Se i relativisti, i laicisti, i nichilisti, i secolaristi, gli scientisti, i gay, le coppie di fatto – sì, insomma, i nemici dell’Occidente sul fronte interno – avessero appena la metà della metà della metà della nequizia che attribuiscono loro la Cei, i cattolici obbedienti, gli atei devoti, le sentinelle della tradizione e qualche sussiegoso editorialista del Corriere della Sera – sì, insomma, i difensori dell’Occidente sul fronte italiano – scorrerebbe sangue. E invece no, nessun relativista pugnala mai un assolutista, nessun laicista pugnala mai un neoguelfo, i nichilisti non tifano per il “buco nero” poco fuori la nostra galassia, i secolaristi campano alla giornata, gli scientisti non sgozzano i superstiziosi, i gay non importunano gli eterosessuali (insomma, non sempre), le coppie di fatto non sono tutte scambiste – e la nequizia?
Per esempio: a Norcia, il 23 settembre, nel corso di un convegno della Fondazione Magna Carta su “Religione e spazio pubblico”, Marcello Pera, uno dei più illustri difensori dell’Occidente sul fronte italiano, ha fatto un ritratto assai nequizioso dei nemici dell’Occidente sul fronte interno: è arrivato a dire che puzzano di fondamentalismo. Fossero così nequiziosi, Marcello Pera potrebbe esser sicuro di prendersi la sua brava spanna di pugnale, perché nessun asino è tanto cornuto da farselo dire dal bue senza incornarlo. E invece? Invece niente, appena due o tre pernacchie e molti sghignazzi. Non sono così nequiziosi come dice Marcello Pera, evidentemente. Come fondamentalisti, poi, sono mezze seghe. I fondamentalisti, se solo li sfiori, urlano, strepitano, chiedono a Dio di fulminarti e intanto ti preannunciano le fiamme eterne.
Marcello Pera dice: “Nata al tempo in cui lo Stato unitario si costituì contro la Chiesa, quando la Chiesa era temporale e lo Stato anticlericale, questa formula [“Libera Chiesa in libero Stato”], che fu felice e utile un tempo, è inadatta oggi, allorché non solo il temporalismo e l’anticlericalismo sono stati superati”. Che facciamo, rimischiamo tutto come fu dal IV al XIV secolo? “Il problema deve essere posto nei termini se la religione debba oppure no svolgere un ruolo nella vita pubblica”.
Il laicista dice: “La laicità è incompatibile con qualsiasi concezione della religione che pretenda di regolare, in nome dei princìpi della religione stessa, il sistema sociale o l’ordine politico. […] La laicità distingue la libera espressione spirituale o religiosa nello spazio pubblico, legittima ed essenziale al dibattito democratico, dall’influenza su quest’ultimo, che è illegittima”. Marcello Pera obietta che “la laicità è violata da un ruolo pubblico della religione, perché la laicità è una concezione contraria alla religione. Ma, se è concepita così, la laicità o è un’ideologia o è una religione essa stessa”.
Cerchiamo di capirci: devo tollerare pure gli intolleranti per potermi dire davvero tollerante? Se non li tollero, sono intollerante? Somiglia a un sofisma di sagrestia: se non credi in Dio, credi pur sempre nella sua non-esistenza, che è la non-esistenza di Dio, dunque sei comunque credente in qualcosa di relativo a Dio, e questo dimostra che, in un modo o in un altro, non puoi dire di non crederci proprio. Se cercassero di rifilarci roba del genere quando andiamo a comprare il pesce in pescheria, protesteremmo con più vigore.
