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Contro “Contro l'ONU”, recensione di un libro mai letto

8 giugno 2005

di Marco Perduca

Si parla di droghe senza averle provate, di nonviolenza senza aver digiunato, di petrolio senza aver mai guidato (a Scandicci direbbero “si ragiona di passera senza averla annusata”), mi son chiesto: “si potrà recensire un libro senza averlo letto?” Grazie al libertarismo di “Notizie Radicali” si può. Il libro in questione è “Contro l’ONU”, di Christian Rocca (Edizioni Lindau € 13,50 ). Non l'ho letto e non m'è garbato.

Che il libro sia ben scritto lo si capisce dal titolo, che la tesi sia predefinita lo si immagina conoscendo l'autore, ma che le Nazioni unite siano inutili, anzi dannose, non lo si concede a Milosevic, figuriamoci all'“americanista” de il “Foglio”.

Poco c'importa ripercorre la storia dell'ONU: tutti sappiamo che si tratta dell'ennesima trovata geniale degli USA, che già durante la seconda guerra mondiale se ne discuteva e che addirittura alcuni dei comunicati di vittoria degli alleati venivano presentate come successi delle “nazioni unite”. C'annoia ripetere che l'Organizzazione è ferma a Yalta o che vivrebbe ugualmente senza 10 piani di morbidezza terzomondista che caratterizzano il suo staff. Poco c'importa anche tessere le lodi di alcune delle agenzie del “sistema” - anche perché le convenzioni di Ginevra c'insegnano a non sparare sulla croce rossa. Meno ancora ci interessano le peripezie del figlio di Kofi Annan (dal provvidenziale nome Kojo) oppure i bassi colpi di mano dell'Alto Commissario per i rifugiati, per non parlare della corruzione dei suoi più alti funzionari, ma quando si addita l'inefficacia dell'ONU in materia di pace e sicurezza internazionali, o ci si indigna perché per 10 anni c'è stato un nazista al 38esimo piano, oppure perché gli Stati uniti son stati esclusi dalla Commissione diritti umani mentre a Ginevra sedevano comodamente Cuba, Sudan e Arabia saudita sotto la presidenza della Libia, o ci si lamenta delle arlacchinate a posteriori, allora c'è bisogno di slanciarsi e correre in soccorso delle speranze dell'umanità sofferente e implorante, nonché dell'autore - che si badi bene è amico – per parare questa serie di rigori a porta vuota che rischiano di entusiasmare come i ritiri estivi.

Da mesi assistiamo a un fiorire di noiosissimi saggi e affilate invettive su, per, contro e intorno alle Nazioni unite, sembra quasi che la faccenda interessi. La semina l'hanno avviata sospettosamente proprio dal Palazzo di vetro stesso con una serie di commissioni di inchiesta interna, rapporti di esperti, consigli di ex-capi di Stato, il tutto intervallato da convegni, trasmissioni televisive e Millenium Summit. Tutti ci offrono la loro ricetta riformatrice: ampliare il Consiglio di Sicurezza tenendo immutato il numero dei seggi permanenti, aumentare i membri permanenti ma senza dargli il diritto di veto, estendere il diritto di veto ma non a tutti, abolire il Consiglio fiduciario (ebbene sì esiste anche quello) e rafforzare quello economico e sociale, creare un sotto-organo dell'Assemblea generale che ponga fine allo sconcio della Commissione diritti umani, limitarlo a chi li rispetta oppure far partecipare chiunque; creare un sottosegretariato alle operazioni di peace-keeping piuttosto che abolire l'UNESCO, definire una volta per tutte il reato internazionale di terrorismo, togliere Israele dall'agenda della Commissione di Ginevra e battezzare la nascita dello stato palestinese eccetera eccetera.

Poi, e qui arriviamo al "riformismo" di Rocca (e altri), c'è chi dice no, prendiamo atto del fallimento dell'ONU e dei problemi che crea, e passiamo ad altro, a un qualcosa che vada oltre l'organizzazione di tutte le nazioni presenti sulla faccia della terra e che, raggruppando i “volenterosi”, si basi sui sia valori della libertà e democrazia, condivisi da un numero crescente di paesi, sia sulla loro volontà di unirsi (tutti per uno e uno su tutti) per sconfiggere il male e abbattere quegli impedimenti per il godimento dei diritti fondamentali che oggi rendono miliardi di individui sudditi e non cittadini. L'“Americanista”, contrariamente all'americano (Bolton), non vuole quindi ridurre di un terzo la struttura, la vuole radere, politicamente, al suolo (architettonicamente sarebbe un vero crimine contro l'umanita'). Come si fa a dargli torto? Vediamo.

Sulla carta il ragionamento non fa un piega, ma anche la Carta delle Nazioni quando fu scritta 60 anni fa unite sembrò a molti il proseguimento naturale dell'emancipazione delle 13 colonie d'oltremare. Ottimi, sempre sulla carta, sono tutti i trattati, le convenzioni e patti internazionali che sono stati adottati negli ultimi 40 anni (con l'unica possibile eccezione delle tre convenzioni in materia di sostanze stupefacenti). Non tutti però (e gli Stati uniti ahimè detengono un triste primato in materia) hanno ratificato questo poderoso arsenale legale, mentre chi riconosce la supremazia del diritto internazionale - e questo vale tanto per democrazie come per le dittature - lo fa molto spesso in teoria nascondendo le proprie malefatte nazionali dietro motivi altri o alti.

