Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
lun 20 mag. 2024
  cerca in archivio   RASSEGNA STAMPA
I radicali e il referendum, Strik Lievers spiega perché la battaglia del Foglio è liberale

• da Il Foglio del 1 aprile 2005

Che ne sarà di questo referendum? La data del voto non è stata ancora fissata, il dibattito non s’infiamma, la Chiesa predica l’astensione, i partiti preferiscono distrarsi, il governo non sa che pesce pigliare. Ma a che vale disperarsi o piagnucolare? Lorenzo Strik Lievers, dirigente storico dei radicali, si lascia prendere la mano dal suo mestiere di professore – professore di Storia contemporanea alla Bicocca di Milano – e azzarda un’analis “volutamente confortante”. Sostiene che la battaglia di Marco Pannella e dei radicali italiani contro la legge 40, quella sulla procreazione assistita, “ha già prodotto due risultati fino a qualche mese fa inimmaginabili”. Da un lato “ha spinto le gerarchie cattoliche a delegittimare, con l’astensione, proprio la legge che dicono di voler difendere”. E al tempo stesso “ha fato vita a una guerra culturale, come quella sostenuta in questi mesi dal “Foglio”, che credo debba costringere anche gli stessi radicali a porsi alcune serie domande sull’embrione, sulla vita, sull’eugenetica, sulla corsa alle chimere e su una manipolazione dell’essere umano che la scienza può sempre rendere possibili”.

“I radicali sono partiti da Luca Coscioni”, premette. “E in nome di quella sofferenza, e di quel corpo che da una sedia a rotelle invoca il diritto a una vita normale, hanno alzato, con la proposta di referendum, una bandiera di libertà: a cominciare dalla libertà di ricerca sugli embrioni, negata dalla legge 40, quella che su vuole appunto cancellare. Il “Foglio” invece, ha posto al centro della propria battaglia la tutela dell’insopprimibile dignità di una vita umana che – laicamente, kantianamente – non può mai essere ridotta a strumento. Uno spirito libero non può non riconoscerlo. Voi avete posto sostanzialmente una questione di prospettiva: che è l’esigenza liberale e umanistica di impedire quell’asservimento totale della vita umana che la manipolazione eugenetica sull’embrione può comportare. E così facendo avete incardinato un confronto in cui è difficile separare con unt aglio netto il bene dal male, la parte giusta da quella sbagliata. Perché se da questa parte c’è ansia per la sorte di Luca Coscioni e di chiunque stia lì ad aspettare una risposta dalla scienza – anche una gravidanza, perché no? – dall’altra parte c’è la preoccupazione di chi teme che la manipolazione dell’essere umano, o la ricerca di un essere perfetto a spese di tanti altri scartati perché imperfetti, possa stravolgere la natura stessa dell’uomo. Certo, per me un embrione non è una persona. Ma è già vita umana; e io non posso ignorare i timori di chi vuole salvaguardare quella vita. Sta qui, a mio avviso, la differenza tra il NO del “Foglio” – che personalmente ritengo un NO liberale e umanistico – e il trucco dell’astensione che la gerarchia ecclesiastica vuole usare per determinare il fallimento del referendum. “Il Foglio” lo dichiara apertamente: il confronto e il dibattito gli interessano più della legge stessa, tanto è vero che spingete per il voto pur sapendo che da quel voto può uscire vittorioso il SI. Al “Foglio” interessa la battaglia e le idee che alimentano quella battaglia. Non a caso il direttore del giornale, Giuliano Ferrara, ha firmato per il referendum. Ne deriva che lo scontro, paradossalmente, non è più tra i favorevoli e i contrari a una legge, in questo caso alla legge 40. Ma chi tra chi riesce ad appassionarsi ai temi che la cultura della vita solleva e chi invece tenta di rimuoverli con l’indifferenza o, peggio, con l’astensione. Parliamoci chiaro, la legge 40 è nata perché molti settori della politica hanno visto in quelle norme l’opportunità a innescare la benevolenza del mondo cattolico. In un sistema bipolare, come quello introdotto in Italia dopo la fine della prima Repubblica, alle gerarchie ecclesiastiche è rimasta la possibilità di spostare, da un polo all’altro, se non grandi masse popolari, certamente significative quote di elettorato. Quote, anche piccole, ma in grado di assumere a volte un ruolo determinante, perché con il maggioritario basta un voto in più per conquistare un collegio. Da qui la corsa dei due poli ad accaparrarsi il consenso dei cattolici. La legge 40 nasce da questa logica. Ha vinto la maggioranza in Parlamento, ma è minoritaria nel paese. E la controprova sta proprio nella scelta per l’astensione fatta dalla conferenza episcopale. Il cardinale Ruini sa che il confronto tra i SI e i NO all’abrogazione darebbe una vittoria clamorosa ai SI, e perciò invoca il soccorso di chi per varie ragioni non vota, al solo scopo di far mancare il quorum e vanificare il referendum. Se la legge resterà in piedi, si sappia che quella sarà comunque una legge clericale. Perché c’è una minoranza che, usando gli strumenti del potere, strumenti legittimi per carità, vuole imporre valori che non sono generalmente condivisi dalla società. Il NO del “Foglio” – questo il mio parere – non ha nulla a che fare con la logica clericale, al fondo disperata e prepotente; e pone interrogativi ineludibili per una coscienza liberale.



IN PRIMO PIANO







  stampa questa pagina invia questa pagina per mail