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Se il legislatore non è un fesso (e non è un fesso)

3 ottobre 2005

di Luigi Castaldi

Lo so, avrete buttato un occhio a questa pagina e state per passare oltre, avendo visto il primo capoverso zeppo di virgolettati e di parentesi con riferimenti da normative. Vorrei trattenervi tranquillizzandovi, si tratta di cosette semplici, tecnicismi quasi niente. Basterà un minimo d’attenzione, tempo di lettura previsto (come è in calce agli articoli di Vanity Fair): 8 minuti, forse anche meno. Pronti? Grazie, ci contavo. Dunque. Sono esenti dall’Ici “i fabbricati destinati all’esercizio del culto, purché compatibile con le disposizioni degli artt. 8 e 19 della Costituzione, e le loro pertinenze”, così si legge nel Decr. Legisl. n. 504 del 1992 (art. 7, comma 1, lettera d). Già, ma cosa sono le “pertinenze”? Ce lo spiega l’art. 817 del Codice Civile: “Sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un’altra cosa”. Alla notizia che la Finanziaria 2006 prevede l’esenzione dell’Ici per tutti gli immobili di proprietà di enti religiosi, sorge una domanda, almeno è sorta a me: scuole, negozi, alberghi, ristoranti, cliniche, centri sportivi, ecc. possono essere considerati “a servizio o ad ornamento” di un culto? Spieghiamo meglio il senso di questa domanda con un esempio, ma prima di tutto sgombriamo il campo dalla subordinata costituzionale: 1) “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge […] I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze” (Cost., art. 8); 2) “Tutti hanno il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato e in pubblico il culto” (Cost., art. 19). Siete ancora lì? Bene. Stanti le cose alla lettera del Decr. Legisl. n. 504 del 1992, dunque, “i fabbricati destinati all’esercizio del culto” religioso islamico – le moschee – hanno diritto all’esenzione dell’Ici. Dimenticavo: anche le loro “pertinenze”.

Ora, nel caso che la Finanziaria 2006 fosse approvata al punto in cui l’esenzione dell’Ici è estesa a tutti gli immobili di proprietà di un ente religioso, cosa osterebbe alla richiesta di esenzione dall’Ici per scuole, negozi, alberghi, ristoranti, cliniche, centri sportivi, ecc. che la comunità islamica italiana volesse ritenere “pertinenze” del culto nel suo esercizio pubblico? A meno di voler fare differenze, che sarebbero odiose sul piano morale e incostituzionali sul piano giuridico, dovrebbero essere esentate dall’Ici la moschea alla periferia di Brescia e la parrocchia di San Mamozio nel centro di Pollena Trocchia, il negozio che vende tappeti da preghiera e spiedoni per il kebab in quel di Brescia e il negozio di proprietà della diocesi di Pollena Trocchia che vende statuine di Padre Pio e palle di vetro con la neve finta che sforfora attorno alla Madonna. La cosa potrà sembrarvi più o meno ragionevole. A me, ad esempio, non sembra ragionevole: credo che una moschea, una pagoda, una parrocchia, ecc. siano immobili dove un musulmano, un buddista o un cattolico osservanti vivono una dimensione della loro esistenza che – con diritto pieno, almeno sulla Carta – un non credente vive altrove, in luoghi sui quali grava una tassa, direttamente o indirettamente a suo carico.

Il punto della Finanziaria 2006 che qui si sta discutendo a me sembra odioso sul piano morale e incostituzionale sul piano giuridico. Inoltre, mi sembra un pochetto discriminatorio nei confronti del negozietto che vende spiedini per la fonduta che è al civico subito successivo a quello del negozietto che vende gli spiedoni, e nei confronti del porno-shop che vende oggettistica capace di incantare almeno quanto una palla di vetro con la neve finta, ecc. Se non vi appare chiaro con l’esempio dei due negozietti, facciamone uno prendendo in considerazione tre cliniche private, una cattolica, una ebraica ed una – come dire – che deve pagare l’Ici. Il prezzo per un intervento chirurgico che corregga la fimosi al pisellino di mio figlio sarebbe certamente inferiore nelle due cliniche non gravate dall’Ici, o almeno potrebbe essere tenuto inferiore grazie allo sgravio fiscale assicurato dalla Finanziaria 2006 – e a me, questo, pare concorrenza sleale con la complicità dello Stato. A voi?E’ vero, il Decr. Legisl. n. 504 del 1992 col quale aprivamo questo articolo estende il beneficio anche agli immobili “destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive”, ma – ecco il punto fondamentale – da “enti non commerciali”. Avete notizie di negozi che vi dànno la palla di vetro gratis? Ora, è chiaro, il legislatore non è fesso – ho ascoltato alla radio certe dirette parlamentari di dibattiti su provvedimenti di finanziamento pubblico di certe scuole di sassofono e posso assicurare che la competenza sul tipo di ancia era davvero amplia e trasversale. Com’è che al legislatore può esser sfuggita l’incostituzionalità di questa discriminatoria esenzione dell’Ici, se non è fesso? E se non gli è sfuggita, se conta sul fatto che la Corte Costituzionale non scende mica a questioni di sassofono, a chi starà pensando di fare il regalo? In parole povere: che pensa di ottenere in cambio dal venditore di palle di vetro e di spiedoni per il kebab che non possa ottenere dal titolare del porno-shop?



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