Quindi? Cinque anni fa, il più giovane presidente degli Stati uniti ebbe una idea di quelle che vengono una volta ogni mezzo secolo; senza consultare troppo i suoi alleati europei, convocò un centinaio di colleghi a Varsavia e lanciò l'idea di promuovere una maggiore collaborazione tra democrazie al fine di rendere più efficace l'esistente (non per cancellarlo), perché egli riteneva, e ce lo ricordava a ogni piè sospinto, che il mondo, che si stava popolando di Stati democratici, poteva incamminarsi su quel ponte di prosperità verso il 21esimo secolo che gli USA avevano costruito per tutti gli anni Novanta. Nelle varie riunioni preparatorie non tutti i sistemi di bastone e carota furono delineati nel migliore dei modi, né si scelsero i migliori partner per coordinare le attività della 'Comunità delle Democrazie', però si mise in moto una macchina che era principalmente politica e che, nelle intenzioni originarie, doveva fungere da traino riformatore all'interno di varie organizzazioni internazionali sia a livello regionale, molto spesso già "comunità di democrazie", che globale. Questo show, diretto da Washington, doveva avere nel teatro dell'ONU il palcoscenico per le repliche coi cast migliori. Anche a causa dell'11 di settembre però, e del cambio di regia alla Casa bianca, la benzina è stata razionata e gli attori e le comparse son stati scelti un po' in fretta. Ma il potenziale generale resta intatto.


Chi, per onore e onore, ogni tanto passa dal Palazzo di vetro, non può che prevedere che nessuna delle riforme che sono state proposte in questi mesi verrà applicata nella sua interezza. Ci possiamo tranquillizzare sin d'ora, o prepararci a incazzature epiche, ma nessuna delle idee geniali sull'ONU, ivi compresa la loro cancellazione, potrà portare a una genuina promozione della libertà e della democrazia attraverso la diplomazia né tantomeno manu militari, e il motivo (segnatevelo mi raccomando direbbe Rocca), è che il prodotto che si vuole vendere (il nostro direbbe esportare) è avariato. Pur di non affrontare la qualità della libertà e della democrazia, si lanciano campagne pubblicitarie in grande stile che mettono in evidenza da una parte i "veri nemici" del dittico (i fascisti islamici per intenderci), dall'altra si propongono una serie di rimedi palliativo che vanno dai vari dossier provenienti dall'ONU sulla riforma del sistema alle ground zero rocchiane.


Cambiando tutto drasticamente, passando esclusivamente in rassegna gli effetti - quelli che altri chiamano “fatti” - senza avventurarsi nelle tenebre del cuore del problema, si corre il rischio di ritrovarci di fronte ad un nuovo speculare al vecchio. Se le Nazioni unite hanno un pregio questo è di non avere alcun potere indipendente (se non quello, a volte, di suggerimento di politiche da adottare), esse fungono da segretariato di un gruppo di paesi che sono più uguali degli altri e siedono nel Consiglio di Sicurezza. Kofi Annan è, per l'appunto, il Segretario Generale, non il Presidente delle Nazioni unite, è il capo di una macchina "amministrativa" che obbedisce agli ordini di un organo "esecutivo", c'è poi una sorta di "legislativo", l'Assemblea generale che serve per far sfogare il resto del mondo. Il mandato delle missioni di peacekeeping, le priorità dei grandi progetti, le agende delle grande conferenze, le politiche monetarie, di investimenti, quelle ambientali, la possibilità di lavorare liberamente in giro per il mondo, oppure il proibizionismo su piante e sostanze stupefacenti, per non parlare delle sovvenzioni a settori economici decotti o dei dazi e tariffe doganali appartengono alle capitali di una ventina di paesi. Altro che Nazioni unite.


Sbarazzarci dell'ONU senza denunciare che i problemi di malgoverno mondiale sono frutto di politiche che antepongono sempre gli interessi nazionali di democrazie e dittature al “bene comune”, non ricordare che quel poco di quattrini che si sganciano vengono spesso dati a fondo perduto, oppure tralasciare che la vita di un casco blu vale di più di quella di villaggi interi o non sottolineare che pur di garantirsi un seggio al Consiglio o alla Commissione diritti umani, si arriva ad allearsi coi produttori e bevitori di caffè di mezzo modo per intralciare la strada a partner e alleati, profuma più di cocktail a base di vodka che dissetante acqua fresca.


Rocca, quanto Tomasi di Lampedusa, è figlio della Trinacria in fiore, ma del nobile romanziere ottocentesco scorda un passaggio emblematico del Gattopardo, quello in cui il giovane Tancredi dice «senza vento l’aria sarebbe stata uno stagno putrido, ma anche le ventate risanatrici trascinavano con sé tante porcherie». A Turtle Bay il vento non manca, piuttosto che fargli spazio si tratta di passare dall'ammuina alla selezionare di un equipaggio capace, appruare la barca e bordeggiare con azzardo e strategia per il primo lato di bolina di questo terzo millennio.


... Però, però, se invece vi siete fatti qualche trip e un paio di digiuni, e avete la patente (o l'avete annusata), allora il libro leggetelo che sicuramente ne vale la pena. Anzi, sapete che vi dico? scrivendone m'è venuta voglia di leggerlo anche me, anche perché confesso che non vedo l'ora di vedere come l'iconoclasta Rocca sfregia il Vaticano.


p.s.

Mi si dice che da qualche parte in “Contro l'ONU” son ringraziato, vediamo se adesso finisco su Camillo ;-).



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