MILANO. Il rischio in Medio Oriente non è lo scivolamento dell'lrak verso un regime teocratico ma la situazione delle minoranze sciite, oppresse e senza diritti, che potrebbero finire nelle braccia dell'Iran. Emma Bonino, perciò, invita gli esponenti  della sinistra italiana, che hanno adombrato il pericolo teocrazia, a non sbagliare di nuovo. Come nel 1979, quando, al  contrario, applaudirono la rivoluzione islamica di Teheran.
Una parte della sinistra vive un curioso cambiamento di prospettiva, onorevole Bonino.
Venticinque anni fa eravamo praticamente sole, io e Adelaide Aglietta, a manifestare contro Khomeini davanti all'ambasciata iraniana mentre a sinistra, ma anche a destra, si esultava per gli avvenimenti di Teheran. Le contraddizioni, se si riconoscono, non sono un male in sé, però adesso è importante non sbagliare di nuovo, focalizzando l'attenzione solo sugli sciiti iracheni: chiunque conosca la situazione sa che non hanno niente a che vedere con gli iraniani. Il problema, seminai, è un altro.
Quale?
Le minoranze sciite nei Paesi arabi, in Arabia Saudita e in Kuwait, per esempio, oppresse e tagliate fuori dal potere dei sunniti. Sull'onda della vittoria in Irak potrebbero avanzare richieste di riconoscimento dei loro diritti. E poiché l'Irak non ha nemmeno lacrime per piangere, ad aiutarle potrebbe essere l'Iran scegliendo la strada, violenta, degli hezbollah.
Come evitare questo rischio?
La questione sciita deve finire nei negoziati dell'Occidente con Teheran al pari della vicenda nucleare. Sono peraltro convinta  che il nuovo governo di Baghdad non escluderà i sunniti dal potere. La comunità internazionale, poi, dovrà premere anche sui curdi del Nord perché includano nell'amministrazione le minoranze  turcomanne e arabe.