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Staminali, non fermate la ricerca. Salveranno milioni di vite umane

• da Il Giorno del 29 novembre 2004, pag. 17

di di Caterina Tavani e Valerio Federico

ESCLUSIVO: Colloquio con il direttore del centro specializzato del San Raffaele e ordinario di Embriologia della Sapienza



Sul sito www.lucacoscioni.it è possibile sottoscrivere l'appello all'Onu contro la messa al bando della clonazione terapeutica



Un colloquio con uno dei massimi esperti di cellule staminali. Un'intervista di Valerio Federico (comitato Radicali italiani) a Giulio Cossu, direttore dell'istituto per le cellule staminali dell'ospedale San Raffaele di Milano e ordinario di Embriologia e istologia medica dell'Università La Sapienza di Roma.

Per capirne di più, in vista della riapertura del dibattito alle Nazioni Unite sulla proposta avanzata dal Costa Rica, con l'appoggio di Usa, Vaticano, Italia e altri 14 paesi, di bando della clonazione terapeutica, una tecnica che, permettendo di produrre cellule staminali embrionali, viene considerata tra le più promettenti per trovare la cura a molte malattie.

Valerio Federico: Il rapporto Dulbecco del 2000, sull’utilizzo di cellule staminali embrionali per la cura di gravi malattie, afferma che questa via è «suscettibile di salvare la vita a milioni di malati cronici». A oggi vi è modo di sapere su quali patologie si può intervenire con le cellule staminali embrionali, su quali con quelle adulte e se una strada è più pro mettente dell'altra?

Giulio Cossu: Non lo sappiamo e non c'è altro modo che sperimentare; è probabile che su una malattia siano più efficaci le embrionali e su un'altra le adulte. Come il diabete: a tutt'oggi le uniche cellule staminali che sono in grado di dare origine alle cellule beta del pancreas - quelle che producono insulina - sono quelle embrionali. Nel caso dell'infarto le cellule staminali dell'adulto (del midollo) sono state usate già nei pazienti e i primi risultati sono soddisfacenti. Però nei modelli animali, si vede che le cellule staminali adulte non formano il tessuto cardiaco, fanno solo star meglio il tessuto che è sopravissuto. Le cellule staminali embrionali potrebbero un giorno formare le cellule del cuore.

V.F.: Rispetto al diabete in quali tempi si può sperare che si possa passare all'applicazione diretta sui pazienti?

G.C.: Si può sperare che accada in qualche anno, ma naturalmente la cosa peggiore è fare proclami.

V.F.: Passiamo alla tecnica del trasferimento nucleare (una cellula uovo viene enucleata e a questa viene trasferito il nucleo di una cellula somatica; dall'embrione che si sviluppa verranno prelevate le cellule staminali): può portare al superamento di quei problemi etici che dividono mondo politico e opinione pubblica rispetto alla produzione ad hoc di embrioni da utilizzare in ambito terapeutico?

G.C.: In teoria sì, ma in pratica non lo sappiamo ancora, la tecnica è ancora inefficace e quindi al momento bisogna produrre molti embrioni, ad esempio di topo, perché qualcuno arrivi allo stadio in cui si possano prelevare le cellule staminali embrionali. Per fare questo dovremmo creare però, secondo i cattolici, un embrione. Ma la struttura che si forma per trasferimento nucleare, pur essendo identica a un embrione (l'embrione si forma quando un uovo e uno spermatozoo si uniscono) formalmente non lo è, si chiama infatti partenogenone e, a differenza dell'embrione, non ha prospettiva di vita (meno dell' 1%). Infine ancor prima di arrivare al trasferimento nucleare ci sono circa 30.000 embrioni congelati a disposizione.

V.F.: Se fosse possibile utilizzarli, per quanti anni potremo portare avanti la ricerca?

G.C.: In Italia, di gruppi che lavorano sulle cellule staminali embrionali ce ne sono molto pochi e per ovvii motivi: con un decimo o con un centesimo di quelli a disposizione lavorerebbero tutti i ricercatori italiani con i loro figli e nipoti.

V.F.: È molto probabile che non si possa rinunciare, dunque, al filone di ricerca sulle staminali embrionali.

G.C.: E poi, se mai ci rinunciamo noi, il resto del mondo non ci rinuncia…è come se si ritirasse una squadra del campionato: il campionato continuerebbe. È un momento straordinario per la ricerca, ci sono risultati nuovi ogni giorno.

V.F.: Ma con le cellule staminali embrionali qualcuno è mai stato curato?

G.C.: Non ancora ma ci sono una serie di modelli «in vivo» che suggeriscono fortemente che questo sia possibile, ci sono una serie di verifiche che devono essere ancora fatti: non sarei sorpreso che nei prossimi anni negli Usa iniziasse qualche sperimentazione terapeutica.

V.F.: La comunità scientifica è d'accordo, quasi all'unanimità, nel continuare con questo filone di ricerca: come la vedono i molti ricercatori cattolici?