Invece niente, Marcello Pera avvolge la sua roba in tre o quattro pagine di manualetto retorico e dice: “Qual è il confine fra, da un lato, la «libera espressione spirituale e religiosa» nella sfera pubblica, la quale è considerata legittima, e la «influenza» sulla politica, che è invece considerata illegittima? Si consideri qualunque tema religiosamente sensibile, dall’aborto a ogni altro tema bioetico. Se a dei cittadini, e ancor più ai loro rappresentanti in parlamento mentre prendono decisioni politiche, è consentito di esprimersi liberamente sulla base dei loro convincimenti religiosi, come è possibile che tale libera espressione non abbia influenza sul loro orientamento politico e sul loro giudizio circa l’adottare o meno una certa soluzione su quel dato tema? A parte il buon senso, che dice che ciò è impossibile, c’è solo una risposta per renderla possibile: che la laicità lo impedisca. Ma se la laicità lo impedisce, essa si trasforma, appunto, in un’idea sostantiva che impedisce ad un’altra idea sostantiva di esercitare su di essa una «influenza». Ma siccome la seconda idea sostantiva è religiosa, la prima, che le impedisce di «influenzare», diventa antireligiosa. E siccome, se è antireligiosa, è contraria a tutte le religioni, allora essa ? la laicità ? finisce col configurarsi come un credo dogmatico religioso esso stesso, sia pure di una religione diversa da tutte le altre […] Tutto l’argomento fondato sulla laicità si riduce ad un atto autoritario e dogmatico”.
Voilà , il tollerante non è tollerante, e l’influenza della religione nel dare l’impronta etica allo Stato è cosa buona oltre che legittima. E nessun laicista lo pugnala.
“L’ostacolo alla penetrazione della religione nella sfera pubblica posto dalla tesi liberale o è troppo alto, perché neppure lo stesso liberalismo lo supera, dacché gli impedisce di aggiornarsi e nutrirsi, oppure è troppo basso, perché consente a molte, anche se non a tutte, le dottrine comprensive di saltarlo […] Come è possibile che esista a lungo una società stabile e giusta di cittadini liberi e uguali profondamente divisi da dottrine religiose, filosofiche e morali ragionevoli e però incompatibili?”.
Se non si consente alla religione di dare un’impronta etica dello Stato, il liberalismo gli dà la sua o (peggio) non gliene dà alcuna. Insomma, col liberalismo si finisce nella dittatura o nell’anarchia, la religione tiene la società nel giusto mezzo. Col liberalismo si arriva alla violenza del dogma laicista o alla “perdita delle difese” nei confronti della violenza dei fondamentalismi religiosi.
L’islam, per esempio. Perché il cristianesimo s’è in gran parte depurato dei suoi tratti fondamentalistici – così dice Marcello Pera.
“Il problema della perdita delle difese è antico. Lo si fa di solito risalire all’Illuminismo. Che ci traghettò dall’era della fede all’era della ragione per consegnarci adesso, si dice, all’era dell’interpretazione . Che diffuse la secolarizzazione. Che ci lasciò al ‘disincanto del mondo’. Penso, e ho cercato altrove di dire , che il fenomeno sia anteriore, e che risalga prevalentemente a quella rivoluzione scientifica, nel campo delle scienze naturali e politiche, che decretò la fine della ‘antica alleanza’ e introdusse la ‘grande divisione’: la divisione fra scienza e religione, fra prova e fede, fra regno temporale e regno spirituale. Quando questo frutto dell’albero della conoscenza moderna è stato infine tutto consumato, ci siamo trovati più ricchi e più poveri: più ricchi fuori, di benessere, di sicurezza, di conoscenza, di tecnologia, e più poveri dentro, di spiritualità , carità , solidarietà ”.
Non so voi, ma a questo punto io mi sento struggere di nostalgia per l’epoca in cui non c’era “divisione fra scienza e religione”, “fra regno temporale e regno spirituale” – se grido “Viva il Papa-Re!”, potete chiudere un occhio?
Vorrei essere più ricco dentro, a costo di essere più povero fuori: vorrei essere ricco di “spiritualità , carità , solidarietà ”, costasse pure un tot di “conoscenza, benessere, tecnologia”. Vorreste mica frustrare questo mio desiderio di restaurare l’“antica alleanza” fra temporale e spirituale che m’è sbocciato in petto leggendo Marcello Pera? E dunque, se vogliamo una “sana laicità ” che non degeneri in laicismo, date una mano a che “la nostra tradizione cristiana torni a giocare un ruolo nella vita pubblica: per non perdere lo scontro con coloro che proprio questa tradizione hanno eretto a bersaglio. Noi siamo figli del cristianesimo. Se lo respingiamo, non siamo più figli di nessuno”. Non siate nequiziosi, fate contento l’orfanello. Se non lo fate, siete nequiziosi.