In questi giorni in cui il Governo è impegnato nell’approvazione della legge finanziaria per l’anno 2005 si sta realizzando l’ennesima violazione delle norme in materia di otto per mille Irpef, violazione che vede purtroppo coinvolti anche gli Uffici della Presidenza del Consiglio.
Lo scorso 30 novembre ha esaurito il suo mandato la Commissione paritetica che ha il compito di procedere ogni triennio alla revisione dell’importo deducibile ed alla valutazione della quota Irpef, istituita presso la Presidenza del Consiglio.
Il legislatore, infatti, avendo a suo tempo determinato la quota dell’otto per mille sulla base di calcoli previsionali finalizzati a mantenere alla Chiesa cattolica una somma corrispondente a quella precedente alla revisione del Concordato (circa 200 milioni di euro), ha al tempo stesso previsto che, di fronte all’aumentare del gettito Irpef, fosse rivista l’aliquota necessaria ad assicurare il perseguimento delle finalità di legge. Ed ha affidato ad una apposita Commissione questa funzione.
Dal 1990 ad oggi i fondi ricavati dall’otto per mille sono pressoché quintuplicati: la quota assegnata alla Chiesa Cattolica (che viene destinata alla Conferenza Episcopale Italiana) è passata dai 200 milioni di euro del 1990 al miliardo di euro nel 2003. E' da considerare che nel medesimo periodo lo “stipendio” di un prete (uno degli scopi cui i fondi sono vincolati) è semplicemente raddoppiato e che nel 2003 la CEI ha accantonato a riserva oltre 79 milioni di euro della sua quota, mentre la legge finanziaria del 2003 ha distratto l’80% dei fondi della quota a diretta gestione statale dai suoi scopi ordinari.
Di fronte all’evidenza di tali dati e alla chiarezza del dettato normativo si impone una immediata revisione dell’aliquota Irpef destinata ai soggetti confessionali riconosciuti, pari almeno ad un dimezzamento dall’8 al 4 per mille. Peraltro, con un risparmio per lo Stato di ben 500 milioni di euro l’anno.
Non farlo rappresenterebbe una violazione di legge certa e un probabile danno erariale, come potrebbe confermare il sottosegretario all’Economia Giuseppe Vegas, i cui scritti giuridici in materia di finanziamenti statali alle confessioni religiose non lasciano alcun dubbio.
Ebbene, non ci risulta che nulla si stia facendo in questi giorni e, probabilmente, nulla sia stato fatto in questi anni.
Cosa ha compiuto in merito la Commissione istituita presso la Presidenza del Consiglio avente il compito di compiere le valutazione del caso? E cosa hanno fatto le Commissioni che si sono succedute in oltre un decennio? È stata mai proposta una revisione verso il basso della quota dell’otto per mille? Quali attività , quali valutazioni, quali atti hanno assunto i componenti della Commissione il cui triennio è scaduto lo scorso 30 novembre, il prof. Margiotta Broglio, il prof. Carlo Cardia e il dott. Paolo Puglisi?
Dal 15 marzo 2004 è giacente presso gli Uffici della Presidenza del Consiglio una nostra richiesta di accesso al fascicolo contenente gli atti della Commissione per la revisione dell’otto per mille Irpef, ma l’amministrazione non provvede da mesi, perché manca un parere: quello di un altro organismo istituito presso la Presidenza, la Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi, presieduta dal sottosegretario Gianni Letta.
Ed è il sottosegretario Letta che deve operare per interrompere le violazioni in corso. Si tratta infine di operare (con urgenza) alla revisione della quota Irpef da destinare alle confessioni religiose e di assicurare ai cittadini italiani la trasparenza sull’amministrazione della Cosa pubblica.
La posta in gioco non è solamente economica, bensì attiene anche alla libertà di coscienza di ciascuno.