G.C.: Nella mia esperienza più che trentennale nel mondo della ricerca italiana direi che la grande maggioranza dei ricercatori cattolici, con alcune distinte eccezioni, è a favore della ricerca sulle cellule staminali embrionali perché credo non si possa non essere a favore di ogni lavoro che porti a conoscenza. Il ricercatore non deve temere di prendere posizione: il mio aver aderito alla Associazione Luca Coscioni non solo è un fatto umano perché Luca è una persona straordinaria e in un certo senso sono rima sto affascinato da lui, ma è anche un desiderio che avevo di contribuire a far sentire la voce di uno che sta per il più del tempo in un laboratorio, sì confronta con tutti i problemi che hanno i ricercatori in Italia.

V.F.: Quando inizia la vita?

C.G.: Come dice un mio amico, quando i figli vanno all'Università.



L'APPELLO Migliaia di premi Nobel, accademici e politici hanno firmato la petizione del Partito Radicale e dell'associazione Luca Coscioni



Il mondo della scienza a favore della sperimentazione



In Italia la recente legge 40 prevede il divieto sulla clonazione a fini terapeutici. Qualche settimana fa a Roma, per la sessione costitutiva del primo Congresso mondiale sulla libertà di ricerca scientifica, si sono incontrati esponenti della comunità scientifica mondiale e rappresentanti politici provenienti da molti Paesi su iniziativa dell'Associazione Luca Coscioni e 73 premi Nobel di tutto il mondo sono accorsi a sostegno dell'appello che i radicali hanno fatto per scongiurare che si ostacoli una ricerca volta a lenire le sofferenze umane. Riportiamo alcuni dei pareri raccolti fra loro sul tema della libertà di ricerca.

Ivar Giaever, Nobel per la fisica 1973: «Senza le ricerche di base effettuate negli ultimi 50 anni metà di noi non sarebbe viva. Milioni di persone potranno essere curate se le Nazioni Unite non ostacoleranno la ricerca sulle cellule staminali embrionali».

Ivan Ivanov, rappresentante dell'Accademia delle scienze della Bulgaria: «All'inizio del XVIII secolo, per motivi religiosi, erano vietate la dissezione del corpo umano e, con la motivazione che il sangue trasportava anche lo spirito, le trasfusioni ematiche: società e individui ne hanno pagato un prezzo altissimo. La chiesa ortodossa greca non pone ostacoli alla libertà di ricerca scientifica».

Marco Cappato, segretario dell'Associazione Luca Coscioni: «Un ricercatore che in Gran Bretagna potrebbe essere candidato al premio Nobel in Italia, oggi, rischierebbe la galera».

Luca Coscioni, presidente di Radicali italiani e Associazione Coscioni: «Gli embrioni congelati disponibili in Italia potrebbero essere l'esercito della salvezza per milioni di malati».

Daniel Perry, presidente della Coalition for the Advancement of Medical Research: «Con la clonazione terapeutica non vogliamo replicare i bambini ma alleviare la sofferenza umana».

Giorgio Vargiu, presidente Associazione Talassemici Sardi: «Solo il 25% di talassemici dispone di un donatore compatibile per il trapianto del midollo: le cellule staminali embrionali sono la principale speranza per loro di evitare le durissime terapie alle quali sono sottoposti».

Mayana Zatz, direttrice del Centro sul genoma umano dell'Università Statale di Sao Paulo: «In Brasile, il paese cattolico più grande del mondo, il senato ha detto si alla ricerca sugli embrioni congelati grazie, anche, al sostegno dei media».

Francesco Fiorentino, direttore laboratorio Genoma: «La diagnosi genetica preimpianto, vietata dalla recente legge 40 in Italia, è stata applicata a oltre 50 differenti malattie genetiche. Le coppie a rischio hanno comunque a disposizione, per legge, le tecniche di diagnosi prenatale per evitare la nascita di bambini affetti da alcune gravi malattie ma il ricorso a queste tecniche porta alla soppressione di feti di 3 o 4 mesi invece che di embrioni di pochi giorni».

Daniele Capezzone, segretario di Radicali italiani: «in Italia un ricoverato su tre sopporta sofferenze che potrebbero essere lenite. Questo è l'ultimo paese che si è dotato di una legge sulla terapia del dolore».

Con loro anche Gilberto Corbellino, ordinario di Storia della Medicina, Università di Roma "La Sapienza", Vladimir Viklicky, rappresentante dell'Accademia delle scienze della Repubblica Ceca, Joseph O. Malo, presidente dell'Accademia delle scienze del Kenya, Fernando Aiuti, ordinario di medicina interna e immunologia e allergologia clinica Università "La Sapienza" e presidente Associazione nazionale lotta contro l'Aids, Yanez Barnuevo, eurodeputato del Partito socialista spagnolo, Demetrio Neri, bioeticista e membro del Comitato nazionale di bioetica, Cesare Galli, direttore laboratorio di tecnologie della riproduzione all'Istituto Lazzaro Spallanzani di Cremona e Baccio Baccetti, ordinario di Biologia applicata all'Università di Siena.



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