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No alla controriforma degli ordini professionali

10 maggio 2006

di Mariopaolo Fadda

Le professioni [intellettuali] sono clubs di tutela dei propri affari che si assicurano, con successo, il sostegno del potere statale per garantire vantaggi socio-economici ai propri membri.

Tom Spector su Harvard Design Magazine, Autunno 2005/Inverno 2006

 

Il Comitato di Difesa degli Interessi degli Architetti di Milano (www.codiarch.org/home.html) e Monza (http://www.codiarchmonza.altervista.org/) e lAssociazione Nazionale Architetti Italiani (www.anarchit.org) hanno da tempo preso una posizione netta in merito alla cosiddetta riforma delle professioni intellettuali. Una riforma attesa da anni e resa urgente dal nuovo scenario europeo. Dopo varie proposte e controproposte siamo ora ad un testo unico emendato (www.codiarch.org/documenti.html), che invece di proiettarci in Europa rischia trascinarci nella savana africana.

Da anni, in perfetta solitudine, gli esponenti del Co.Di.Arch. hanno passato al setaccio tutte le proposte ufficiali sottolineandone lo spirito che le accomuna: il desiderio di controriforma più che di riforma. Desiderio che è palpabile nelle involuzioni tecnocratiche delle inamovibili lobbies che gestiscono antidiluviani organismi di casta, nei tratti rozzamente corporativi di chi si sente una razza eletta, nei sottili sotterfugi normativi di chi non vuole sottostare alle norme del diritto comunitario.

Il Co.Di.Arch. è nato nei primi anni 90 a seguito di una serie di iniziative di architetti iscritti allordine di Milano, con in testa Giovanni Loi, Beniamino Rocca e Alberto Scarzella Mazzocchi, tese a denunciare il carattere palesemente discriminatorio e punitivo della proposta di riforma della professione presentata allora dai Consigli degli Ordini. Il comitato non si limita a questa ormai storica battaglia, ma inizia ad affondare impietosamente il bisturi in altri due bubboni malefici: la famigerata legge Merloni e il sistema dei concorsi architettonici. Beniamino Rocca, con la determinazione ed il rigore intellettuale che lo contraddistinguono, se ne fa portavoce scrivendo un articolo sulla Merloni che è una lezione di sintesi ed acume critico (www.spazioarchitettura.net/articoli/teorie/68). Sui concorsi presenta una proposta, inviata ufficialmente anche allallora Ministro della Cultura Giuliano Urbani, che quanto a chiarezza espositiva e pragmatismo non ha nulla da invidiare allo stile RIBA. La proposta, largamente ignorata in ambito nazionale, trova uneco sul mensile americano Architecture. (www.antithesi.info/testi/testo_2.asp?id=389)

Tutte queste iniziative trovano sbocco istituzionale nelle elezioni dei consigli dellordine di Milano e Monza del dicembre 2005 e del gennaio 2006, rispettivamente). Il Co.Di.Arch., sfidando il potentato del Consiglio uscente, presenta proprie liste di candidati con un programma semplice e chiaro, quindi potenzialmente esplosivo:

  • mettere finalmente mano a quel retaggio medievale chiamato codice deontologico
  • porre fine allautolesionismo protezionistico
  • demandare alla libera scelta individuale laggiornamento professionale
  • porre le basi per la liquidazione della squallida lotteria dellesame di stato
  • stabilire i corretti ambiti delle categorie professionali affini
  • farsi garante dei diritti dei giovani colleghi
  • stabilire, quale principio irrinunciabile dellordine, la tutela generalizzata per tutti gli iscritti e non solo per le cerchie degli amici e degli amici degli amici.

In poche parole la liquidazione dellordine come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi e il primo passo per la creazione di una libera associazione in sintonia con il XXI secolo.

Le liste riscuotono un buon successo: vengono infatti eletti due rappresentati, uno a Milano ed uno a Monza.

Alberto Scarzella Mazzocchi, eletto al Consiglio di Milano, nonchè presidente del Co.Di.Arch., dimostra subito di voler tener fede agli impegni presi con gli elettori e ad unincontro promosso dallordine di Milano lo scorso 12 aprile illustra i punti della riforma, 8 per la precisione, che suscitano lopposizione del Co.Di.Arch., articolando contemporaneamente una serie di controproposte operative.

Vediamoli nella loro completezza.

 1. INFORMAZIONE

Scarzella rileva linesistenza, nel nostro Paese, di qualsiasi informazione sulle prestazioni e sui conseguenti costi di un incarico, per cui sarebbe necessaria la predisposizione di protocolli dintesa che evidenzino quanto debba essere precisato, nella fase della stesura del contratto di incarico, a tutela degli interessi del consumatore.

2. ASSICURAZIONI

Lassicurazione del professionista per eventuali danni al committente diventa obbligatoria come negli altri Paesi della Comunità Europea e questo dovrebbe portare ad una sostanziale riduzione dei costi.

