la maggioranza e il governo  per i successivi cinque anni. Quale? Io credo che le contraddizioni interne alla CdL e la friabilità del suo elettorato aprano uno spazio importante per un avvicinamento sul terreno politico ed elettorale con i radicali, reciprocamente vantaggioso. In particolare tra Forza Italia e radicali. Penso che quello oggi al governo abbia i tratti di uno schiera mento liberale o non colgo le derive clericali o corporative o proibizioniste o stataliste? Niente di tutto questo. Semplicemente credo che in Forza Italia e nella CdL vi sia volontà di dialogo. E credo che il leader della  attuale maggioranza abbia consapevolezza  della necessità di uno scossone liberale - perfino  sul referendum - per una coalizione in difficoltà; scossone che troverebbe più che disponibile una parte importante del suo elettorato. Da questo punto di vista il risultato delle suppletive di domenica gioca a nostro favore. Tutto fatto? A portata di mano? Tutt'altro. Ma io non credo che la via da seguire sia quella di chiedere un "fatto straordinario" nella direzione da noi auspicata (una nomina importante, ad esempio) e solo a quel punto di sedersi al tavolo della trattativa. Non dimentico che la nomina di Emma Bonino a Commissaria europea - pur concretizzatasi per l'azione energica di Pannella - fu il prodotto e non la premessa di un rapporto politico elettorale. L'esperienza recente mostra come forze politiche minoritarie possano far valere la loro elevata utilità marginale ben oltre il loro apporto “proporzionale” alle rispettive coalizioni: è il bello del maggioritario! Mettiamo in movimento il nostro gruzzolo elettorale senza incertezze. Può darsi che non si arrivi da nessuna parte, ma può anche darsi che arrivino sorprese. Vale la pena di rischiare più di quanto non si faccia denunciando la conventio ad escludendum o elencando le tante buone ragioni che ci "costringono" alle corse solitarie.

 



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