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sab 07 set. 2024
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Capezzone, il piccolo priore del tardo monachesimo pannelliano
“PER FOR TUNA E’ RADICALE, SE FOSSE STATO DI AN…”

ONNIVORO, DISPONIBILE, COLTO, INSTANCABILE, SACCENTE, VANITOSO, ASSERTIVO, PERMALOSO. I RADICALI E IL LORO SEGRETARIO

• da Il Foglio del 25 gennaio 2005, pag. 2

“Non ho per niente l’etica del sacrificio. Per me, campare così è più soddisfacente che in un altro modo. Dormo quattro ore a notte per mia scelta”  

(Daniele Capezzone a Giancarlo Perna, il Giornale).   

 

Dentro il partito radicale, ci sono in sostanza due scuole di pensiero: quella che considera il capezzonismo la sindrome senile del pannellismo, e quella che invece identifica il capezzonismo nell’apoteosi massima del pannellismo. Che appunto, poi tanto la prima quanto la seconda ipotesi lì riconducono e da lì non si schiodano: a Marco Pannella. “Che fa luce”, secondo Daniele Capezzone, e saggiamente ricorda che “un mucchio di gente, come me, senza Pannella sarebbe rimasta nell’anonimato. E’ il caso che qualcuno cominci a dirgli grazie”.

Facciamo a capirci: questo è un articolo su Daniele Capezzone. Facile a capirsi: non si parla di Capezzone se non si parla di Pannella. E non per la solita menata dei cloni, del pannellino di turno, del nuovo discepolo del solito maestro. “Nun ce provà”, direbbe Capezzone. Il fatto è che davvero Marco di Daniele d’amor politico è acceso. E più gli altri nel partito gliene parlano male – e quanti e quanto!, a sentire le voci – più lui s’intestardisce, s’invaghisce e s’accanisce. “Tutto possiamo dire di Capezzone, tranne che non sia una persona di successo”, borbotta un dirigente che poco lo ama. Tra i radicali c’è chi racconta che “la tendenza di Marco è sempre più al sacrificio, e vuole dalle persone disponibilità totale”, e forse eccessiva vita privata hanno un Marco Cappato, “troppo mondano, troppo terreno”, o un Benedetto Della Vedova, “troppo normale”, mentre Capezzone è lì, almeno quattordici ore al giorno di clausura pannelliana. E sempre passa qualcuno che all’orecchio divino di Marco borbotta qualcosa su Daniele, e Marco magari annuisce, ma invariabilmente risponde che “però è bravissimo, ha un talento straordinario e crescerà”, e in quel “però” c’è molto, anzi tutto, secondo le regole codificate nel cenobio di via di Torre Argentina. Quelli che amano Marco e non amano Daniele, dicono che il primo ha tanti difetti, “ma riequilibra tutto con la sua visione dionisiaca della vita”, mentre il secondo “è in tutto e per tutto un parto improprio del pannellismo, ha preso la parte senile di Pannella, che ora riscopre il richiamo antropologico di figlio della borghesia teramana”.

 

Dai radicali passati, come da quelli presenti, hai la possibilità di sentire parecchi elogi di Capezzone. Ma sono elogi che quasi sempre sottolineano, diciamo così, il freddo tecnicismo, la capacità politica, il senso dell’abnegazione. E quindi Capezzone è onnivoro, enciclopedico, disponibile, colto, con strepitosa memoria, con inflessibile oratoria, con tutti i bioritmi votati alla causa. “A suo modo è geniale”, si lascia andare un ex parlamentare che non ha un particolare trasporto nei suoi confronti. Il diretto interessato ha raccontato così a Claudio Sabelli Fioretti la sua scalata al vertice radicale: “Il primo gennaio ’98 andai a una manifestazione radicale; mi avvicinai pateticamente a Pannella e gli dissi: ‘Onorevole, vorrei conoscerla’. Tre anni e mezzo dopo sono diventato segretario dei radicali italiani”. Dicono che Pannella sia stato conquistato, tra tante qualità del suo protetto, soprattutto dal modo in cui racconta e ricapitola e resoconta la storia radicale. “Lui dice sempre: noi, noi, noi… E parla del divorzio e dell’aborto come se fosse lì in quei giorni, e invece aveva solo quattro anni. Ha un grande talento oratorio, un retore. Manda in brodo di giuggiole Pannella”. Chi prima di lui ha frequentato (e mai con tanto accanimento) le stanze di via di Torre Argentina, ammette che “Capezzone certo non è mister Simpatia. Fino a qualche tempo fa tra i radicali ci si divertiva sempre, adesso molto meno…”. Ma alla causa dà tutto: parla, interviene, scrive, interrompe, interloquisce, rivendica, accusa, si lamenta. Rispetto alla fascinazione di tanti precedenti leader radicali (il corpo che si fa strumento di battaglia, fino a comparire nudo sul palcoscenico di un teatro), Capezzone chiude un’epoca. “Il sesso, il corpo, non sono parte del suo modo di essere – racconta un esegeta dei riti di Torre Argentina – Ha una mimica meccanica, da robotino”. E infatti ha confessato: “Io desidererei vivere in un paese desessualizzato. Da noi ci sono splendidi omosessuali dichiarati che però non dichiarano un cazzo, si fanno gli affari loro e non sventolano nessuna bandierina a pochi giorni dalle elezioni”. Lo accusano di essere saccente, vanitoso, assertivo, permaloso. Persino cinico. “E parla, parla, parla…”. Così, se la domenica sera a Radio Radicale c’è l’imperdibile, per il militante, intervista a Pannella di Massimo Bordin, la mattina c’è inevitabile quella di Capezzone con il redattore di turno.