Il pericolo paventato da altri partecipanti allincontro è lincertezza normativa italiana in cui la deroga assurge spesso a livello di norma.

Considerando che allo stato attuale, essendo tutte le normative interpretabili, il giudizio sullerrore avrà una valenza meramente discrezionale con tutti i difetti del caso, - sostiene il presidente del Co.Di.Arch. - è stato richiesto che lobbligo di contrarre lassicurazione contro lerrore professionale per poter svolgere le prestazioni professionali sia imposto successivamente alla puntuale revisione di tutte le norme in essere, e ciò a garanzia del professionista che paga lassicurazione ma soprattutto del committente che, in caso contrario, non avrebbe la certezza di essere rifuso del danno e comunque dopo anni e anni di contenzioso legale.

3. FORMAZIONE PERMANENTE

Un punto particolarmente caldo che vede la maggioranza degli Ordini Professionali e dei Parlamentari schierati per un meccanismo gestito interamente dagli Ordini. Conoscendo litalico andazzo, come non preoccuparsi per un potentissimo strumento in mano a burocrati pronti a sbarazzarsi di colleghi pericolosi? Lesempio del RIBA che non rinnova liscrizione a chi non partecipa ai corsi formativi è fumo negli occhi per il semplice motivo che liscrizione al RIBA è volontaria, chi non si iscrive può esercitare ugualmente la professione, mentre in Italia vige la coscrizione obbligatoria. Negli USA, altro paese senza coscrizioni, laggiornamento si può fare anche attraverso le riviste di architettura.

Consapevoli che dietro a questa operazione vi è un business di svariati miliardi di uro,- afferma deciso Scarzella - la lotta del Co.Di.Arch sarà durissima, nonostante molti colleghi non se ne rendano conto finendo così per delegare la decisione al Consiglio Nazionale e ai nostri Parlamentari.

Detto ciò, ci si chiede che senso abbia listituzione dellAssicurazione obbligatoria (punto 2): se è vero a fronte di un paio di errori del progettista lIstituto Assicurativo (costretto ad esborsi di una certa consistenza) ha il diritto di non rinnovare il contratto, impedendo di fatto al professionista di operare, non essa stessa di per sé garanzia della capacità del professionista? Infatti egli si deve assolutamente tutelare da sé stesso.tenendosi sempre aggiornato e preparato.

4. MINIMI TARIFFARI

Sui minimi tariffari, incompatibili con il libero mercato, la resistenza corporativa è talmente ostinata che lItalia rischia di essere sanzionata dalla CE. È necessario quindi, secondo Scarzella, iniziare a predisporre dei contratti base, con la descrizione puntuale di tutte le prestazioni dovute per assolvere la commessa, e di una serie di accorgimenti e di valutazioni da osservare per predisporre unofferta credibile, ma soprattutto che non comporti un salto nel buio per chi si trovi a preventivare il suo primo lavoro e quindi privo di ogni riferimento di sorta.

5. SOCIETÀ PROFESSIONALI

Lassoluta contrarietà del CNA alle società di capitale tra professionisti è stata ora annacquata con il principio che la maggioranza delle azioni deve rimanere nelle mani dei professionisti.

Se questo è il motivo dice Scarzella - non si comprende perché la questione non venga chiusa poiché i liberi professionisti si sono espressi in questo senso già da una diecina di anni, quando il Consiglio Nazionale era contrario, tout-court, alla costituzione di società di capitale tra professionisti.

6. RUOLO DEGLI ORDINI

Su questo scottante argomento la posizione del Co.Di.Arch., pur rifuggendo da irragionevoli intransigenze, è favorevole ad un drastico ripensamento dellordine. Secondo noi, lOrdine rappresenta un Organismo che ha fatto il suo tempo. Ciò detto non siamo però contrari allOrdine in senso assoluto, siamo contrari ad un certo ruolo di rappresentanza e di imperio che alcuni vorrebbero affidare allOrdine. Non può essere concesso il ruolo di rappresentanza ad un organismo ad iscrizione obbligatoria, da cui non ci si possa dissociare, pena luscita dal mercato del lavoro. Parimenti non gli può essere concesso il ruolo di garante della qualità e della formazione ai fini di una permanenza sul mercato del lavoro. Non può infatti essere affidato questo ruolo a colleghi che operano, in aperta concorrenza, su un identico mercato di lavoro. Occorre quindi chiarire il vero ruolo dellOrdine, in quanto se si pone come garante dei diritti della comunità e del consumatore, non può contestualmente avere rappresentanza di tipo parasindacale dei propri iscritti per una evidente contrapposizione dei ruoli stessi. Bisogna uscire da questa equivoca dualità anche per quanto riguarda la formazione permanente. De Allegri ha chiesto di mutarne il logo. Larchitetto è di fatto un professionista ben formato, dopo 5 anni di esami a livello universitario ha pure superato lEsame di Stato, infine ha subito il giudizio più duro, quello impietoso e cinico del mercato del lavoro. Parliamo quindi di aggiornamento professionale e ridimensioniamo tutto questo capitolo.

