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La bottega della fede
Le lacrime new age della Madonnina e quelle di Luca Coscioni nella processione politica del dolore. Messori e Pannella amministrano miracoli devozionali e illusioni laiche. Con mezzi da magic shop

• da Il Foglio del 25 gennaio 2005, pag. 1

 

Roma. Vittorio Messori ha costruito sul Corriere della Sera di domenica una pagina intera attorno al presunto miracolo della madonnina di Civitavecchia. Una statua come altre arrivata da Medjugorje alla parrocchia di S. Agostino – contrada Pantano – che dieci anni fa pianse sangue umano, prima davanti a una bambina di cinque anni e un mese dopo tra le mani del vescovo locale, monsignor Girolamo Grillo. Messori, che ha avuto accesso al dossier inedito della diocesi di Civitavecchia, ha calibrato la sua anteprima giornalistica sulle conclusioni dei presuli locali, secondo i quali il fenomeno ha dato vita a pellegrinaggi che non conoscono flessioni e anzi producono “consolanti frutti di conversione e spiritualità”. Da questo traguardo s’irraggia un resoconto che Messori ha largamente identificato con lo sfondo emotivo del dossier.

 

Insomma un racconto svolto sotto il segno dell’eccesso. Dall’eccesso di significato di una statua che si mette a lacrimare sangue all’eccesso della vicenda di fede e di dubbio razionale che da questo mistero ha preso forma. Fino all’esagerazione, probabilmente di righe e certamente di aggettivi, nella narrazione dei contenuti di quel dossier. Lì dove l’insieme è “impressionante”. Il diario privato del monsignore, dapprima scettico poi choccato, è inevitabilmente “drammatico”. Il verdetto del padre mariologo Stefano De Fiores, che rinvia all’epifania divina, è “denso di teologia” mentre il pellegrinaggio a Civitavecchia è “incessante” e le litanie sono “senza posa”. Perfino la scienza fa la sua figura bella, quando appare senza lasciare traccia perché, in nome della verità, gli esperti di medicina legale hanno sconsigliato di procedere all’esame del Dna di quel sangue inatteso. E così via, tra allusioni non sempre sorvegliate che diventano quasi certezza di trovarsi al cospetto del Soprannaturale (sul Corriere scritto maiuscolo). O più esplicitamente di fronte al “dito di Dio”, secondo l’impegnativa citazione evangelica spesa sull’argomento dal prete mariologo.

 

La cautela del Vaticano

Tutto ciò – ammetteva ieri lo stesso Corriere – mentre il Vaticano, più cauto di Messori e meno coinvolto emotivamente della diocesi di Civitavecchia, tace in pubblico e nega di fatto il riconoscimento all’ipotetico miracolo. E per di più in privato, attraverso la parola del cardinale Joseph Ratzinger, invita intanto a soprassedere. E’ dunque più forte il dubbio della Chiesa che la comprensibile tentazione e il legittimo smarrimento d’una diocesi abbagliata. E magari va così perché non è nel dettaglio del mistero, ma piuttosto nella pretesa di svelarlo all’ingrosso che si nasconde la pietra d’inciampo.

 

Infatti si fatica a comprendere il modo speciale con cui il Corriere si è accostato alla faccenda. Con l’enfasi indotta dal dossier che viene replicata senza distacco. Con la drammatizzazione sudamericana sopraggiunta nell’esposizione delle ulteriori visioni della bambina che inaugurò la vicenda; e ancora oggi è convinta che perfino la copia di quella statua che staziona nel soggiorno della sua casa trasudi essenze profumate (in origine solo nei giorni di festa, ora più spesso).

 

L’impressione che se ne ricava è di qualcosa sospeso a metà tra il modernariato spirituale e il new age. Un fenomeno da magic shop, da bottega dello spirito in cui una madonna misteriosa e vestita d’attesa diventa il pretesto per un colpo di sole spirituale collettivo. Qualcosa che richiama alla lontana la storia del giovane tibetano di cui scrisse la teosofa Alexandra David-Neel negli anni Venti del secolo scorso. La storia di un giovanotto partito per un lungo e infruttuoso viaggio in cerca di reliquie sante. E che, non volendo sfigurare al ritorno, spacciò per denti di un degnissimo asceta alcuni molari strappati dalla mascella di un cane morto. Con il risultato che i compaesani presero in parola il ragazzo e dall’adorazione di quei denti vollero far discendere autentici prodigi.

 

E’ un caso diversissimo, questo, in cui s’affaccia tuttavia la medesima apertura al sacro, il bisogno tutto umano d’una trascendenza cui rivolgere la sincerità della fede mortale. Che poi è forse il vero miracolo e non è confinabile nella contabilità delle anime scosse da una lacrimazione sanguigna. A meno di volere che una Chiesa altrimenti rinunciataria, oggi, possa racchiudere con leggerezza il suo messaggio di presenza nella secrezione di una statua accolta come indiscutibile segnale di Dio.

 

Come se la Chiesa possa davvero farlo senza che si avverta il riflesso tardivo di un’idolatria strapaesana. In un’operazione in fondo resa più grande di quello che si può credere, anche perché riplasmata sul palcoscenico editoriale di un grande quotidiano milanese attraversato da un illuminismo intermittente. Come quello delle luci colorate che adornano il capo delle tante madonne di plastica vendute a 5 euro sulle bancarelle ai lati della parrocchia di S. Agostino a Civitavecchia.