 

Ogni sera, implacabile, ecco “il punto sulla giornata di Daniele Capezzone”. Ogni giorno una (o secondo alcuni due) dichiarazioni. Il sito dei radicali, con il dovuto compiacimento, ha sempre sottolineato tanto l’imitazione del segretario da parte di Neri Marcoré (e con il comico Capezzone si è direttamente felicitato), tanto le ripetute incursioni tra le Markette di Piero Chiambretti. Dove Capezzone è un po’ meno Capezzone, lascia filtrare un sospiro di ironia, si concede alla spettacolarizzazione televisiva. Ben inteso, se glielo dite lui si incazza. E infatti, molto si è arrabbiato, nel passato, con Benedetto Della Vedova, suo oppositore interno, che a un congresso ebbe la malaugurata idea di annotare che “con tutto il suo urlare contro il regime televisivo che annienta i radicali, lui nel frattempo è diventato un personaggio televisivo”. Accusa che molto lo ferisce. “Sembro antipatico e saccente?”, chiese a un cronista. Poi spiegò da dove poteva trarre origine tale errata impressione: “Un radicale che ha un minuto di tempo in televisione deve dire qualcosa che colpisca”. Oggi Della Vedova si limita a commentare: “E’ vero, è una persona di successo. Mi auguro che questo successo sia successo anche per il partito”. Ma i maliziosi dicono che invece Capezzone tale appare e tale è. C’è una leggenda metropolitana, che circola a Torre Argentina, e racconta di una compagna dirigente che, di fronte all’ennesima capezzonata durante una riunione radicale, sbottò: “Tu sei la persona al mondo che ha più urgente bisogno di un pompino!”.Va da sé che così non andò, ma certo se una voce del genere ha potuto prendere a circolare, qualcuno deve forse aver rilevato l’esigenza. Quando vuole è però capace di divertenti aneddoti e osservazioni. Constatò che “se un cane antidroga si presenta a Montecitorio gli va in tilt il naso”. Sentì Pecoraro, dopo la sua dichiarata bisessualità, dire a fianco di un bovino: “Sono orgoglioso di queste mucche italiane!”, e notò che la bestia era un toro. Raccontò la gaffe di Francesco Giorgino che, disturbato dalle suonerie dei cellulari, invitò le fanciulle presenti: “Basta! Usate il vibratore”.

 

Ma sono momenti, o poco più. L’enciclopedico navigatore di Internet, il piccolo neocon nostrano che debutta all’American Enterprise Institute, il dicitore della rassegna stampa domenicale, incomprensibilmente preferisce il più delle volte mostrare il suo volto più (radicalmente parlando) dogmatico. “Le argomentazioni di questo trentunenne non conoscono subordinate. Quando va in televisione, da un lato è bravissimo, un eloquio che non conosce incertezze, dall’altro in due minuti diventa urticante”, annota un vecchio militante radicale. E un suo amico: “Purtroppo ha nel Dna questa sorta di totalitarismo intellettuale. Per fortuna è radicale, fosse stato di An…”. Ma tutti, subito aggiungono e immediatamente spiegano che “Marco lo difende a spada tratta”, e quello che a molti urta al leader vero del partito piace. Pure il fatto che se lo chiami e magari dorme “in dieci minuti è già pronto, con cravatta e giacca d’ordinanza”. Piccolo priore del tardo monachesimo pannelliano, Capezzone a Torre Argentina ha trovato la sua perfetta dimensione. “E’ bulimico, non resiste senza sentirsi”, dicono. Fa niente. Si piace. “Di buon mattino, è andato a Radio Radicale a fare la rassegna stampa, ha letto il suo stesso articolo con vivo entusiasmo e si è mostrato completamente d’accordo. Congratulandoci per questo ampio e articolato dibattito tra i due Capezzone, veniamo al merito”, ha scritto Antonio Socci. Pazienza. Il sito cattolico- solidarista Vita.it lo ha definito “giovane, saputello e arrogantello”, un “professorino che apre bocca e gli dà fiato”. Perdonatelo. E figurarsi per Daniele: carica, adrenalina, battaglia. Lui, che Prometeo lega a Pannella, e il pannellismo al suo impegno attuale, ti fissa con la ferocia del bovino di Pecoraro. E in un lampo ti rovescia addosso quello che serve. “In dieci secondi si fa quello che si può”. A favore del Cav. se serve, contro il Cav. se occorre. E se c’è un digiuno, una maratona oratoria, un pertugio televisivo, state certi che lì lo troverete.   



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