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Pannella «licenzia» in diretta Capezzone da Radio radicale

• da L'Unità del 16 gennaio 2007, pag. 3

di Maria Zegarelli

La politica ormai si fa così: con stracci che volano in pubblico tra i vari soggetti interessati. Altro che vecchie maniere, «i panni sporchi si lavano in casa». Tutto superato. Molto più «in» dirsi le cose sincera­mente in faccia ma davanti almeno a diverse centinaia di spettatori. Altrimenti non c'è gusto. Marco Pannella, che a sempre il polso della situazione politica, ha quindi scelto la diretta radio, sulla «sua» Radio Radicale, per chiarire che lui l'ex segretario del partito, anzi «di una delle tante associazioni radica­li» Daniele Capezzone, non lo vuole più sentire la domenica mattina come conduttore della rassegna stampa «Stampa e Regime». La conduce in «modo egregio, ma an­che come autopromozione, sul pia­no politico, per carità», ma qualche «osservazione si può fare». Tutto in onda, domenica sera nel corso della abituale intervista setti­manale (andata in replica ieri mat­tina) con il direttore della radio, Massimo Bordin che a un certo punto ha definito «sgradevole» quel colloquio che sembrava sem­pre più una resa dei conti tra il lea­der radicale e il suo ex delfino. Pan­nella sigaretta accesa, va avanti a testa bassa. Insiste: la domenica mattina «c'è un primato di ascol­ti», dunque sarebbe meglio assegnare quello spazio a qualcun al­tro, come Marco Cappato dell'associazione Luca Coscioni, che prende via via quota nel firmamento dì via Arenula. Massimo Bordin prima smentisce il picco di ascolti della domenica mattina, poi sottolinea: «A me la programmazione va bene co­sì, altrimenti stabiliamo che a deci­derla è il partito». «Questo è offensi­vo» incalza la vecchia volpe per niente sfiancata - almeno nella fa­vella - dal digiuno ad oltranza che porta avanti contro la pena di mor­te. Offensivo? «Sei l'editore della ra­dio...», prova a dire il direttore. «Ora verrà fuori che gli faremo del mobbing, che gli togliamo il lavoro, ma non intendo accettare ricatti di questo tipo». Ma insomma..., ribat­te l'altro, un po' di mobbing, lascia intendere, si intravede in tutta que­sta vicenda. Lo spettacolo va, gli stracci volteggiano sulle onde radio. Capezzone viene avvertito dell'ultimo attacco. «Ma insomma... - propone Bordin - diciamo che mi riservo una deci­sione, perché ti confesso...». «Una decisione relativa a che cosa? La decisione è sempre tua, in passato, nel presente e in futuro...». «Ma sai benissimo che non intendo metter­mi in urto con ì superiori interessi della politica...». E Pannella: «Perché anche tu hai paura del mobbing?». Risposta: «Non ho paura di niente, di nessuno, così non va... Al massimo mi puoi licenziare»... Stanza ormai piena di fumo e di tensione che taglia con il coltello. Pannella non cede e la tira avanti per circa dieci minuti, anzi come di­ce Bordin «che va avanti così dal 2007, dal dopo Padova». Allora basta, «potremmo fare così Mar­co...». Così come?, come sarebbe a dire?, «Insieme non facciamo nul­la, lo farai tu», perché tu sei il direttore e quindi tu devi dare il benservi­to: questo è il succo che spremi spre­mi sta venendo fuori. E allora, se proprio lo devo fare io, rilancia il di­rettore, «non vedo motivo di cam­biare la rassegna stampa della do­menica».

 

Daniele Capezzone, attuale presi­dente della Commissione Attività produttive della Camera, citato a Caserta da Romano Prodi per il pro­getto «un'impresa in un giorno», al telefono è piuttosto sbrigativo. «Ho sentito Bordin privatamente e l'ho ringraziato - dice - per il suo comportamento ineccepibile e ammire­vole. Quanto a Marco ho troppo ri­spetto per lui per commentare una sortita che mi sembra davvero delu­dente». Di andarsene non ci pensa nemmeno l'ex segretario tirato su politicamente come un figlio pro­prio da colui che oggi lo ripudia. Capezzone (definito da Casini l'unico riformista, oltre a Nicola Rossi) riti­ra fuori dal cassetto una frase già pronunciata durante il congresso: «Marco, ti dò una brutta notizia: io non me ne vado». E l'altra, quella detta davanti alle telecamere di «Markette» la trasmissione di Chiambretti: «Di qualunque cosa venga accusato, inclusa la violazio­ne del trattato di Kyoto, non scendo in polemica». Silenzio da parte del­l'attuale segreteria dei radicali, Ri­ta Bernardini. Non tace, invece, Bordin. Spiega il giorno dopo: «Non ho alcuna intenzione di cam­biare la rassegna stampa della do­menica. Se poi il partito, visto che di radio di partito si tratta, dovesse decidere diversamente, allora...». Allora? «Sarà una separazione con­sensuale». Certo però che non sarebbe un bel segnale, «perché in passato non è mai successo che il partito facesse il partito in questo senso, dettando ultimatum su que­stioni di questo tipo». Prova anche a smorzare i toni della discussione, ma confessa di non aver condiviso affatto le modalità scelte dall'edito­re. «Quella questione si poteva af­frontare anche in altro modo, a microfono chiuso». Alla motivazione addotta dal leader radicale, «ascol­ti molto più consistenti la domeni­ca», non ha creduto nessuno tra i radicali, come insegna lo «strappo di Padova».


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