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Fecondazione, caro Amato non sono d 'accordo

• da L'Unità del 16 novembre 2004, pag. 1

di Lanfranco Turci, Tesoriere del Comitato promotore dei referendum sulla legge

Come referendario non ho obiezioni alle recenti iniziative  parlamentari che vogliono modificare  le parti peggiori della legge 40 sulla procreazione assistita. L'ho sostenuto anche nel luogo meno adatto, ovvero al congresso radicale. Con i quesiti referendari abbiamo posto quattro grandi temi. Ora siamo  pronti — ammesso e non concesso  che ciò avvenga - a raccogliere in Parlamento quanto di positivo dovesse  maturare, e altrettanto pronti a chiedere ai cittadini di cambiare con i referendum quello che il Parlamento  non vorrà modificare. Senza i referendum in questa legislatura  non si sarebbe più mosso nulla. Tocca però al centrodestra dimostrare davvero la volontà di cambiare. Finora non abbiamo visto  altro che la pretattica del ministro  Prestigiacomo e del senatore Tomassini. Tutti, nella Cdl, sono in attesa delle decisioni del premier. Aspettano di capire se il patto sottoscritto  tra Berlusconi e le gerarchie cattoliche al momento del varo della  legge 40 sarà rivisto, in che direzione  e fino a che punto. 

 

Ma i segnali non sono incoraggianti, anche l'esito delle elezioni  americane, sembrerebbe alimentare la tentazione di sfidare i referendum  e di invitare a disertare le urne. In questo contesto prende le mosse l'iniziativa  di Giuliano Amato, la cui aspirazione  non è chiara. Amato ha commesso  l'errore di presentarla come un'iniziativa tesa a combattere gli opposti estremismi dei referendari e dei difensori della legge. dalla Presentata come un modo per " dribblare" i referendum non poteva sollevare  l'entusiasmo di chi aveva passato l'estate a raccogliere le firme, creando le  premesse anche per possibili cambia menti in parlamento.  Ma non appare ben motivata neppure dal punto di vista istituzionale.

 

I referendum -se ammessi - o sono superati con modifiche puntuali da una legge di merito o sono insuperabili. Allora l'iniziativa di Amato potrebbe risolvere in parlamento alcuni dei problemi posti dai referendum, riducendo il numero delle consultazioni  e la portata  nel confronto referendario. Non  è il percorso migliore, ma non ci trovo  niente di scandaloso. A quanto si sa, il testo, che ambisce a riscrivere la legge 40, escluderebbe la possibilità della clonazione ai fini terapeutici, limiterebbe fortemente il ricorso alla fecondazione eterologa. Infine, sostituirebbe gli ootidi agli embrioni nella fase di conservazione precedente all'impianto, per ridurre la produzione di embrioni soprannumerari, soluzione probabilmente non accettabile per i cattolici più dogmatici che qualificano l’embrione come persona.  Dunque, le prime due questioni non supererebbero il confronto con i quesiti referendari e difficilmente potrebbero trovare l'appoggio dei parlamentari  impegnati nei referendum, nonostante le prediche del "Riformista”. D' altronde, la proposta di Amato deve superare  il suo primo test dentro lo schieramento  che ha approvato la legge attuale.

 

Anche nel centro-sinistra, una prima risposta  negativa viene da Rutelli, in un'intervista  resa giorni fa al "Foglio".  Secondo  Rutelli ritornare in parlamento sarebbe  "un azzardo" e se opera qualche strettissima  apertura, subito la smentisce sottoscrivendo  il giudizio del Cardinale Ratzinger  sulla "sproporzione" fra l'aumento  del potere dell'uomo sulla vita umana e "la sua capacità morale". Capacità che parrebbero ancora più deboli  nel caso delle donne: Rutelli ammonisce  che liberalizzando al massimo la fecondazione artificiale si "caricano l'esperienza della donna, il suo ciclo di vita, di responsabilità inaudite". C'è qui  una profonda sfiducia nell'uomo moderno, nella sua libertà e responsabilità.  Nessuno propone che ogni applicazione della scienza sia moralmente accettabile e giuridicamente lecita in nome di una libertà senza limiti. Questo vale per la donazione umana a fini riproduttivi o per le ipotetiche applicazioni eugenetiche  tese a creare degli uomini funzionali a determinate prestazioni, nobili o vili che siano. Solo un dibattito ampio può definire i limiti che si possono porre alle applicazioni rese possibili dalla "rivoluzione biologica". Ma questi sono - limiti nuovi, non quelli prefissati natura, da una sorta di ontologia biologica posta a protezione dai rischi - ventura umana, minata nelle sue fondato  menta dallo squilibrio fra etica e potenza. Il tema dell'embrione evoca appunto. la novità delle sfide cui siamo posti di fronte. Nel caso dell'aborto è in campo  il potenziale conflitto fra l'interesse del feto e quello della salute della madre.  Nel caso dell'embrione ----vita umana,  ma non ancora vita personale - sono in campo altri importanti conflitti di valori. Il desiderio e il diritto, ove la scienza lo consenta, della coppia di generare un e la figlio non condannato ad una vita miserabile di sofferenze e di malattie.

 

 La possibilità terapeutica delle cellule stagnina  li embrionali che possono giustificare il la dono dell'embrione (o dell'ovocita) a  fini di solidarietà, in una logica di "etica  della cura a dimensione della specie" - come propone G.E. Rusconi.

 

Parliamo dunque non di una tecnica - arida e senz'anima, ma di valori forti che reggono bene il confronto con una fede non dogmatica e non agitata a fini di potere. Si può sottoporre alla verifica  del dubbio e del dialogo le ragioni morali  che qualificano l'embrione come di chi si affida a presunti principi imputabili, e confrontare quelle ragioni  con le nuove possibilità aperte dalla scienza e dalla tecnologia medica?

 

Se il parlamento non troverà una risposta, sarà il referendum a sciogliere questo nodo. A questo proposito Rutelli nega  saggiamente la necessità di una disciplina di partito o di coalizione, auspicando un dibattito utile per il paese grazie al referendum. Lasciamo dunque che Amato promuova la sua ricerca in parlamento. Ma ricordiamo che la maggioranza che ha votato questa legge non  sembra disposta a nessun vero cambiamento. Prepariamoci perciò ad un serio  e civile confronto referendario, sul terreno  delle "battaglie culturali". Qui abbiamo  buone ragioni per vincere e convincere.



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