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Patto Unione - Radicali, Prodi dice no
Non ci sono le condizioni. Veto della Magherita sulle liste Coscioni, il premier: ho aspettative

• da Corriere della Sera del 24 febbraio 2005, pag. 13

di Livia Michilli

ROMA — La porta, alla fine, resta chiusa. Dopo una giornata di frenetici incontri, proprio quando l'accordo sembrava vicino, l'Unione boccia l'intesa elettorale con i radicali. Una decisione influenzata dalla forte contrarietà della Margherita che, in un documento, mette nero su bianco i dubbi sulla reale scelta di campo di Pannella e i timori per una sovrapposizione della campagna referendaria su quella elettorale. «Ciò che disturbava era il nome Luca Coscioni» è il lapidario commento di Emma Bonino. La giornata comincia presto, con una riunione tra la folta delegazione dell' Unione, capeggiata da Fassino, Parisi e Marini, e la pattuglia radicale guidata da Daniele Capezzone, con Pannella, Bonino, D'Alema e Bertinotti al telefono da Strasburgo. Quasi due ore di discussione per approfondire gli elementi «tecnico-operativi» di un accordo elettorale, spiega il segretario ds, ma anche gli aspetti di «convergenza politica» e cioè la creazione di «uno schieramento alternativo a Berlusconi». Un punto che sta molto a cuore a Prodi e su cui, dice Parisi, Pannella non è invece abbastanza chiaro; «Ha detto che è disposto a firmare qualsiasi documento. Una frase che può siginificare sin una disponibilità reale al confronto, sia una certa indifferenza». Secondo i radicali, invece, il nodo che fa naufragare l'incontro e poi tutta la trattativa è la decisione di intitolare le liste a Luca Coscioni e alla libertà di ricerca scientifica; «Marini ha detto che su questo la Margherita avrebbe dovuto discutere e anche Fassino ha sottolineato che sarebbe stato un problema» spiega Pannella che decide di interrompere la riunione. Sul punto, infatti, i radicali
non intendono accettare veti visto che, sottolinea Capezzone, Coscioni è «il simbolo della battaglia che sintetizza il nostro presente e futuro». Con queste premesse, nel pomeriggio si riunisce l'ufficio di presidenza della Margherita e i dirigenti che arrivano alla spicciolata dipingono un quadro a tinte fosche: Castagnetti diventa «più contrario ogni ora che passa», Franceschini auspica che «scenda il sipario su questa  telenovela». Umori contro cui combatte solitario Marini, mentre Rutelli resta prudente, a un tempo consapevole dei problemi ma restio ad assumersi la responsabilità del fallimento dell'intesa. Alla fine è Prodi a metterci una pietra sopra. Il Professore, che aveva già sentito Fassino, telefona durante il vertice serale dei leader dell'Unione: «Non accettano una chiara scelta di campo, non ci sono le condizioni politiche per un accordo». L'annuncio ufficiale tocca proprio a Marini: «Nella situazione attuale non ci sembra siano maturate le condizioni sufficienti per un'intesa». Un finale che Berlusconi sembrava aver previsto sin dal mattino: «I radicali hanno poco da spartire col centrosinistra e ciò mi consola, ho un'aspettativa...». Il premier, che ieri si sarebbe sentito con Pannella, ha avuto la giornata rallegrata anche da alcuni sondaggi che danno la Cdl in sicuro vantaggio in Lombardia, Veneto, Lazio e Puglia, mentre in Piemonte, Liguria e Abruzzo  la partita sarebbe ancora aperta.





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