Sondaggi critici in Francia e in Germania, ministri degli Esteri ottimisti, Parlamento di Strasburgo scisso in tre gruppi.
Strasburgo. Si è aperta ieri a Strasburgo la settimana decisiva per l'ingresso della Turchia nell'Unione europea, che si concluderà venerdì con il voto del Consiglio europeo sull'avvio dei negoziati. L'esito positivo sembra ai più scontato, ma ieri il ministro degli Esteri italiano, Gianfranco Fini, ha richiamato a una certa cautela, pur confidando in un lieto fine: "Sarà un negoziato difficile, ma sono ottimista".
L'Europa scopre che le sue opinioni pubbliche sono un po' disorientate. Un sondaggio pubblicato ieri dal Figaro (commissionato all'Istituto di ricerca Ifop) ha rivelato che il 67 per cento dei francesi è contrario all'entrata della Turchia nell'Unione. così come il 55 dei tedeschi; gli spagnoli sono invece a favore per il 65 per cento, gli italiani per il 49 e gli inglesi per il 41. Il dibattito interno in Germania e Francia è molto acceso, ma ci sono alcune differenze. Edmund Stoiber, presidente del Csu, l'Unione cristiano-sociale, in Baviera, ha ribadito sulla Frankfurter Aligemaine il suo dissenso all'entrata della Turchia in Europa.
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La sua linea è condivisa dall'alleato di partito Cdu, Unione cristiano-democratica, e in netta opposizione con la politica del governo del cancelliere Gerhard Schroder, portata avanti dal ministro degli Esteri Joschka Fischer che, ieri, arrivato a Bruxelles, ha definito un eventuale rifiuto del Consiglio europeo la "morte del processo di modernizzazione della Turchia". Il leader popolare Hans Gert Poettering ha spiegato che il Parlamento europeo è diviso in tre:
chi sostiene il partenariato privilegiato, chi quello alternativo, chi l'adesione. Lui è per la prima tesi. La soluzione eviterebbe l'entrata in Europa di un paese che "viola i diritti umani e che "comprometterebbe l'identità europea". Erdogan aveva già rifiutato la settimana scorsa quest'ipotesi: o dentro o fuori. Il ministro degli Esteri olandese, Bernard Bot, ha precisato: "Non esiste nessun piano B'. Dalla scettica Francia, intanto, Le Monde e Le Figaro hanno sottolineato ieri l'importanza dell'avvio dei negoziati e hanno argomentato la necessità di un'adesione della Turchia come strumento di definizione dell'identità dell'Europa, contro la linea del ministro degli Esteri, Michel Barnier, che anche ieri ha definito indispensabile per l'avvio dei negoziati il riconoscimento del genocidio armeno.
Lapo Pistelli, responsabile Esteri per la Margherita, pensa che il legame tra Europa e Turchia sia molto forte: "L'Europa di oggi non può inglobare la Turchia di oggi - ha detto al Foglio — Sarà l'Europa del futuro a inglobare la Turchia del futuro". Pistelli è a favore dell'avvio dei negoziati, ma ha ammesso che l'idea del partenariato l'aveva in un primo tempo convinto, anche se, dal punto di vista organizzativo, renderebbe ingestibile i processi decisionali europei.
Il sondaggio del Figaro ha però fatto emergere due al tre contraddizioni, per lo più francesi. I cittadini hanno infatti detto di essere contrari all"'adcsione della Turchia", ma favorevoli all"'inizio dei negoziati". Secondo Mario Mauro (FI), vicepresidente del Parlamento europeo, si è venuto a creare uno "scollamento" tra i cittadini e le istituzioni, e l'entrata della Turchia in Europa è destinata a creare "una destabilizzazione tutta europea" di difficile soluzione.
Martin Schulz (Spd) ha detto invece che nell'adesione di Ankara c'è "un potenziale enorme di stabilizzazione". Per poi aggiungere: i beni che l'Ue può esportare in Turchia sono democrazia, pace, diritti umani, sicurezza sociale.
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Mauro spiega al Foglio di essere a favore dell'entrata di Ankara, ma dice che il processo avrebbe avuto bisogno di "più tempo" per garantire un maggior coinvolgimento dell'opinione pubblica e che l'eventuale adesione turca dovrebbe riportare l'Ue alle sue radici, "ai tempi dei greci", quando si cercava un dialogo tra le due sponde del Mediterraneo. "Se entra la Turchia deve cambiare la logica di fondo: l'Europa deve diventare uno strumento di pace. Per farlo bisogna permettere l'ingresso anche di Israele e, quando ci sarà , dello Stato palestinese". Per la radicale Emma Bonino, intanto, "bisogna vedere se l'Europa è in grado di mantenere la parola data" con Ankara.
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