Tutto è nato in tv, ora dipenderà molto dalla data che verrà scelta
Caro direttore, prima i fatti: la settimana scorsa ho partecipato alla trasmissione mattutina Omnibus, su La7, condotta da Antonello Piroso; tema: il referendum sulla fecondazione assistita. Ospiti, oltre a me. Tiziano Treu, Carlo Giovanardi, Barbara Pollastrini e Chiara Moroni. Discussione appassionata - compreso il "pezzo forte" del ministro Giovanardi sull'accostamento tra obiettivi del referendum e i deliri eugenetici dei nazisti.Tanto appassionata da proseguire senza soluzione di continuità anche nelle pause pubblicitarie. Durante una di esse si è affrontato il tema della partecipazione al voto e, quindi. del «quorum si, quorum no». Il ministro, sicurissimo di sè, ha fatto la seguente previsione: altro che quorum, la partecipazione al voto sarà più vicina al 20% che al 30%. Ho replicato dicendo che si illudeva e che la partecipazione al voto andrà sicuramente ben oltre quella delle ultime consultazioni, anche se il quorum del 50% è ancora da conquistare e dipenderà da molti fattori, Il ministro ha insistito con il suo «più vicini al 20% che ai 30%, scommettiamo? ». La scommessa, seppure informalmente - nessuna rituale stretta di mano - è stata da me raccolta. Come da questo si sia arrivati alla scommessa "Giovanardi-Capezzone" non mi è dato di saperlo. Tornando ai "fattori" da cui – anche- dipenderà la partecipazione al voto, il primo da me indicato è stato quello della data della consultazione. Per questo, tornati in diretta, mi rivolgevo al ministro degli Interni Giuseppe Pisanu dicendomi fiducioso che il governo avrebbe scelto una data tale da agevolare l'esercizio del voto e quindi la valorizzazione dell'istituto referendario, a differenza di quanto accaduto in passato. La richiesta è semplice: il governo e la maggioranza non usino l'individuazione della data come strumento di lotta politica ma mostrino la loro sensibilità istituzionale nell'agevolare l'esercizio al referendum sancito dalla Costituzione. Sulla questione sono poi arrivate domenica le parole del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Parole importanti; impegnative. E da salutare con grande favore. Berlusconi ha prima spiegato che in via di principio lui sarebbe per gli accorpamenti di più consultazioni, quando possibile. Giusto: è quanto accade da tempo negli Stati Uniti, dove lo stesso giorno si vota per il presidente, il Parlamento e per molti referendum, più o meno importanti. Varrebbe la pena di iniziare già in quest'occasione, accorpando regionali e referendum. Ma Berlusconi si è comunque di già impegnato a fissare la data nella prima metà del periodo, cioè entro metà maggio. Non è poco, viste le pressioni che ci sono sicuramente state e ci saranno - dal l'interno e dall' esterno della maggioranza, oltre che dalle lobby antireferendarie, a cominciare da quelle di una parte del mondo cattolico - affinché sì fissi la data quando già molti italiani saranno in vacanza, cioè il 12 di giugno. Bravo Cavaliere, dunque. Anche per aver chiarito che non schiererà le sue truppe fedeli - Forza Italia - nella campagna contraria ai quesiti (ovviamente anche perché sa che buona parte dei suoi elettori stanno dalla nostra parte), lasciando «libertà di coscienza». Un'espressione poco felice che dovrebbe suonare pleonastica non solo per una forza di ispirazione liberale, ma che da tempo i partiti hanno imposto al linguaggio della politica. Le ipotesi di alleanza politico elettorale tra Cdl e radicali viaggiano oggi su altri binari, ma penso che le parole di Berlusconi sul referendum certo non guastino.