Per l'ultimo rapporto di «Nessuno tocchi Caino» 131 Stati hanno rinunciato alla pena di morte. Il record di esecuzioni in Cina e Iran
Nell'arco degli ultimi dieci anni il numero dei Paesi che hanno rinunciato all'applicazione della pena di morte è cresciuto in maniera significativa. Questo l'incoraggiante risultato che emerge dall' ultimo rapporto presentato alle Nazioni Unite dall'associazione Nessuno tocchi Caino e dal Partito Radicale Transnazionale. L'analisi dei dati mostra che dei 191 Paesi membri dell'Onu, 131 hanno rinunciato alla pena capitale; il numero dei Paesi che ancora tengono in servizio il boia è sceso a 60. Tra questi ultimi, 47 - pari al 77% del totale - sono governati da regimi dittatoriali, autoritari o comunque illiberali. Le democrazie che non hanno abolito  la pena di morte sono tredici, guidate dai due Paesi più industrializzati al mondo: Stati Uniti e Giappone. «La battaglia di chi si oppone alla pena di morte - fa notare Sergio D'Elia, segretario di nessuno tocchi Caino - per i media e molti attivisti è un atto d'accusa contro l'ordinamento giudiziario degli Stati Uniti. Ma la seconda faccia del problema, quella delle condanne eseguite dai regimi autoritari, è molto più grave». I numeri sono presto fatti: delle 5.600 condanne a morte eseguite nell'ultimo anno in 29 Paesi al mondo, 5.526 - ovvero il 99% del totale - hanno avuto luogo sotto regimi autoritari. La Cina da sola, con oltre 5mila esecuzioni nel 2003, acconta per quasi il 90% del totale. L'Iran con 154 esecuzioni, fatte le proporzioni con la popolazione, applica la pena di morte con la stessa facilità della Cina.
Â
 Nei bracci della morte delle carceri americane - secondo gli ultimi dati forniti dal dipartimento alla Giustizia - sono rinchiuse 3.525 persone. La California guida la classifica con 620 condannati in attesa di esecuzione, il 55% dei quali appartengono alla minoranza afro americana o a quella ispanica; segue a ruota il Texas con 453 condannati, il 67% dei quali è nero o ispanico. Per la prima volta dal luglio del 1994, questo mese non ci dovrebbero essere iniezioni letali o sedie elettriche in funzione. Coincidenza singolare dopo la rielezione di George W. Bush alla Casa Bianca e il rafforzamento della maggioranza repubblicana in entrambi i rami del Congresso. A imporre una battuta d'arresto è stata essenzialmente la magistratura Superiore, non il mondo politico. Ben quattro condanne a morte sono state sospese all'ultimo momento la scorsa settimana. In Kentucky, Thomas Bowlìng avrebbe dovuto essere messo a morte lo scorso 30 novembre; la sospensione è stata concessa per le palesi violazioni procedurali del pubblico ministero durante il processo, un quoziente d'intelligenza sensibilmente inferiore alla media e un'alta possibilità che sia del tutto innocente. In Texas, Frances Newton è sfuggito all'appuntamento col boia il primo dicembre; motivo: dubbie le prove a suo carico e  processo celebrato senza assicurare all'imputato una difesa accettabile Il giorno successivo m Pennsylvania,  è stata sospesa l'esecuzione di George Banks, gravemente malato di mente, un individuo essenzialmente non in condizione d'intendere e di volere. Nella Carolina del Nord, Charles Walker è sfuggito al boia perché la corte d'Appello dello Stato ha riconosciuto che nessun ragionevole indizio provava un suo coinvolgimento nel delitto per cui è stato condannato in primo grado.
Â
 La disinvoltura con cui alcuni tribunali americani mandano a morte gli imputati ha attirato l'attenzione della Corte suprema degli Stati Uniti, decisa a contrastare pratiche già bocciate con precedenti sentenze. Nel mirino degli alti giudici, nessuno dei quali contrario alla pena dì morte, c'è il Tribunale d'Appello del quinto distretto a New Orleans e la Corte criminale d'Appello di Austin in Texas. Nello Stato del presidente solo quest'anno la Corte suprema ha bocciato tre sentenze di condanne a morte. Oggi la Corte discute un altro caso che riguarda il Texas, quello dì Thomas Miller-EI. Durante il processo il pubblico ministero, sotto la compiacente indifferenza del giudice, è riuscito a fare in modo che tra la giuria non ci fossero neri come l'imputato. Sulla qualità del lavoro svolto nel quinto distretto a New Orleans, la Corte suprema ha messo agli atti le parole del giudice Sandra Day O’Connor: «Ci sì è fatti beffe dei principi della legge. Questo  tribunale ha pronunciato condanne  a morte che non hanno alcun  fondamento».
Â
Â
Â