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Pasqua pensando a Luca Coscioni

• da L'Opinione del 12 marzo 2005, pag. 4

di Francesco Pullia

Che si sia laici, cattolici o liberi religiosi, la Pasqua costituisce indiscutibilmente un evento di notevole valore simbolico, dal momento che ci indica la resurrezione dalle offese, dalle ferite, dalle piaghe, dalla morte. Ed è per questo che una simile occasione dovrebbe spingerci a riflettere attentamente sulla vicenda di un uomo, Gesù Cristo, la cui venuta al mondo non può lasciarci indifferenti. E’ una storia di dedizione caritatevole e illuminazione da cui nessuno è escluso. Una storia, il cui insegnamento è stato nel corso dei secoli manomesso, travisato, tradito, strumentalizzato, bestemmiato, che non intende offrirci facili risposte ponendosi, invece, come incessante e incalzante interrogativo. Si risorge solo dopo avere avuto il coraggio di misurarsi con l’abisso e, incarnando il dolore, di percorrere le tappe di una kenosi, di uno svuotamento. Si tratta di un travaglio che ha avuto storicamente un volto, quello del Cristo, i cui lineamenti vengono oggi resi clandestini proprio da coloro che si ergono a depositari del suo cammino. L’occultamento unanimemente decretato nei confronti del nome di Luca Coscioni e di ciò che quel nome riesce a sottrarre all’oscurità e alla disperazione è sintomaticamente emblematico e la dice lunga di quanto Cristo, il sofferente certo, ma anche colui che ha vinto le morse della sofferenza stessa, continui a destare scandalo. E’ lo scandalo di chi all’agiatezza derivata dall’oro e dalla compromissione con il potere contrappone una corona di spine e, per di più, sanguinante. Ma quel sangue è parola, è voce e, non importa, lo ripetiamo, che si sia laici o cattolici, richiede ascolto. Ecco perché chi, relativamente al prossimo appuntamento referendario, pretende di condurre il popolo dei credenti cattolici verso la deriva dell’astensionismo non solo umilia le motivazioni di una fede ma, cosa assai più grave, dimostra di nutrire nei confronti di Cristo terrore e non amore e, pertanto, lo accantona, lo condanna ad uscire nel deserto, lo consegna alla morte. Non è qui in gioco la modalità del voto. Non sono qui in discussione le convinzioni personali. C’è ben altro e questo “altro” è dato proprio dall’impegno e dal confronto cui il credente non deve sottrarsi. Questo “altro” non è irrisorio e non può essere rimosso. E’ un “altro” fatto di “altri”, di drammi quotidiani che attendono di non consumarsi ma di riscattarsi nella speranza di una guarigione. Chi invita all’astensione, invita di fatto all’assassinio, a cancellare in un solo colpo verbo e persona. Auguriamoci allora che la Pasqua possa davvero regnare nei nostri cuori.



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