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Senza entrare nel merito, la legge prevede che la quota dell’otto per mille dei contribuenti che non hanno espresso alcuna scelta sia comunque ripartita tra i soggetti concorrenti in proporzione alle scelte espresse dagli altri contribuenti. In virtù di tale meccanismo, l’otto per mille Irpef del 64% degli italiani –a tanto ammonta la percentuale di coloro che non effettuano una scelta- va ad aumentare la somma del gettito da ripartire tra i sette concorrenti. I sospetti di incostituzionalità di tale meccanismo diventano certezza di violazione del diritto alla libertà religiosa nel momento in cui ai cittadini viene letteralmente nascosta la sua conoscenza. La percentuale di contribuenti che non scelgono, infatti, è in continua crescita - dal 55% del 1996 all’attuale 64%- e ciò a causa del fatto che sono sempre meno gli italiani informati dal Governo su come e dove andranno a finire i loro soldi.
Urge, pertanto, che il 64% dei contribuenti che non esprime una scelta in merito alla destinazione dei fondi dell’otto per mille sia finalmente messo nelle condizioni di conoscere il reale funzionamento del meccanismo di ripartizione, per cui il denaro di chi non esprime una scelta anziché rimanere nelle casse dello Stato viene comunque destinato (per l’87% alla Chiesa cattolica) alla ripartizione tramite un truffaldino silenzio assenso acquisito con l’inganno e la connivenza pubblica.
A seguito della nostra diffida del settembre 2003 finalizzata ad informare i cittadini ed a interrompere il danno all’erario, perpetrato tramite la rinuncia a fare propaganda per la scelta del “soggetto Stato”, nel marzo 2004 il sottosegretario Letta ci ha comunicato che la Presidenza del Consiglio, pur ritenendo “innegabile che i fondi destinati alla Chiesa cattolica siano maggiori rispetto a quelli devoluti allo Stato italiano”, non poteva fare nulla “data la mancanza di fondi necessari per intraprendere le campagne pubblicitarie”, ma che si stava “valutando la possibilità di intraprendere una campagna del tipo di quella proposta”.
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Nel frattempo la medesima Presidenza del Consiglio ha organizzato, tramite spot su radio e tv, ben 27 campagne di comunicazione pubblica nel 2003 e 17 nel 2004 (tra le quali le campagne sulla dichiarazione dei redditi telematica, sul Super Bonus per il posticipo del pensionamento, sui mille euro a figlio, sull’utilizzo dei Fondi Strutturali europei, sul nuovo part-time, sulla riforma della scuola). L’unica cosa che risulta essere stata fatta per recuperare il gap informativo di cui sono vittime i contribuenti italiani è l’attivazione di due linee telefoniche e di una casella e-mail per agevolare il pubblico nella presentazione delle domande per l’assegnazione di quel 10% dei fondi dell’otto per mille a diretta gestione statale.
Da radicali, sappiamo che l’illegalità , per meglio operare, ha bisogno di negare la conoscenza. E' intollerabile –oltre che illecito, come abbiamo sollecitato la Corte dei Conti ad accertare- il proseguire della disinformazione dei cittadini italiani in materia di otto per mille.
Così come intollerabile è quello strano giocare a perdere per cui il Governo rinuncia a fare campagna per essere scelto tra i soggetti destinatari mentre gli altri, ad esempio la Chiesa cattolica, è presente con campagne mediatiche proprio sulle emittenti pubbliche della Rai (a che prezzo, conc he sconto?). Un gioco per cui di questo miliardo di euro lo Stato italiano si accontenta di riceverne un misero 10% (la percentuale dei contribuenti che indicano espressamente lo Stato quale destinatario è in costante diminuzione), a fronte di una crescita costante della quota assegnata alla CEI, sia in termini percentuali (passata in tre anni dal 82,5% al 87%) che in termini assoluti (dai 449 milioni di euro del 1995 al miliardo e 16 milioni del 2003).
Dal prossimo aprile i contribuenti italiani inizieranno a presentare la dichiarazione dei redditi: ci auguriamo che questa volta la Presidenza del Consiglio si muova in tempo per consentire a tutti di esprimere una scelta informata.
Al momento abbiamo la "sensazione" che si cerchi in tutti i modi – anche con comportamenti contra legem- di agevolare il finanziamento sostanzialmente diretto alla Conferenza Episcopale Italiana, a danno dell’erario pubblico e della libertà di coscienza dei cittadini della Repubblica.