Il segretario dei Radicali attacca la delegazione italiana. "Tacciono su campi di rieducazione e pena di morte".
ROMA - "Proprio adesso leggo le ultime parole di Ciampi agli imprenditori: "Andate in Cina senza paura". Giusto: la paura ce l'hanno quelli che stanno lì. Un miliardo di persone senza democrazia". A Daniele Capezzone, segretario dei Radicali italiani, l'attivismo a favore del definitivo sdoganamento di Pechino non è piaciuto per niente. Soprattutto se l'invito ad approfittare del mercato cinese fa passare in secondo piano la questione dei diritti umani. "In una visita di Stato che vede coinvolti il presidente della Repubblica, il ministro degli Esteri, il presidente di Confindustria e 250 imprenditori, non ce n'è stato uno che abbia osato pronunciare parole come "pena di morte", "minoranze religiose", "minoranze politiche, "campi di rieducazione". Nessuno".
Eppure i titoli dei maggiori quotidiani enfatizzano il richiamo di Ciampi ai cinesi sulle "aree di libertà e democrazia" .
"Richiamo che non c'è stato. I giornali "coprono" Ciampi: il presidente della Repubblica ha fatto un discorso vaghissimo sulla sicurezza e sull'Europa. Pagine da conservare e tirare fuori la prossima volta che i grandi soloni dell'informazione italiana parleranno di pace, multilateralismo, soft power e minoranze perseguitate".
Ciampì invita l'Ue a revocare l'embargo adottato dopo la strage di piazza Tìenanmen.
"Ancora una volta si valica il confine della Costituzione scritta, che diventa un canovaccio e poi si recita a soggetto. Nella Costituzione il presidente della Repubblica non ha competenze nè di politica estera, nè di politica economica. Su questi temi il Quirinale non è responsabile, lo è il governo. Non siamo nel modello americano o francese. Poi c'è un paradosso...".
Quale?
"Quando Ciampi i poteri li ha, penso a quello sulla grazia, non li esercita e tutti gli suggeriscono di non esercitarli. Quando invece il presidente della Repubblica agisce, lo fa lungo territori che non sono suoi".
Ma accanto a lui c'era il ministro degli Esteri, Gianfranco Fini.
"Confesso di essere molto dispiaciuto. Ancora un mese fa, da leader di An, Fini ha fatto un viaggio in Vietnam trovando il modo di pronunciare splendide parole sui Montagnard, la minoranza cristiana perseguitata. Citando anche i rap porti dei Radicali...".
E lei crede che abbia dimenticato tutto?
"Io vorrei capire da che parte sta l'Italia. Di maggioranza e di opposizione. Emma Bonino si è inventata un anno fa un filo da tirare, quello della Turchia nell'Ue. Silenzio. E sul Medio Oriente, ha sentito qualche parola? Ah, dimenticavo 1 Ucraina: ho chiesto tre volte al governo italiano di prendere posizione. Attendo ancora uno straccio di comunicato. Quando Silvio Berlusconi ha incontrato i cronisti, ha detto che dovevavedere Fini per discuterne. ..".
Tornando all'embargo. Nessuno ha ricordato che i cinesi, con le armi, hanno insanguinato piazza Tienanmen.
"Un passo indietro. Domenica il Corriere della Sera, il primo giorno della visita, titolava sul "Tricolore che garrisce a Tienanmen" . Nella piazza c'erano le bandiere comuniste e italiane. Non una parola sul fatto che quella piazza è il simbolo di altre cose".
Perché questo silenzio?
"Immagina l'apertura dei Tg al seguito di Ciampi? "È polemica sul viaggio in Cina per la questione dei diritti umani". A seguire un servizio di quattro minuti, accompagnato da un filmato delle esecuzioni, che spiega come la Cina sia il Paese che nel mondo guida la classifica delle condanne a morte: dalle cinque alle diecimila persone giustiziate all'anno. Avrebbero avuto un Paese in rivolta con il senso di vergogna che saliva".
E gli industriali? E’ normale, di fronte agli affari, turarsi il naso?
"Ognuno ha il pelo sullo stomaco che crede. E lo pettina come vuole. Cesare Romiti, ad esempio, è il presidente dell'associazione di amicizia Italia-Cina. Resta il fatto che è più sicuro fare affari in un Paese democratico che non in una dittatura. E la credibilità , di fronte all'interlocutore, si acquista presentandosi con la schiena dritta, non scodinzolando".Â
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• LA REPRESSIONE DI PIAZZA TIENANMEN L'embargo alla vendita di armi fu imposto dopo la sanguinosa repressione delle manifestazioni per la democrazia di piazza Tienanmen a Pechino nel 1989. L’immagine simbolo è il ragazzo che ferma con il suo corpo la fila di carri armati. In questi giorni, e dopo l'appello di Ciampi e Fini, l'embargo ha conquistato la scena al vertice nei Paesi Bassi tra le due potenze economiche, i cui scambi economici sono dell'ordine di centinaia di miliardi di euro.
• PENA DI MORTE La Cina è il Paese che nel mondo guida la classifica delle condanne a morte: dalle cinque alle diecimila persone giustiziate all'anno. Le associazioni umanitarie denunciano anche numerose violazioni dei diritti umani. "Perché nessuno ricorda i fatti di piazza Tienanmen?"
• LE RESISTENZE ALL'APERTURA L’ipotesi di riallacciare rapporti commerciali con la Cina anche nel campo delle armi non è gradita dai gruppi per i diritti umani e dagli Usa.