 

Roma. Miracoli promessi. “Libertà di vivere. Di poter guarire. Di poter cercare una cura per sé e per quelli nelle sue condizioni e per tanti, troppi ancora”.

Quando al centro dell’attenzione c’è Luca Coscioni, con il suo “corpo immobile eppure contundente” usato eroicamente come arma in battaglia, succede spesso che il giornalismo si faccia preghiera, omelia, invocazione, anatema, scomunica e santificazione. L’amen sarà senz’altro assicurato da officianti fervorosi, toccati dalla grazia. E non ci sarà contraddittorio, altrimenti che messa sarebbe? Ci saranno invece chierichetti rispettosi e compresi nel ruolo, come Cesare Fiumi sul Magazine del Corriere della Sera, per esempio, che a Coscioni, definito “l’uomo della libertà di ricerca scientifica”, ha dedicato la copertina venerdì scorso. Profeta massimo di questo vangelo è naturalmente Marco Pannella. E il corpo sofferente di Luca Coscioni, malato-coraggio degno d’ammirazione anche da parte di chi non la penserà mai come lui, diventa la statua della Madonna portata in processione, l’icona del martire che indica la via della salvezza, lo struggente messia che proclama la verità di fede dell’onnipotenza della scienza e della tecnica, che annuncia che il paradiso della cura è qui, a un passo, interdetto solo da forze di tenebra, diaboliche, stoltamente reazionarie, che rispettano l’embrione e non rispettano i malati. Nessuno che, nel recitare con fervore quella preghiera, nel celebrare la fiducia devozionale in una scienza negata e osteggiata da vecchi oscurantismi e nuovi medioevi, una scienza che già oggi, se solo le fosse concesso, darebbe infallibili risposte di cura ai tanti che soffrono, nessuno, insomma, che ricordi che la fede religiosa nei poteri di cura delle staminali embrionali è, allo stato attuale dei fatti e dei risultati della scienza, nient’altro che una credenza senza dimostrazioni pratiche: una disponibilità ai miracoli, insomma.

 

In nessuna parte del mondo, nemmeno là dove la ricerca sulle staminali embrionali si fa senza alcuna restrizione, è stato raggiunto il minimo risultato terapeutico, né si è superato l’ostacolo fondamentale della sostanziale ingovernabilità di quelle cellule, proprio perché totipotenti (evolvono in modo versatile verso ogni tipo di tessuto). Lo sono talmente tanto che, sul modello animale, insieme con i tessuti di cui si vuole la riproduzione creano anche neoplasie. Le staminali embrionali sono, allo stato attuale dei fatti, inutilizzabili. A loro fa capo, tutt’al più, una speranza remota e assai meno certa, nelle sue eventuali applicazioni terapeutiche, di quanto non rappresentino già, da oggi, le staminali adulte. Ricordava sabato scorso su questo giornale Angelo L. Vescovi, ricercatore di fama mondiale in materia, che “non esistono terapie, nemmeno sperimentali, che implichino l’impiego di cellule staminali embrionali”, e che “non è attualmente possibile prevedere se e quando questo diverrà possibile data la scarsa conoscenza dei meccanismi che regolano l’attività di queste cellule, che ci impediscono di produrre le cellule mature necessarie per i trapianti, e data la intrinseca tendenza delle staminali embrionali a produrre tumori”.

 

 Il responso e l’illusione

Questo è, per ora, il responso della scienza, confermato sostanzialmente anche dalla famosa Commissione Dulbecco sull’ “utilizzo delle staminali con finalità terapeutiche”, voluta dall’allora ministro della sanità Umberto Veronesi. Nelle sue conclusioni finali, e nulla è cambiato da allora, essa indicava, tra le terapie già in uso, come “molto promettenti” quelle basate su staminali prelevate da cordone ombelicale, dal midollo osseo e cutanee. Ma il richiamo ai dati di realtà non c’entra con il fervore assolutamente e squisitamente superstizioso che circonda la fede nei poteri delle staminali embrionali. Che cosa, se non un atteggiamento fideistico e poco informato (ma la fede non chiede fatti, chiede volontà di credere), può far così presentare dall’editore Donzelli un libro di prossima uscita dedicato dalla senatrice diessina Vittoria Franco alle “Politiche della vita”: “La condanna della clonazione riproduttiva può impedire anche la clonazione terapeutica che è utile per curare molte malattie degenerative?”. “E’ utile”, sentenzia la senatrice, e poco importa del fatto che nessuno scienziato sottoscriva quell’asserzione. Quella della senatrice Franco non è certamente malafede: è fede. E mentre il pontefice Pannella promette indulgenze e voti a chi, tra i due poli, a quella fede dimostrerà di aderire veramente, i laici, quelli che si fidano più di Vescovi che di Scalfari, sordi a ogni richiamo, a ogni rimbrotto e a ogni scomunica, continuano ad aspettare che il Magazine del Corriere dedichi una copertina ad Angelo Loris Brunetta, talassemico grave contento di vivere, felice di esserci nonostante la malattia. Ma forse è chiedere troppo. Dilaga una fede invincibile, con un papa battagliero, un’icona in carne ossa e dolore, una immensa disponibilità di santini, di sillabi e di magazine. 

 



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