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Radicali vietati dalle minoranze clericali

• da Il Giorno del 25 febbraio 2005

di Valerio Federico, Comitato Nazionale di Radicali Italiani

Alcune settimane fa i Radicali hanno chiesto ospitalità ai due schieramenti. Ospitalità, non alleanza, poiché nè i radicali nè le due coalizioni ritenevano e ritengono che ci siano le condizioni per un matrimonio. In qualità di ospiti l’unico motivo per i Radicali di sostenere i candidati alla presidenza delle regioni dell’Unione piuttosto che della Casa delle Libertà è quello di considerare determinante il coraggio di una scelta di rottura verso una storica tendenza di esclusione del soggetto radicale: se hai la forza, in sostanza, di rompere quel potente fronte del NO ai Radicali, anche solo per una temporanea ospitalità, allora esistono le premesse per studiare un cammino comune anche da alleati. Gli sforzi di Berlusconi, di Gasparri e di altri nel Polo si sono scontrati con i veti della Lega e dell’UDC, quest’ultimo partito sensibile a probabili pressioni clericali. Sull’altro fronte la maggioranza della Margherita con Prodi in testa si fa interprete delle gerarchie ecclesiastiche e chiude la porta a Bonino e Pannella nonostante: (1) le posizioni favorevoli ad un’intesa elettorale espresse negli ultimi giorni dai DS, da Rifondazione Comunista, dallo SDI e da una minoranza della Margherita stessa, tra l’altro, con un appello firmato da oltre 150 parlamentari di questi e altri partiti; (2) l’accettazione da parte dei radicali di firmare un eventuale documento critico verso la politica dell’attuale governo (non certo un problema per chi da tempo valuta negativamente gran parte dell’operato dell’esecutivo così come gran parte delle mosse dell’opposizione); (3) gli applausi della platea nell’ultimo congresso DS che salutavano la risposta positiva di Fassino all’invito all’ospitalità di Pannella; (4) la presenza nell’Unione di partiti che hanno espresso di volta in volta posizioni diametralmente opposte su politica estera, diritti civili e politica economica da alleati e non da semplici “ospiti”; (5) i candidati dell’Unione al governo delle principali regioni, Lombardia compresa con Sarfatti, si siano resi ben disponibili all’accordo; (6) le file ai tavoli referendari radicali e non solo del “popolo” della sinistra nell’estate scorsa.

Nonostante tutto questo, insomma, i radicali no! Motivo? La presenza del nome di Luca Coscioni nel simbolo delle liste. Il volto e la storia di Luca, paladino della libertà di ricerca scientifica, rappresenterebbe quelle istanze referendarie da non mischiare, per costoro, con le elezioni regionali. Referendum volti ad abrogare, è bene ricordarlo, una legge che ebbe la ferma opposizione proprio di gran parte dell’attuale Unione, quella stessa Unione che chiede ora la rimozione del simbolo di quella lotta per motivi “di opportunità”. Un manipolo di incursori con potentissimi amici in tonaca, dunque, ha facilmente sabotato le intenzioni di un “grande” esercito, la maggioranza dell’Unione, disarmato da anni di compromessi e cautele.

La matrice clericale (non cattolica) del fronte del NO ai radicali non può sfuggire a nessuno, l’esempio più violento e significativo è forse quello delle dichiarazioni del presidente delle ACLI Luigi Bobba che suggerisce, senza pudore, alla Margherita di reagire come l’UDC: “o noi o loro!”. Evidentemente i riferimenti politici di Bobba, presenti un’po’ qua e un’po’ la, devono muoversi all’unisono contro il pericolo laico e liberale. Nel prosieguo della dichiarazione si legge:”Come si fa a conciliare la linea del radicalismo individualista, di chi si dice libertario e liberista, con la linea e la tradizione solidaristica, della coesione sociale e della responsabilità, che dovrebbe essere propria della coalizione dell’Unione?” Insomma nel suo delirio di legittimo lobbista al servizio del clero il Bobba ci dice che la tradizione radicale libertaria è “asolidale” e irresponsabile, quella, per intenderci, della difesa delle libere scelte di ognuno, dei malati di non soffrire e di sperare, degli omosessuali di unirsi “civilmente”, dei tossicodipendenti di non finire in galera, delle coppie sterili di avere figli, di chiunque di morire con dignità, dei carcerati di vivere con dignità, dei ricercatori di ricercare, degli scienziati di conoscere. Ma Bobba si è accorto che queste posizioni libertarie, sono maggioritarie nell’Unione? Qualcuna la condivide perfino lui. E’ stato, invece, responsabile che i due poli non spendessero una parola in campagna elettorale su questo tema per poi andare a varare la legge 40 con schieramenti trasversali?

Sostiene, infine, Bobba che è responsabile evitare di dare ai cittadini l’occasione di decidere grazie ai referendum. Curioso che ACLI, associazionismo cattolico (anche gli scout!), gesuiti e CEI siano oggi ferocemente contrari a far esprimere su questioni di coscienza quel popolo che all'epoca del divorzio e dell'aborto mobilitarono in massa, non solo per la raccolta delle firme, ma, soprattutto, al momento della partecipazione attiva al voto. Probabilmente, l'esito di allora ha portato le gerarchie d'Oltretevere a ripensare sulle capacità di discernimento dei cittadini di questa nazione.

Bobba è esponente di quella tradizione “cattostatalista” che ritiene che la responsabilità non vada restituita al singolo nè per farsi imprenditore in un libero mercato ne per le scelte più intime e personali. L’Unione si è arresa a questa cultura? e Berlusconi? I Radicali e Luca Coscioni non cesseranno di proporsi, di qua e di là, non avendo nulla da farsi perdonare se non le proprie convinzioni.

 

 



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