«La gente è dalla nostra parte, e questo ci spinge a portare avanti le nostre battaglie nel nome di Luca Coscioni e di Piergiorgio Welby». Maria Antonietta Coscioni è circondata da giornali e manifesti nella sede romana dei Radicali. Ha il volto disteso, ma è reduce dall'anno più intenso della sua vita. Il 20 febbraio del 2006 ha perso il marito Luca, malato da 11 anni di scleÂrosi laterale amiotrofica, e poche settiÂmane dopo è diventata co-presidente dell'associazione a lui intitolata. Nel novembre scorso è stata eletta presiÂdente dei Radicali. Poi il 20 dicembre è morto Piergiorgio Welby, affetto dalla stessa malattia di Coscioni che ha scelto di farsi staccare dal respiratore. Oggi questa donna di 36 anni, bella e volitiva, sarà a Genova per partecipare a un congresso sulla sclerosi laterale amiotrofica. «Un appuntamento importante per molte ragioni» sottolinea.
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Perché?
«Innanzitutto, sarà un'altra occaÂsione per parlare della libertà di cura e di eutanasia. Poi incontrerò esponenti dalle istituzioni locali per fare il punto sul piano avviato nel luglio scorso con la Regione e con la Asl 3 di Genova, il cui scopo era fornire a 10-12 malati di sclerosi i computer con cui esprimersi. Questi macchinari permettono di coÂmunicare per iscritto a chi è all'ultimo stadio della malattia, in stato di totale immobilità . Il malato fissa con l'occhio una lettera sullo schermo, e questa coÂmincia a comporre una parola. Anche Luca comunicava così».
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Quanto costano i computer?
«Parecchio. Con i 29.500 euro stanÂziati dalla Regione se ne sono comprati una decina. Davvero pochi, tanto che alla fine questo progetto ha assunto un valore più che altro simbolico. Ma i maÂlati hanno diritto ad esprimersi: la noÂstra associazione ha promosso una campagna apposita, "Libertà di paÂrola". A Genova ovviamente parlerò anche di questo».
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Secondo un recente sondaggio, il 70% degli italiani è favorevole all'eutanasia. Quanto ha influito il caso Welby?
«La scelta di Piergiorgio è stata fonÂdamentale, perché ha riportato all'atÂtenzione generale il problema dell'euÂtanasia clandestina. Al riguardo si era creata una situazione simile a quella precedente la legge sull'aborto: tante abortivano in segreto, ma era proibito dirlo. Welby ha tirato giù il velo dell'ipocrisia, e ha ricordato a tutti che questo tema esiste. E che la politica non può ignorarlo».
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I partiti, con rare eccezioni, non sembrano avere voglia di discuÂterne.
«I politici hanno paura della conoÂscenza e della scienza. Avevano assicuÂrato l'apertura di un'indagine conosciÂtiva sull'eutanasia clandestina, ma poi hanno preferito ascoltare a porte chiuse qualche esperto. Noi abbiamo promosso una petizione per chiedere l'indagine, firmata già da 20.000 itaÂliani. Molta gente ci chiama per sapere dove poter firmare».
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Quanto pesa il veto del Vaticano sulle paure della politica?
«Molto, ovviamente. Sull'argoÂmento la Chiesa ha assunto una posiÂzione che non ha nulla a che fare con la carità cristiana. Basti pensare al rifiuto dei funerali religiosi per Piergiorgio. Un errore clamoroso».
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Era a casa di Welby la notte in cui hanno staccato la spina?
«No, ma sapevo che sarebbe accaÂduto. Poco prima avevo mandato un messaggio a lui e alla moglie Mina (si emoziona, ndr). Ad avvertirmi della morte di Piergiorgio è stato Marco Cappato (segretario dell'associazione ndr) con un sms, in nottata».
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Quanto ha rivisto del dramma di suo marito in Welby?
«Io mi sono impegnata molto nella sua battaglia per il diritto di morire, ma tenere separati il piano politico e quello emotivo non è stato facile. Nelle settimane precedenti la sua scomparsa sono stata silenziosa anche per questo. Cercavo un mio spazio per rielaborare tutte queste emozioni».
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Luca Coscioni fece la stessa scelta, rifiutando la tracheotomia.
«La sua fu una scelta ancora più deÂcisa. Piergiorgio aveva accettato di soÂpravvivere attaccato ad un respiratore, ma poi non ce l'ha fatta più. Luca inÂvece ha subito rifiutato l'ipotesi di viÂvere grazie a una macchina».
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Perché?
«Si sentiva in una gabbia, che chi non è malato non può neppure percepire».
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Lei provò a dissuaderlo?
"Ne discutemmo, poi lui prese la deÂcisione definitiva. E io l'ho rispettata"
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Lei ha raccontato che suo marito aveva paura del buio, e che dormiÂvate con la luce accesa. La tiene anÂcora accesa?
«Sempre, dovunque mi trovi. Per ora è così».