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Nell'intervista di Paolo Migliavacca "Giro di droga da 300 miliardi $" (29 novembre), il Direttore dell'Agenzia Onu sulle droghe e il crimine, Antonio Maria Costa, presenta dati apparentemente e generalmente ottimistici sulla riduzione della produzione di oppio in Birmania e Laos.
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Da una parte Costa non si sofferma sulle politiche di sistematica violazione dei diritti umani tipiche degli stati di polizia dei due regimi in questione, dall'altra egli non sottolinea come, per la teoria dei vasi comunicanti che caratterizza da sempre la produzione delle materie prime necessarie per la raffinazione degli stupefacenti, all'eradicazione delle piantagioni in una zona corrisponde il fiorire di altrettanti campi altrove.
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Costa conclude l'intervista auspicando che "la comunità internazionale aiuti sempre di più i contadini poveri a sviluppare un'economia alternativa libera dal papavero". Anche in questo caso, e i drammatici risultati dei progetti di sviluppo alternativo sulle Ande dovrebbero servire da esempio all'Onu, sperare che le banane, il caffè o il cuore di palma possano andare a sostituire piante sacre e/o formidabilmente più remunerative è un'illusione che è stata distrutta da anni di fallimenti.
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Costa, che di formazione sarebbe un economista liberale, dovrebbe affrontare la questione pragmaticamente e avviare una revisione globale delle politiche che la sua Agenzia viene chiamata a portare avanti, revisione che non può più escludere la possibilità di legalizzare le piante proibite e ampliare la quantità legale di stupefacenti a fini medici e di ricerca scientifica.
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