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Carcere, D’Elia: dal 41 bis si esce solo da pentito o da morto

Roma, 4 febbraio 2007

• Interrogazione di Sergio D'Elia, depuitato Rnp, ai ministri della Giustizia e della Salute sul caso di Antonio Cordì

Il deputato della Rosa nel Pugno Sergio D’Elia ha presentato una interrogazione parlamentare sul caso di Antonio Cordì, presunto capo dell’omonimo clan della ‘ndrangheta, detenuto da otto anni in 41 bis e, da un anno, affetto da un cancro al polmone ormai incurabile.

“Perchè è stato fatto trascorrere quasi un anno dal momento in cui al signor Cordì è stata diagnosticata la grave neoplasia polmonare per la quale le relazioni sanitarie contenute in cartella clinica asseveravano la necessità di un intervento chirurgico da effettuare in ambiente altamente specialistico ed extramurario?” E’ quanto chiede Sergio D’Elia nell’interrogazione rivolta oggi ai ministri della giustizia e della salute, dopo che a una analoga interrogazione presentata a luglio non è stata data risposta.

Ai ministri competenti D’Elia chiede anche “se non intendano procedere all’accertamento di eventuali responsabilità, comportamenti omissivi o inadempienze che hanno impedito un tempestivo intervento chirurgico e le cure necessarie che avrebbero potuto bloccare l’invasività di un cancro diventato oggi incurabile”.

“La verità - commenta D’Elia - è che dal 41 bis si può uscire solo in due modi: o da pentito o da morto. Non sono pochi infatti quelli che in questi anni ne sono usciti come si suol dire: coi piedi davanti. Morti di infarto, di cancro o suicidi.”

 

Qui di seguito il testo integrale della interrogazione:

 

Interrogazione a risposta orale

 

Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute.

 

Per sapere - premesso che:

- già con l’interrogazione 3-00105 del 10 luglio 2006 lo scrivente rappresentava ai Ministri in indirizzo le gravissime condizioni di salute del detenuto Antonio Cordì, di 64 anni, al quale nel febbraio 2006 è stata diagnosticata una grave neoplasia polmonare (diametro di 7 cm.) adesa alla pleura per la quale le relazioni sanitarie contenute in cartella clinica asseveravano la necessità di un intervento chirurgico da effettuare in ambiente altamente specialistico ed extramurario;

- ad oggi non è ancora giunta risposta a tale interrogazione, nella quale si chiedeva tra l’altro di sapere se i Ministri interrogati non ritenessero di dover intervenire con urgenza al fine di disporre l’immediato ricovero del detenuto Cordì presso un’adeguata struttura del S.S.N. per permettere allo stesso, sottoposto sin dal 1999 al regime dell'articolo 41-bis, di accedere alle necessarie cure per affrontare la grave patologia da cui è affetto;

- il 3 febbraio 2007, con un articolo a firma Gianmarco Chiocci, “Il Giornale” da grande rilievo al caso del signor Cordì dando conto di una serie di particolari qui di seguito riassunti;

- dopo quelli del febbraio 2006, nuovi esami effettuati all’inizio di aprile 2006 riscontrano una “voluminosa neoplasia del lobo superiore del polmone destro” e i sanitari ribadiscono l’urgenza di asportarla “con un’operazione di lobectomia” da effettuare fuori dal circuito carcerario;

- una settimana dopo, il DAP individua la struttura “idonea al trattamento  e alle cure necessarie” nel carcere di Secondigliano e, l’indomani stesso, nel respingere la domanda di sospensione pena, il Tribunale di sorveglianza di Napoli nega il ricovero in un ospedale pubblico affermando che “il quadro clinico, pure severo (...) non pare comportare una situazione di assoluta incompatibilità col regime detentivo, specie se attuato in un istituto specializzato quale quello individuato dal DAP”;

- solo il 3 maggio 2006 avviene il trasferimento nel CDT (Centro Diagnostico Terapeutico) del carcere di Secondigliano dove il 22 maggio il Cordì viene sottoposto a una consulenza chirurgico-toracica dalla quale emerge l’urgenza di altri esami, che la “struttura specializzata” indicata dal DAP non può fare;

- il 25 luglio 2006, il Ministero della Giustizia afferma invece: “Questa Amministrazione... non dispone di centri specializzati oncologici”, ma solo di un “consulente oncologo” e, quindi, si dà mandato per cercare una struttura ad hoc “nell’ambito extraregionale, preferibilmente nel centro-nord Italia”;

- nell’attesa, il primario di chirurgia toracica dell’ospedale Cardarelli di Napoli definisce “talmente gravi” le condizioni di salute di Cordì da considerarlo ormai “inoperabile” per l’espandersi di “metastasi linfonodali ilo-mediastiniche”;

- a seguire, il DAP parla di “prognosi quoad vitam imprevedibile non potendosi escludere esito infausto anche a breve termine” per il Cordì il quale nel frattempo non sopporta più nemmeno i cicli di chemioterapia, che gli vengono sospesi “per indotto danno renale”;

- il 21 dicembre scorso, il responso della Tac evidenzia metastasi anche a livello cerebrale e il 22 dello stesso mese il DAP si pronuncia per la “non compatibilità con il regime detentivo”, rappresentando anche “l’imprevedibilità evolutiva della malattia neoplastica”;

- il 18 Gennaio 2007, mentre il Primario dell’Istituto oncologico Pascale di Napoli, Dott. Morrica, parla nel referto di “prognosi infausta a breve-medio termine”, l’Ufficio di sorveglianza di Napoli rigetta la domanda di sospensione provvisoria della pena “non essendo pronosticato un esito infausto immediato del Cordì”, sicché il Magistrato di sorveglianza dispone il ricovero presso il reparto di oncologia del Cardarelli di Napoli fino alla decisione del Tribunale di Sorveglianza sulla istanza di sospensione pena.

 

1. Perchè sia stato fatto trascorrere quasi un anno dal momento in cui al signor Cordì è stata diagnosticata la grave neoplasia polmonare per la quale le relazioni sanitarie contenute in cartella clinica asseveravano la necessità di un intervento chirurgico da effettuare in ambiente altamente specialistico ed extramurario.

2. Se non intenda procedere all’accertamento di eventuali responsabilità, comportamenti omissivi o inadempienze che hanno impedito un tempestivo intervento chirurgico e le cure necessarie al signor Cordì che avrebbero potuto bloccare l’invasività di un cancro diventato oggi incurabile.

3. Più in generale, in che condizioni di salute vertano i detenuti sottoposti a regime carcerario di 41 bis presso la Casa Circondariale di Secondigliano e se, allo stato, per gli stessi sussistano sufficienti mezzi di ausilio sanitario per affrontare casi di patologie particolarmente gravi.

 

 



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