7. ARMONIZZAZIONE DELLE NORME DEONTOLOGICHE

La giungla normativa, si sa, favorisce gli agguati, i colpi di mano, la voracità e quindi il disboscamento dellipocrisia deontologica è condizione sine qua non per lanciare credibili messaggi di correttezza e professionalità. Viene richiesto ladeguamento delle norme deontologiche, alla nuova situazione che ci vede operare in un libero mercato e pertanto in aperta concorrenza con gli altri colleghi. Si è detto, che le norme deontologiche devono essere sintetiche, poiché dovrebbero individuare dei principi di base. Esempio classico le tavole dei dieci comandamenti. Chi legge, ne deve comprendere immediatamente il contenuto così da poterlo agevolmente archiviare nella propria memoria. Le esemplificazioni e le precisazioni, tanto care allo stile bizantino degli scriba, possono essere inserite in un allegato che risulti comunque parte integrante delle norme stesse. La variante predisposta dal nostro Consiglio Nazionale alla norma che attiene allinformazione e alla pubblicità e formato da tre articoli e 12 comma! Gli articoli devono invece essere pochi e lapidari.

8. PUBBLICITÁ

Unaltro retaggio antidiluviano che deve essere relegato al più presto in un museo paleontologico è il divieto di pubblicità. E Scarzella si chiede perplesso Ma vi è un anacronismo di fondo con cui dobbiamo fare inevitabilmente i conti: operando in un libero mercato il professionista deve infatti poter veicolare informazioni pubblicitarie in ordine alla propria attività professionale poiché, in caso contrario, che senso assume la liberalizzazione? Non è essa stessa di per sé concorrenziale?

Da segnalare anche lintervento, allo stesso incontro, di Giovanni Loi di Anarchit. Loi ricostruisce schematicamente, e con piglio sociologico, gli effetti perversi dellincontrollato passaggio dalluniversità di élite a quella di massa e le ripercussioni sullo sclerotizzato ordinamento professionale ereditato dal fascismo.

Oltre a ciò, sottolinea i maldestri tentativi del CNA di svincolarsi dagli obblighi imposti dal nuovo scenario europeo Mentre l'Autorità Garante della concorrenza, chiede insistentemente al Parlamento una chiara e motivatissima riforma delle professioni, che ottemperi a quanto previsto dal diritto comunitario, per eliminare le evidenti restrizioni concorrenziali presenti nel nostro attuale ordinamento, il Consiglio nazionale, con tutti gli altri Consigli nazionali riuniti nel CUP (Comitato unitario degli Ordini e dei Collegi professionali), chiede invece al Parlamento di garantire laconservazione dei vecchi principi dell'ordinamento italiano, nonché di ampliare i poteri da attribuire agli Ordini, affinché sia garantito il controllo degli accessi al mercato attraverso nuovi vincoli quali:

la formazione continua e permanente obbligatoria;

la verifica periodica della permanenza dei requisiti professionali.

E chiude proponendo un completo rovesciamento della logica che anima il CAN, ben consapevole che per fare ciò sia indispensabile una vera e propria rivoluzione Viste le ormai evidenti difficoltà del nostro ordinamento e le richieste pressanti delle autorità garanti della concorrenza, perché non pensare ad altro?

Perché, invece di tentare di togliere i diritti acquisiti agli architetti abilitati e non, per tentare di ridurre i concorrenti sul mercato professionale, come vorrebbe fare silenziosamente il CNA, non si pensa, ad esempio, a come organizzare l'offerta professionale dividendo per 10 il numero degli studi, consentendo finalmente a chi vuole la costituzione di quelle nuove e più moderne società di professionisti a responsabilità limitata oggi impossibili ed osteggiate dallo stesso CNA, che porti ad un numero di studi di circa 10.000 unità sul territorio nazionale con almeno 10 addetti per studio?

Purtroppo credo che per far questo sia indispensabile cambiare cultura, ovvero cambiare le politiche professionali, affrontando immediatamente il problema dell'iscrizione imposta per legge ad un Ordine che ci rappresenta per via di un obbligo e non per scelta, cancellando finalmente l'idea, un pò corporativa ed un pò massonica, di un apparato gerarchico, dirigistico e repressivo

La controriforma delle professioni intellettuali gode dellappoggio dei poteri forti, delle oligarchie tecnocratiche, dei vertici dei partiti politici di destra, di sinistra e di centro e non sarà facile contrastarla. Per sbarazzarsi di unorganizzazione professionale arcaica, autoritaria, delegittimata, nemica e dare voce a quel mondo della professione, incarnato da sconosciuti o poco noti architetti, che si fa carico di recuperare, accanto alla gioia creativa, la tensione etica, limpegno civile e la responsabilità sociale che il mondo delle cosiddette stars, quello accademico e quello affaristico hanno bruciato sullaltare del successo commerciale ed editoriale, è necessario moltiplicare per dieci, cento, mille la sfida lanciata da un pugno di architetti intellettualmente e professionalmente integri.



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