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Pannella: cercano di fermare la nostra battaglia con l'astensionismo
Il leader dei radicali: decisione truffaldina per sbarazzarsi del problema. Si sono piegati ai calcoli della Chiesa

• da Corriere della Sera del 9 aprile 2005, pag. 13

di Daria Gorodisky

ROMA - Marco Pannella, il referendum sulla fecondazione assistita è scivolato al 12 giugno: la maggioranza spiega che è una data obbligata e, con ciò, tutto sommato accontenta anche una parte dell'opposizione…

«Non a caso, prima delle Regionali, ci eravamo dichiarati disponibili a farci ospitare dallo schieramento che si fosse impegnato contro le illegalità elettorali.

Invece basta vedere che cosa è successo con la raccolta delle firme per le liste… E adesso c'è una nuova scelta truffaldina, lo Stato ancora una volta cerca di sbarazzarsi del referendum favorendo l'astensionismo».

Dice «lo Stato»: non è un po' generico?

«Questo Stato, questo regime partitocratico. Nel'97 fu il governo Prodi Napolitano, contro una generale mobilitazione delle opinioni, a creare l'ignobile precedente di referendum convocati il 15 giugno; e oggi Berlusconi, che come data avrebbe preferito il 29 maggio, ha ceduto le armi ai suoi alleati e a Prodi».

In che senso?

«Ma sì, come per le Regionali: schiaffeggiato pubblicamente dai suoi, Berlusconi ha fallito l'accordo con noi. Nell'Unione invece è successo il contrario, la maggioranza della coalizione ci voleva e il leader no: alla fine, con i rispettivi alleati, Prodi ha vinto e Berlusconi ha perso». Perché diceva che sulla data del referendum Berlusconi ha «ceduto le armi» a Prodi?

«Perché ha letteralmente dettato legge l'ormai solo arco anti-radicale e filo vaticano che già ha prevalso con il veto alle liste Luca Coscioni: prodiani, rutelliani, martelliani, bossiani e l'Udc ormai scatenata di Buttiglione e Volonté. Tutti omogenei alla miserrima scelta astensionistica del Vaticano e di Ruini, che punta a sommare al popolo degli indifferenti a qualsiasi interesse e impegno etico, civile, democratico, morale, e ai vacanzieri professionali, proprio i più "religiosi" cioè obbedienti ai loro ordini dei cattolici, che sono assolutamente minoritari nel popolo dei fedeli italiani».

La politica piegata al Vaticano?

«Per un obiettivo barbaro usano un metodo squallido, seguendo il calcolo gesuitico machiavellico di Ruini di unirsi alla parte della società che non ha alcun interesse per la morale e per l'etica ma preferisce andare al mare. È una vera alleanza tra il diavolo e l'acqua santa, dove però è difficile dire chi rappresenta l'acqua santa».

Eppure c'è qualcosa della Chiesa che a voi Radicali sembra non dispiacere affatto. E' in un'unione ideale con Papa Wojtyla che lei sta lottando, anche con lo sciopero della sete, in favore dell'amnistia.

«Quando il Papa è entrato invitato in Parlamento e ha chiesto clemenza per i carcerati, noi stavamo conducendo questa battaglia già da anni. Non c'è stata una conversione alle sue richieste, ma siamo stati molto felici che ci sia stata una convergenza su questo obiettivo.

Adesso, di fronte al protrarsi della sofferenza di questo uomo straordinario, omaggiato perfino con impudicizia da tutti "gli uomini del re", ho sentito forte l'impulso di farlo raggiungere da un atto dolce di riconoscenza, che lo avrebbe aiutato forse ad accomiatarsi con riconoscenza sua verso questo mondo».

Una battaglia in nome del Papa condotta dal leader dei "mangiapreti"?

«Una battaglia condotta nel nome della legalità, della giustizia, della democrazia sulla quale questo straordinario uomo e Pontefice si era impegnato, e il Parlamento aveva fatto suo questo appello alla clemenza».

Non è una richiesta un po' contraddittoria con il vostro impegno laico?

«No. Non si tratta di obbedire al Papa, ma di tenere fede all'impegno che il Parlamento intero ha preso con se stesso quando Karol Wojtyla, invitato a Montecitorio, ha chiesto clemenza per i detenuti. Invece c'è stato un tradimento».

Crede che ora l'amnistia abbia davvero più possibilità di passare?

«I fatti sono noti: il gruppo dell'Unione alla Camera ha persino lanciato un clamoroso siluro contro la proposta di legge depositata dal gruppo fratello al Senato. Ma io voglio andare avanti; spero, dopo sei giorni di sciopero della sete, di avere ancora sufficienti energie fisiche per evitare che tutto venga consegnato alla palude partitocratrica dove ogni problema imputridisce. Sono stato nel carcere romano di Regina Coeli e ho visto che i detenuti non sono illusi, però capiscono e amano la nostra lotta nella sua forma non violenta».

In Parlamento sembra che a seguirvi sull'ipotesi amnistia siano soprattutto tanti ex democristiani, a partire da Andreotti, Colombo e Cossiga.

«Ex dc? Sono senatori a vita, ex presidenti della Repubblica o del Consiglio. Con loro ci sono oltre 30 senatori della Margherita, di Forza Italia e degli altri gruppi. Inoltre i socialisti hanno già depositato una proposta di legge alla Camera. E il presidente della Commissione giustizia della Camera, Pecorella, ha dichiarato che i progetti di amnistia e indulto vanno esaminati molto urgentemente».

Sulle vostre battaglie, la Cdl vi ostacola da un lato, l'Unione dall'altro. Alle prossime elezioni che cosa farete, con chi cercherete un'alleanza?

«Dell'Unione, diciamo piuttosto che ci ostacola su entrambi i lati… Comunque la situazione è la stessa di sempre: prima c'erano Dc e Pci, oggi Berlusconi e Prodi, un'identica gestione partitocratrica a due gambe. Concorrono entrambi a conquistare la gratitudine di Ruini: tutti, anche Rutelli, Alemanno, la Lega…»

E dunque?

«Innanzi tutto speriamo di dare a tutti una bella batosta con il referendum e allora forse vorrà dire che ci sarà più democrazia e potremo andare da soli. Altrimenti vedremo, apriremo altre battaglie e valuteremo se ci sarà un nostro riconoscimento politico. Come al solito. Ma mi sembra improbabile che destra o sinistra accettino di allearsi con noi».

Un'ultima domanda a proposito di amnistia: Bruno Berardi, figlio del maresciallo Rosario assassinato nel '78 dalle Brigate Rosse e presidente dell'Associazione vittime del terrorismo "Domus Civitas" fa lo sciopera della fame e della sete da tre giorni per contrastare la sua iniziativa. Berardi sostiene non è né giusto né prudente «rimettere in libertà gente pericolosa».

Lei che cosa ne pensa? «Berardi? Conoscevo suo padre e lo rispettavo. Ma lui non è un mio interlocutore. Una volta lo avevo anche invitato a Radio Radicale, ma poi… L'unica cosa che posso dire è che gli faccio tanti auguri».



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