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«È come per la fecondazione. Finirà tutto nelle sabbie mobili»

• da Corriere della Sera del 25 aprile 2005, pag. 13

di Mario Porqueddu

«Personalmente, non avrei nessuna obiezione a che ci sia anche l’accesso all’istituto de matrimonio civile. Ma la mia priorità è un’altra. E anche il modello del Pacs, che pure voterei domattina, mi pare rigido. Vorrei formule più flessibili», dice Daniele Capezzone, segretario dei Radicali.

A quale formula pensa?

«A un contratto. Mi piacerebbe che a due o più persone, indipendentemente dal sesso, dall’orientamento sessuale e dalla connotazione sessuale della loro unione, fosse consentito di regolare per via contrattuale alcuni profili della loro vita in comune».

E perché sarebbe più flessibile?

«Perché potrebbe trattarsi dì due gay, tre studenti, quattro pensionati o cinque suore».

Dopo il voto spagnolo il leader dell’Unione, Romano Prodi, ha detto di non essere d’accordo con i matrimoni gay. E per qualcuno le sue parole in materia di tutela giuridica delle coppie di fatto sono una frenata...

«Se dovessi ricorrere a una battuta, farei presente che il simbolo dell’Unione è un emiciclo arcobaleno. Ora: sappiamo cosa l’arcobaleno vuole dire in Italia (la pace ndr), ma nel mondo quello è il simbolo dei movimenti gay e lesbici. Non so se Prodi lo sa, ma quando girerà per il mondo dovrebbe ricordarlo, e dovrebbe ricordarlo ancor di più quando al Corriere della Sera proclama la sua frenata sul tema delle unioni di fatto».

E’ sorpreso dalle frasi di Prodi?

«In realtà, vedo grande continuità. Prodi è l’uomo che ha detto no all’ospitalità ai Radicali, ponendo il veto su Luca Coscioni, simbolo della battaglia per la libertà della ricerca. E non scordo che I’Ulivo, nella precedente legislatura, ebbe uno straordinario ministro della Sanità, come Veronesi, che si espresse su coppie di fatto, droga, ricerca scientifica. Ma il lunedì lo insultava Rosy Bindi, il martedì Castagnetti, il mercoledì Mastella, il giovedì tutti assieme e il venerdì se n’è andato. Fu un’occasione persa».

Ma oggi Romano Prodi afferma che il sostegno alle coppie di fatto va regolato.

«Poi, però, cita la fabbrica del programma che, politicamente parlando, è sinonimo della fabbrica di San Pietro. Se ci affidiamo alla contrattazione tra parti politiche le sabbie mobili inghiottiranno tutto. Mi auguro che Prodi ascolti la voce degli elettori invece di quella di Arturo Parisi. Non ha bisogno di “Emili Fede”. Respiri un po’ di aria militante. Io credo che, se potesse, cancellerebbe questo tema dall’agenda politica, così come avrebbe cancellato il referendum dal calendario di giugno. Due aspetti della stessa battaglia».

Quella sui diritti civili, che entra in ogni campagna elettorale, pochi mesi fa è successo negli Stati Uniti.

«Voglio ricordare due episodi: nessuno dice che il rappresentante di una destra liberale come Aznar ha consentito le coppie di fatto in quattro regioni spagnole. Né che Bush, in campagna elettorale, pur dicendosi contrario al matrimonio, si è dichiarato favorevole a forme di riconoscimento. Del resto, sul palco della vittoria repubblicana c’era anche la figlia lesbica del vicepresidente Dick Cheney».

Questo come si lega ai Pacs o all’Italia?

«Da noi la figlia lesbica di un premier sarebbe linciata da Calderoli sul palco della Cdl. Ma Scalfaro chiamerebbe un esorcista su quello dell’Unione. 11 nostro ceto politico mi pare mille chilometri indietro rispetto ai cittadini».

Crede che gli italiani siano laici al punto da esprimere giudizi indipendenti su questi temi?

«Credo di sì, e lo sono anche i cattolici, che hanno posizioni opposte a quella delle gerarchie vaticane».

Queste discussioni sulle coppie di fatto vi preoccupano in vista del referendum sulla libertà della ricerca scientifica?

«Se ci sarà un minimo di informazione decente il referendum sarà vinto per distacco, come accadde per l’aborto. E a determinare la vittoria saranno le elettrici e gli elettori cattolici».

E’ un auspicio?

«Una convinzione. Una ricerca dell’Eurispes lo scorso autunno mostrava che il 7O% degli elettori era sulle nostre posizioni. E il dato si confermava anche scomponendo il campione: giovani e anziani; elettori di destra o sinistra; laici e credenti».



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