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Pannella vuole l'accordo, cioè un serio tentativo di recupero della legalità
Berlusconi come scelta obbligata: per la sinistra infatti i radicali sono peggio dei fascisti.

• da L'Opinione del 13 gennaio 2005, pag. 4

di Federico Punzi

Euforia e scoramento. Due sentimenti comuni all'Ergife, ma fuori posto. La svolta è su presupposti diversi rispetto alla linea dellavedoviana. Perché Berlusconi?
E' un Marco Pannella in versione "traghettatore" quello che domenica scorsa ha proposto "a se stesso e al Comitato" dei Radicali italiani, riunito all'hotel Ergife, la ricerca di un accordo politico con uno dei poli, "come atto necessario per la conquista di segmenti di legalità nella vita e nell'attività delle stesse istituzioni, e, insieme, per il recupero alle istituzioni della presenza e dell'apporto radicale".
Alla base dell'apertura – per ora l'unica offerta giunge dalla Casa delle Libertà — c'è una premessa, un'analisi: l'illegalità della vita istituzionale e politica del nostro Paese è ormai un fatto compiuto, non più solo in fieri.
Un giudizio grave che si fa anche obiettivo e condizione nella richiesta di un "intervento di modifica formale delle regole vigenti", per superare il contesto
di illegalità nel quale si stanno per tenere le elezioni regionali 2005 e nel quale si sono svolte quelle del 2000. Premessa tale analisi, non è sulla base di esigenze di "posizione", identitarie, che i Radicali tenterebbero la strada dell'accordo con il centrodestra, ma rispondendo a un vero e proprio "stato di necessità". Anni di lotte
nonviolente e referendarie per impedire che lo Stato italiano assumesse il carattere di illegalità permanente che oggi lo contraddistingue hanno prodotto risultati impensabili, ma ora non avrebbe più senso continuare a "resistere" affinché questo stato d'illegalità non si incardini, non diventi un "connotato storico, sociale, antropologico". Esso ormai è un fatto compiuto. Se questa è l'analisi, allora sorge la "necessità morale" di comprendere come sia possibile "inserire un principio di contraddizione, di legalità, in questa realtà". In un "regime" - "uno stesso
sistema politico articolato in due poli antropologicamente uniti" - costantemente fuori-legge, in una realtà "che sta oggi alla Costituzione repubblicana come
il fascismo allo Statuto albertino" , è solo dall'interno di uno dei due poli che si può sperare di assicurare alle istituzioni l'apporto dei radicali. Il dilemma. Quanti tra i radicali all'Ergife hanno reagito a questa "svolta" con euforia, vedendovi finalmente accettata la propria aspirazione a un'alleanza, e quanti invece con scoramento, vedendovi l'abbandono dell'anima nonviolenta e movimentista, hanno mostrato i primi di non ritrovarsi nell'analisi di Pannella della realtà italiana, i secondi di essere legati ad un approccio identitario, specularmente e quanto i primi. Il Comitato dei Radicali italiani si è chiuso con una vittoriane. "So che fra dieci anni non saremo insieme", fu la conclusione di uno scambio di quindici anni fa con Francesco Rutelli, ha ricordato Pannella. E quando accadrà, non sarà
una storia di "tradimenti", ma la dimostrazione della forza delle idee, del fatto che a "idee diverse", corrispondono "forze diverse", ha fatto capire il leader radicale.
Sgombrando il campo da ogni equivoco, Pannella ha chiarito che si definisce "radicale" "chiunque compia l'atto del tesseramento", non ci sono né "veri" radicali, nè radicali "traditori"

Perché con Berlusconi... e non con il centrosinistra? Nel ricordare come tra le mille
chiacchiere giornaliere che si fanno nel centrosinistra non ce ne sia stata neanche una sui radicali, come non ci siano state dichiarazioni, telefonate, incontri che alludessero ad un possibile accordo, e come invece auspici siano giunti dal centrodestra e da Berlusconi in persona, Pannella ha richiamato alla memoria dei radicali il "vecchio riflesso PCIsta" che ancora oggi "domina sovrano".
Con i radicali non si deve parlare, "non esiste", sono da eliminare, "sono peggio dei
fascisti", traditori. Prosegue tuttora fin dagli anni '60, da parte dei vertici comunisti, "l'azione fascista di annientamento feroce dell'immagine e della conoscenza dei radicali", proprio per la sintonia potenziale che avrebbero con il popolo della sinistra.
Un concetto ben preciso è stato invece trasmesso nel Dna di quel popolo: "Se ce la fanno i liberali, gli Einaudi, gli Ernesto Rossi, Il prevedere e la rivoluzione liberale, allora siamo morti".



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