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Sono libera, quindi vado a votare

• da Panorama del 20 maggio 2005, pag. 77

di Emma Bonino

Che cos'hanno in comune le centinaia di donne che, organizzandosi in pochissimi giorni (anzi, in ore) hanno dato vita al Comitato di donne laiche, liberali, cattoliche liberali, radicali per il Sì di referendum, (donneperilsi@yahoo.com) rispondendo con entusiasmo alla proposta di impegno avanzata insieme a Stefania Prestigiacomo, Margherìta Boniver, Stefania Craxì, Sonia Raule, Lella Golfo, Giuliana Del Bufalo, Silvia Fendi? Che cos'è successo?
E' accaduto che decine dì donne della politica, del giornalismo dell'imprenditoria che in grande maggioranza fanno riferimento ai partiti che hanno votato a favore della legge 40, dopo un anno di applicazione, cominciano a sapere di che si tratta. E sì ribellano. Si ribellano all'idea che sia proibito nel nostro Paese, l'accesso a tecniche disponibili praticamente in tutto il mondo occidentale; molte da cattoliche sì ribellano al fatto che un dogma di fede sia stato tradotto in norma dì legge e al fatto che sembra esserci così tanta attenzione per zìgotì, ovuli, embrioni, e pochissima (o quasi nessuna) per Antonella o Giovanna, per le persone in carne e ossa chiamate a misurarsi con una maternità difficile o impossibile, o con malattie gravi che sperano di poter un giorno sconfiggere con l'aiuto della ricerca scientifica anche sulle cellule staminali embrionali.
Si ribellano a chi le umilia dicendo e ripetendo che è meglio astenersi, perché "la questione è complessa", specie se a raccomandarglielo è un qualche deputato che ha votato sì alla legge 40 in Parlamento ma che ritiene che i nostri sì sarebbero "una cosa da Sanremo" (Mantovano dixit)? Si ribellano a chi dice che "sulla vita" non si vota: forse che i parlamentari sono cittadini di seire B, e quindi non dovrebbero impicciarsi?
E cominciamo a sgombrare il campo da alcuni equivoci.
Primo: non è uno scontro tra laici e cattolici. I cattolici italiani hanno sempre saputo distinguere fra le personali convinzioni e l'opportunità di consentire ad altri scelte diverse. Per questo i credenti italiani, dal divorzio all'aborto, hanno sempre votato dalla parte della libertà e della responsabilità individuale. Ci battiamo perché sia così anche stavolta, evitando la grande offesa in primo luogo per le coscienze religiose, di confondere articoli di fede e articoli di legge.
Secondo: vorrei che i leader politici non si nascondessero dietro il comodo alibi della libertà di coscienza (che non devono "concedere", perché i cittadini ce l'hanno già per conto proprio e la esercitano quotidianamente) e si assumessero la responsabilità di far sapere al Pasese come la pensano su questioni così importanti. Invece, la confusione di ruoli e responsabilità è alta sotto il cielo e (tra straripamenti, omissioni e furbizie) l'unica cosa che sembra importare a tanti, a troppi, è che i cittadini disertino le urne.
Proviamo, insieme, a disobbedire a questo diktat, ricordando che quando si tratta di scranni parlamentari (o regionali, o provinciali, o comunali) ci inseguono pure sul telefonino con gli sms per ricordarci di andare votare, mentre stavolta dovremmo starcene a casa, o andare tutti al mare.
Abbiamo anche una richiesta. Ai giornali femminili, di cui moltissime sono affezionate lettrici; oppure ai giornali di gossip. A tutti loro faccio una proposta e un'offerta: molte di noi hanno storie da raccontare e da far conoscere, storie di maternità a lungo perseguite e desiderate e infine realizzate appunto grazie a quelle tecniche che ora sono di fatto proibite. Storie straordinarie di dolore, di determinazione, di speranza: esattamente l'opposto dell'"edonismo irresponsabile"di cui spesso veniamo accusate:insomma, vi propongo di dedicare un po’ di tempo alle storie di cittadini e cittadine di un’Italia matura e consapevole. Che esiste. Come esistono persone che affrontano momenti difficili non perché "si sono ricordate solo a 40 anni di volere un figlio" (come ci ha detto -con tanta eleganza e compassione cristiana Daniela Santanché), ma che giustamente non si rassegnano a subire ulteriori angherie e proibizioni.
Insisto. Queste donne (con i loro compagni di vita), e i tanti malati che sono al centro della battaglia referendaria non vogliono imporre le loro scelte a nessuno, ma non accettano che l'altrui "io non lo farei" si trasformi, per loro, in un "quindi, neppure tu lo devi fare".
Infine, mi piacerebbe che avessimo di già in comune una scadenza "di riserva e di rilancio", per celebrare la vittoria o anche per rilanciare la lotta e l’iniziativa, se la mancanza di un minimo di informazione civile e democratica dovesse impedirci di raggiungere il quorum. Per dire sin d'ora che nell’uno e nell’altro caso resteremo in campo, mi piacerebbe che ci prenotassimo tutte per la grande assemblea convocata dall’Associazione Luca Coscioni e da Radicali italiani i prossimi 17-18-19 giugno a Roma. Potremo trovarci a celebrare un grande trionfo: e ci sarà da governarlo, immaginando insieme cosa fare dopo. Oppure, ci sarà da fare i conti con un evento gravissimo: ma anche in quel caso, non ci sarà certo da lasciare il campo, ricordando che per il divorzio si lottò più di 10 anni,e altrettanto per l'aborto: insomma, sta a noi decidere di non mollare! Un abbraccio (e buon voto, buoni "sì") a tutte e a tutti.



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