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Karen, mission impossibile: riconquistare gli arabi.

• da La Stampa del 28 luglio 2005, pag. 8

di Maurizio Molinari

Il via libera della commissione Esteri del Senato ha aperto giovedì sera le porte del Dipartimento di Stato a Karen Hughes che assume la carica di sottosegretario agli Affari Pubblici con una missione da far tremare i polsi: sconfiggere i sentimenti antiamericani che albergano nei paesi musulmani generando l’odio che alimenta i gruppi terroristici. Il presidente Gworge W. Bush l’ha scelta come responsabile della battaglia culturale contro i fondamentalisti islamici perché si fida di lei come pochi.

 

Karen Hughes, 59 anni, è una texana di razza, ha studiato alla Southern Methodist University – come la First Lady Laura – a vent’anni lasciò una promettente carriera nel giornalismo in televisione per i repubblicani di Ronald Reagan ed è a fianco di Gworge W. Bush sin dai tempi della prima campagna elettorale per il governatorato di Austin. La simbiosi fra i due avviene soprattutto nel linguaggio. Ogni volta che la comunicazione diventa cruciale per il presidente – dopo l’11 settembre 2001 per dare sicurezza all’America come durante la sfida elettorale con John Kerry per duellare con i liberal più agguerriti – è lei a scendere in campo.

 

Chi la conosce da vicino assicura che quando Bush fa un comizio lei lo segue a distanza, sussurrando il testo parola per parola. Nel 2002 aveva deciso di lasciare la Casa Bianca per dedicarsi a marito e figlio ma dopo la rielezione non ha potuto tirarsi indietro quando George W. Bush le ha chiesto di tornare in campo affidandole la guida della “Public Diplomaci” per conquistare “i cuori e le menti” di oltre un miliardo di musulmani in quella che si annuncia come la più impegnativa battaglia culturale intrapresa dagli Stati Uniti dai tempi del duello con il comunismo durante gli anni della Guerra Fredda.

 

Lo sbarco a Foggy Bottom della “donna più potente che abbia mai lavorato alla Casa Bianca” – come la definisce il “Dallas Morning News” – avviene in grande stile.La Hughes ha ricevuto carta bianca dal segretario di Stato Condoleezza Rice – sua amica ed altra fedelissima del presidente – ed avrà come vice Dina Powell, la trentenne stacanovista egiziano-texana, madre lingua araba, che negli ultimi quattro anni ha aiutato Bush ad avvicinarsi alla mentalità mediorientale. Potendo contare sul controllo assoluto di due uffici del Dipartimento di Stato ed oltre duecento dipendenti la Hughes è chiamata a confezionare un messaggio capace di dare sostengo ai musulmani moderati ma anche di penetrare nelle moschee fondamentaliste. Dovrà sedurre e convincere ma anche combattere.

 

Prima di lei, dal 2001 in poi, su questo terreno hanno fallito tanto una regina della pubblicità di New York come Charlotte Beers che la navigata feluca Margaret Tutwiler: spot confezionati a Manhattan per le TV arabe, seminari a raffica e nuove stazioni radio e TV che trasmettono dagli USA hanno modificato di poco i viscerali sentimenti antiamericani che consentono ad al Qaeda di reclutare i kamikaze. Per invertire la tendenza Karen Hughes ha spiegato ai senatori che fermo restando i contenuti, democrazia e riforme, punterà su un metodo opposto: “Prima di decidere che cosa dire, andrò ad ascoltare – ha detto – voglio sapere di più su di loro, in che cosa credono e come vivono, che cosa considerano importante e che cosa temono”. La sfida è di studiare il mondo musulmano prima di tentare di fare breccia, puntando sulla formula delle quattro E di Martin Luther King: Engagement, Exchanges, Education, Empowerment (impegno, scambi, educazione, assegnazione di responsabilità).

 

Ciò significa voler iniziare a piccoli passi e con il profilo basso, scegliendo uno stile simile a quello mostrato da Laura Bush nelle recenti visite in Medio Oriente ed Africa. Servirà tempo per poter capire se la texana di ferro riuscirà a vincere le resistenze delle masse dell’Islam. Di certo per i diplomatici americani in giro per il mondo si profila una rivoluzione: se dopo la Guerra Fredda la dissoluzione dell’USIS segnò il tramonto del ruolo di portavoce e dell’impegno pubblico, l’insediamento di Karen Hughes preannuncia nuove dispoisizione, a cominciare dalla necessità di scendere in campo, nelle università come nei convegni per affrontare a viso aperto chi maledice gli yankees e brucia le bandiere a stelle striscie.



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