Non fu eutanasia, aveva ragione WelÂby. E né l'anestesista Mario Riccio, né Marco Cappato potranno essere accusati di omiciÂdio per avergli staccato il respiratore. Gli atti che la Procura di Roma si appresta a firmare sono una rivoluÂzione, una svolta, un precedente che aprirà la strada a molte altre battaglie. Ieri è stata deÂpositata la perizia che i magistrati che avevano chiesto nel procediÂmento avviato contro il medico e Cappato e dice che la dose di sedaÂtivo iniettata nelle vene di Welby non fu mortale.
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È un particolare che segna la diffeÂrenza. E per sempre. Perché per mesi si è discusso se staccare il reÂspiratore così come chiedeva WelÂby potesse definirsi eutanasia (cioè un delitto) o fine dell'accaniÂmento terapeutico (cioè un diritÂto costituzionalmente garantito). E il discrimine passava proprio per quella sostanza che avrebbe addormentato Welby per non farÂlo soffrire troppo mentre qualcuno lo staccava dalla macchina che lo teneva in vita. Si domandava: morirà per effetto dei barbiturici ingeriti o perché il polmone artifiÂciale smetterà di funzionare? Nel secondo caso, va da sé, sarebbe staÂto un atto lecito, seppur controÂverso. Lo avrebbe potuto fare anÂche Welby, senza coinvolgere alÂtri. Nel secondo no, perché l'eutaÂnasia è appunto provocare attivaÂmente la morte e iniettare un farÂmaco che causa la morte è eutanaÂsia. E Welby chiedeva di essere aiuÂtato a morire, cioè di essere posto in condizioni di non soffrire con l'aiuto delle medicine. La differenÂza era tutta qui. E per mesi se ne è discusso, per mesi se ne sono occuÂpati politici e tribunali, medici e preti. Senza soluzione. La risposta che fa la differenza è arrivata ieri sul tavolo dei magistrati che hanÂno aperto l'inchiesta: i livelli di sedazione nel sangue erano nella norma, Welby è morto perché nessuna macchina si accaniva a teÂnerlo in vita. Il procuratore GioÂvanni Fenara e il pm Gustavo De Marinis avevano chiesto ad un poÂol di esperti, tra cui la tossicologa Federica Umani Ronchi, di stabiliÂre se la dose di benzodiazepina (un sedativo), fatta scorrere in una flebo nelle vene di Welby, avesse in qualche modo determiÂnato, o meglio fosse stata concauÂsa, del decesso del paziente divenÂtato nei mesi scorsi simbolo della battaglia dei Radicali Italiani, e dell'associazione sulla autodeterminazione e sulla scelta di interrompere o meno una terapia, anche salvavita, coÂme la ventilazione assistita da una macchina. L'esame tossicologico ha assolto il medico: i livelli della benzodiazepina non sarebÂbero stati tali da determinare una concausa per il decesso di Welby determinato invece dalla interruÂzione della ventilazione assistita così come chiesto dal paziente stesso. Adesso si va verso la richieÂsta di archiviazione che potrà for-malmente essere chiesta dai magiÂstrati solo nei prossimi giorni e che segue un analogo adottato dall'Ordine dei Medici di Milano proprio sul comportamento deonÂtologico del dottor Riccio che non fu censurato dall'organismo proÂfessionale. «Abbiamo condotto, insieme all'Associazione Luca Coscioni e agli amici Radicali, il noÂstro impegno per percorrere la strada della legalità » è stato il comÂmento del dottar Riccio. «Non è stata eutanasia, ma interruzione di un trattamento richiesto dal paÂziente Piergiorgio Welby» ha comÂmentato il presidente dell'ordine dei medici di Cremona, Andrea Bianchi. Aveva ragione lui, e adesÂso sarà difficile per chi gli ha dato addosso anche da morto, sosteneÂre il contrario.
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