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L'Ue liberi gli scienziati dal marchio Frankenstein
Un congresso mondiale per riappacificare scienza e politica

• da Il Riformista del 16 maggio 2005, pag. 4

di Emma Bonino

L'intervento di Emma Bonino è tratto dalla sezione «Scienza e politica» della Sessione costitutiva del Congresso Mondiale per la libertà di ricerca scientifica tenutosi a Roma, il 9 e l0 ottobre scorsi.  

Nella mia vita politica mi sono imbattuta, almeno in due occasioni, nel difficile rapporto tra scienza e politica. Agli inizi degli anni Ottanta, ad esempio, nel rapporto tra scienza e applicazione della medesima per quanto riguarda il nucleare e in particolare il nucleare civile. In quella fattispecie noi radicali eravamo contrari al nucleare civile, non per ragioni ideologiche, ma in base ad una serie di problemi e preoccupazioni che non ci sembravano avere adeguate risposte. Poi da commissaria Ue l'incontro è stato anche più duro perché, improvvisamente, per un dato di riforma interna alla Commissione, mi dovevo occupare e assumere decisioni rispetto gli organismi geneticamente modificati (OGM). Improvvisamente, mi sono scontrata con i sostenitori di un'interpretazione molto restrittiva del principio di precauzione che, in realtà, sfociava in pura e semplice proibizione nella ricerca, quasi impossibile, del rischio zero. Sicché si capovolgeva persino la richiesta, cioè non si chiedeva di provare che gli Ogm fossero dannosi, ma di provare che dannosi non erano.  

A parte questi due campi, il rapporto politica-scienza, devo dire, non ha mai profondamente pervaso la mia attenzione, fino all'incontro con Luca Coscioni. Spesso accade che le cose che pure teoricamente si pensano, diventano impegno, anche a partire da incontri, magari occasionali, ma che lasciano il segno. Se è vero che il rapporto scienza-religione - o scienza-religione cattolica - è sempre stato un rapporto molto teso, è certo che anche il rapporto scienza-politica merita di essere discusso con grande trasparenza. Se è vero che la politica non dovrebbe intervenire, rimane il problema che si pone quando la politica interviene e magari lo fa con un approccio proibizionista, come nel caso della legge sulla fecondazione assistita. 

A parte i tempi di Galileo, da alcuni decenni mi pare che sia in atto, anche nel mondo Occidentale e democratico, un attacco irragionevole nei riguardi della ricerca e anche degli sviluppi applicativi, in particolare nei confronti della genetica molecolare e della biologia cellulare, giudicati forieri di minacce per l'uomo e per l'ambiente. Intorno agli organismi geneticamente modificati c'è stata tutta una battaglia e un dibattito falsato. Ad un certo punto, c'è stato vero e proprio terrorismo di fronte ai "cibi Frankenstein" e non c'era verso di riportare la discussione su un piano di ragionevolezza. Tutt'ora mi sembra di scoprire gli stessi toni, per esempio, quando si parla di ricerca e di applicazione delle scoperte scientifiche per risolvere alcuni problemi, come nel caso delle cellule staminali embrionali. Immediatamente la reazione è quella dell'eugenetica e non si riesce più a spiegare che il problema non è quello. Quindi, si arriva alla volgarità dei manifesti «Anche Hitler avrebbe firmato», che mi sembra depongano poco a favore dei loro stessi autori, ma che ti proiettano immediatamente su un livello di dibattito su cui non c'è più speranza di riuscire ad inserire qualche elemento meno emotivo e un po' più razionale. Qui non si tratta ovviamente di eugenetica, si tratta di migliorare la vita delle persone, com'è peraltro lo scopo della scienza. 

Uno degli scopi della scienza - e che dovrebbe essere anche della politica - è quello di facilitare il più possibile il benessere dei cittadini, fisico o economico che sia. Non mi pare debba essere solo l'obiettivo della scienza ma anche della politica quello di creare le condizioni per il miglior benessere per tutti i cittadini. Eppure, almeno in Italia, si rischia l'immediato scivolamento nel dibattito terrorizzante, che esprime un irrazionale sospetto della scienza in quanto tale, una paura del futuro, una volontà di sentirsi più sicuri guardando indietro. Io sento sempre dire, al di là di qualunque prova scientifica, che i prodotti naturali sono sani. Uno si sforza di dire che non è che basta essere naturale, per essere sano. Ci sono prodotti che sono naturali, ma che sono all'origine di epidemie di colera - tutta naturale, per carità - ma l'assioma naturale-sano è un assioma che non regge. Naturale vuol dire naturale e sano vuol dire un'altra cosa. Per questo ritengo che questo tipo di dibattito debba uscire dai corridoi dei chierici e degli esperti per coinvolgere sempre più i cittadini. 

Don Benzi dice: «Sì, c'è una grande interferenza della Chiesa, ed è bene che sia così». Non la invento io quest'interferenza, la si sa, la si conosce, la si vive, ma il problema, mi pare, non è solamente italiano, ma è un problema ormai che si pone anche a livello internazionale. 

A parte questo, io credo sia necessario organizzare una risposta, una battaglia di libertà che abbia in sé la componente scientifica e la componente politica. Insomma, si tratta a mio avviso di organizzare una battaglia di libertà sul territorio internazionale, che deve vedere insieme scienziati, cittadini - nel senso di utenti, consumatori, pazienti e relative famiglie - e politici. Credo che la proposta fatta da Marco Cappato, cioè di valutare se esistono le volontà, le risorse umane, le capacità di mettere insieme questo congresso permanente, questa specie di foro di attività permanente che, muovendosi nei paesi in cui è più necessario, cerchi di divulgare una visione della scienza meno terrorizzante, tentando soprattutto di riportare il dibattito a quello che è e non agli orrori che ci vengono descritti e che cerchi anche di affrontare un tema che, secondo me, è fondamentale: quello della laicità. Nel mio paese sempre di più quello che è ritenuto peccato per alcuni sta diventando reato; per tutti e, sempre di più, «io non lo farei» sta diventando «tu non lo devi fare». 

In questo, evidentemente, poco davvero rispettosi delle credenze altrui, per chi le ha. Certo non è facile organizzare uno strumento, una campagna, che sappia essere presente in modo adeguato ed efficace anche a livello internazionale, però io credo che questa dimensione transnazionale sia necessaria per essere efficace. Si dice sempre che l'Europa non ha competenza primaria (ma poi, che siano i fondi per la ricerca scientifica, che sia qualche altro strumento, di fatto, interviene su materie come queste).Il mio augurio è che, a partire da oggi, anche a livello di Parlamento Europeo, tentiamo tutti insieme di vedere se è possibile dare un contributo a questo foro.


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