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Caso Welby, il medico assolto dall'Ordine

• da Il Messaggero del 2 febbraio 2007, pag. 11

di Antonio De Florio

L'anestesista Mario Riccio, aiutando Pierluigi Wel­by «nel morire, non a morire» ha rispettato le regole etiche della professione. Lo ha stabili­to l'Ordine dei medici di Cremo­na, che ha archiviato con giudi­zio unanime il procedimento promosso nei suoi confronti. La decisione è stata acquisita dalla procura di Roma, che indaga sulla morte di Welby.

 

«È stata - spiega il presiden­te dell'Ordine di Cremona, Andrea Bianchi - una decisione ponderata, giunta al Vermine dell'istruttoria preliminare nel corso della quale è stata acquisi­ta la cartella clinica di Welby e registrata la volontà del pazien­te di interrompere la terapia. Non sono state somministrate sostanze atte a determinare la morte del paziente e la posolo­gia è in linea con il protocollo medico».

 

Prima di tutto i 14commissari hanno concordato sul fatto che non è stato compiuto alcun atto eutanasico. In secondo luogo l'operato di Riccio è avvenu­to all'interno dei confini indica­ti dagli articoli 20 e 35 del codi­ce deontologico che prevedono rispettivamente il rispetto dei diritti della persona e l'acquisi­zione del consenso del paziente. Infine, conclude il presidente Bianchi, sono stati rispettati gli articoli 13e 32 della Costituzio­ne che riconoscono la libertà di cure e la facoltà del paziente di rifiutare la terapia.

 

L'Ordine di Cremona muo­ve un solo appunto al medico Riccio: il modo in cui è stata gestita la vicenda, dalla morte del paziente al clamore mediatico che ne è seguito. Bianchi aggiunge: «La decisione di inter­rompere la terapia si è concretiz­zata al di fuori della normale relazione tra medico e paziente, dato che Riccio non aveva in cura Welby».

 

La prima a rallegrarsi dell'ar­chiviazione è stata la vedova. Mina Welby: «Sono felice per il dottor Riccio - sono le sue paro­le - perché, ha aiutato Piergiorgio ad avere una morte serena».

 

E Riccio precisa: «Dal punto di vista deontologico, c'è stata la conferma che i pazienti posso­no sospendere una terapia, an­che quelle salvavita». E su que­sto punto è esploso il dibattito tra favorevoli e contrari.

 

Intanti, politici ebioeticisti, sostengono che la decisione dell' Ordine è stata coerente con la deontologia medica e dovrà es­sere tenuta in considerazione in vista di future leggi sul tema.

 

Marco Cappato, presidente dell’Associazione Luca Coscioni, sottolinea che l'Ordine di Cre­mona «ha limpidamente deciso di non seguire i tanti auspici e manovre di medici d'ordine e altri emissari politico-istituzio­nali del potere clericale: La deci­sione garantisce il rispetto della deontologia medica».

 

Il presidente della Fnomceo (Federazione nazionale degli or­dini dei medici e degli odontoia­tri). Amedeo Bianco, esprime «piena fiducia» nell'operato dell'Ordine di Cremona e si tratta dì una decisione «giusta» anche per Cinzia Caporale, pre­sidente del Comitato intergovernativo sulla bioetica dell' Unesco. secondo la quale «si esce cosi da una logica punitiva e giudiziaria»: «Non ho mai avuto dubbi - ripete - riguardo al fatto che un paziente capace di intendere abbia la piena di­sponibilità rispetto a qualsiasi trattamento sul proprio corpo, comprese le cosiddette terapie salvavita». E insiste sulla correttezza del pronunciamento pure il presidente della commissione Sanità del Senato, Ignazio Mari­no: «La decisione dell'Ordine dei medici di Cremona è coeren­te con i principi deontologici cui si ispira la professione: è importante che il comporta­mento di questo medico sia sta­to riconosciuto come integerri­mo: costituisce un punto di non ritorno su questioni come que­ste». Sul fronte opposto, invece, il responsabile di An per la fami­glia, Riccardo Pedrizzi, che defi­nisce «inconcepibile» la decisio­ne dell'Ordine di Cremona: «Al­tro che archiviazione, a nostro avviso - afferma - il gesto di staccare la spina a Welby meri­tava la radiazione dall'Ordine dei medici».



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