Il voto del Parlamento europeo prepara il gran compromesso turco. Anche il Consiglio va verso l’apertura dei negoziati per l’ingresso di Ankara nell’Ue. Con distinguo e timori.
Strasburgo. "Evet". Il Parlamento europeo (Pe) dice "si" all'apertura dei negoziati di adesione con la Turchia e manda un messaggio chiaro ai capi di Stato e di governo che, da questa sera a Bruxelles, dovranno prendere la storica decisione di aprire ad Ankara le porte dell'Europa. Passa infatti dal Consiglio europeo quello che il verde tedesco Daniel Cohn-Bendit definisce "il miracolo del Bosforo", la prossima sfida che attende l'Unione, dopo "il miracolo del Reno" la riconciliazione franco-tedesca del dopoguerra e "quello dell'Oder" l'allargamento ai paesi europei dell'ex blocco sovietico.
A Bruxelles dicono che l'avvio dei negoziati è ormai cosa certa, "ma le discussioni proseguiranno fino a giovedì sera", precisa la presidenza olandese, perché su alcuni dettagli manca ancora l'unanimità .
Il premier turco, Recep Tayyip Erdogan, durante una colazione con gli ambasciatori europei, ha ribadito la possibilità di un rifiuto della Turchia nel caso in cui siano imposte "nuove condizioni". Erdogan si riferisce a un passaggio della bozza di dichiarazione finale del Consiglio europeo che prevede la possibilità di una "partnership privilegiata", qualora Ankara dovesse interrompere il suo processo di riforme. Su questo punto sarà battaglia tra i leader europei: assodato che "il risultato dei negoziati è aperto", i diplomatici sono alla ricerca di una formula di compromesso che eviti di "umiliare" il governo turco, che vuole centrare l'obiettivo della piena adesione, ma che allo stesso tempo salvi la faccia di danesi austriaci e francesi — anche se ieri sera Jacques Chirac ha escluso questa alternativa — che chiedono una terza via (d'uscita) in caso di fallimento o di problemi sopraggiunti. Nella partita sulle "nuove condizioni", il Pe si è schierato chiaramente con Erdogan, respingendo con 415 voti un emendamento che chiedeva a Commissione e Consiglio di "definire l'obiettivo alternativo di una partnership privilegiata". Per l'Europarlamento, alla fine dei negoziati, deve esserci "l'adesione piena, e tutte le altre ipotesi più o meno fantasiose non sono all'ordine del giorno", dice Emma Bonino, leader radicale e da sempre convinta supporter dell'ingresso della Turchia in Europa. Le vecchie condizioni rimangono: il riconoscimento di Cipro, la questione curda e quella del genocidio armeno, ma soprattutto la "piena attuazione dei criteri politici di Copenaghen": democrazia, diritti umani e Stato di diritto.
Gli eurodeputati vogliono cautela, prevedendo la possibilità di sospendere i negoziati, l'adesione non prima del 2014 e una "salvaguardia permanente per la libera circolazione dei lavoratori". Qualche irritazione ad Ankara c'è, ma "i turchi devono comprendere che questo è un ottimo risultato", dice l'ex primo ministro socialista francese Michel Rocard.
Pottering ci spiega perché ha votato "no"
Il fronte di chi teme l'ingresso della Turchia è ampio. "Ho votato contro perché l'alternativa della partnership strategica non è stata accettata", dice al Foglio il presidente dei popolari Hans Gert Pòttering, secondo cui "la coerenza dell'Ue è in pericolo". Per Pottering, il problema è "l'identità europea, quell'illuminismo che non ha avuto la stessa influenza in Turchia". Bonino gli risponde che "l'Europa è un progetto politico che si giudica sui fatti", mentre per Cohn-Bendit "il miracolo del Bosforo serve a dimostrare che la nostra lotta contro il terrorismo non è contro l'islam".
Lo scontro di civiltà emerge sempre, anche perché è la stessa Commissione europea a dire che l'inclusione della Turchia "darebbe al mondo musulmano la prova che queste credenze religiose sono compatibili con i valori dell'Ue". Ma, secondo il francese Jean Luis Bourlanges, le relazioni con il medio oriente potrebbero peggiorare per "l'errore profondo di credere che gli arabi possano sentirsi rappresentati dai turchi". Certo l'Europa darà la prova di non essere un club cristiano, ma "diventerà un club coloniale, con tutti gli ex colonizzatori del mondo arabo". Sentito dal Foglio, Bourlanges se la prende soprattutto con il presidente francese, colpevole di voler separare il referendum sulla Costituzione europea dalla questione turca. "Non si può chiedere alla gente di fare un contratto di matrimonio senza dire chi è la sposa", dice Bourlanges, avvertendo che "la Turchia è l'ultimo caso di matrimonio forzato". Chirac sa che proprio per queste ragioni non sarà facile convincere i francesi. Ha iniziato a provarci ieri sera. Parlando alla nazione, in diretta su TF1, ha detto: "E' nell'interesse dell'Europa, e della Francia, l'ingresso della Turchia? Sì". Il continente europeo è "piccolo" rispetto agli altri: se Ankara non tende verso l'Europa, finirà per rivolgersi all'Asia.
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