Il 20 febbraio di un anno fa milioni di italiani poterono conoscerlo. RagÂgiunti casualmente dalla notizia della sua morte furono finalmente raggiunti dalla conoscenza della sua vita straordinaria. Per un giorno, entrò nelle case deÂgli italiani un frammento dei cinque anÂni di lotta di Luca Coscioni rimasta fino ad allora clandestina: candidato "online" al comitato dei Radicali; capolista - come già Tortora e Sciascia - della lista Emma Bonino davanti a Marco Pannella e sostenuto da sessanta premi NoÂbel (che negli anni successivi diventaroÂno cento); presidente di Radicali italiaÂni; nonviolento in autoriduzione delle terapie per chiedere legalità e conoÂscenza; "cavia" per la sperimentazione sulle staminali; fondatore della associaÂzione che porta il suo nome; pioniere di una nuova antropologia che "parla" con gli occhi e con il corpo, che dal corpo malato punta dritto al cuore della politiÂca; leader di un nuovo movimento tranÂsnazionale per la libertà di ricerca.
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Il 20 febbraio 2006 (domani fa un anno) un fotogramma di quegli straordinari cinque anni si è introdotto nelle case degli italiani, e la storia di Luca Coscioni potè essere onorata fino ai massiÂmi vertici istituzionali. «È nato ora all'Italia», disse Pannella. In tanti l'avranno considerata retorica, martirologio di un tipo ben noto e abusato: «vive e lotta inÂsieme a noi». Sette mesi dopo, Piergiorgio Welby inviava al presidente NapoleÂtano il suo appello per una "morte opÂportuna", e questa volta la conoscenza è esplosa nell'opinione pubblica, italiana e mondiale. Ma senza Coscioni, Welby non sarebbe arrivato ai radicali. Arrivò anche lui via "internet", e sul forum www.radicali.it aprì una diÂscussione sull'eutanasia che ampliava l'udienza degli arÂticoli, firmati "II Calibano", sulla "Voce di Rimini".
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Oggi, dopo e grazie a Welby, Giovanni Nuvoli - un malato di sclerosi laterale amiotrofica di Alghero, che pesa ormai 23 chili, comuniÂca solo con gli occhi e da oltre un anno è condannato a vivere nel reparto di rianimazione dell'ospedale di Sassari con la possibilità di visite soltanto per un'ora al giorno - ha espresso la voÂlontà di ribellarsi alla follia ideologica che ha sequestrato il suo corpo. Ha deÂciso di lottare - e noi ci auguriamo posÂsa trovare la forza di conquistare altro tempo - per affermare e rendere certo il diritto a scegliere le terapie e la loro eventuale interruzione. Il "caso Nuvoli", dopo Coscioni e Welby, è il sintoÂmo di una grande questione sociale che riesce finalmente ad affiorare dal mare di omertà e clandestinità . È il caso di tutte le persone malate che sono "gestite" contro o senza che si tenga conto della loro volontà , senza che siaÂno rispettati come persone. E non soÂno, certamente, casi isolati.
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Tre anni dopo l'entrata in vigore della legge 40, il 20 febbraio è la data di qualcosa che nasce: sarà la "Giornata per la libertà di ricerca". Non una ricorrenza funebre, ma la festa di una memoria viva, puntata su obiettivi attuali. In primo luogo, l'abolizione di una legge clericale e ideologica - la 40/2004 - che rischia di sopravvivere, se dimenticata, un'altra legislatura. Siamo convinti che ci siano persino nel Parlamento italiano margini quantomeno per la riforma di quella legge, se soltanto sarà affidata al pieno  coinvolgimento dell'opinione pubblica sottratta al lavoro di "vertici" e "tavoli" delle mediazioni all'Italiana. «Non possiamo aspettare le scuse di uno dei prossimi papi», diceva Luca. Il 20 febbraio continuerà ad essere la giorÂnata di chi non può aspettare.Â