La Camera sta per votare la conÂversione del decreto Amato conteÂnente misure urgenti per prevenire la violenza negli stadi. Sono diciotto anÂni che lo Stato affronta il fenomeno a colpi di decreti legge fondati princiÂpalmente sull'impatto emotivo provoÂcato da gravi fatti di cronaca. Da quando, nel 1989, fu introdotta la legÂge 401 per la tutela della correttezza dello svolgimento di manifestazioni sportive. E' però la prima volta che un Parlamento a maggioranza di centro sinistra legifera in materia. Gli interÂventi normativi precedenti, infatti, soÂno tutti avvenuti per iniziativa dei tre governi Berlusconi: nel 1994, nel 2001, nel 2003 e nel 2005.
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La  stratificazione di queste norme emergenziali ha delineato un sistema imÂprontato esclusivamente a logiche repressive, introducendo di volta in volta reati specifici, misure di prevenÂzione, procedure speciali, eccezioni alle garanzie coÂstituzionali. Una strategia che non ha prodotto i risultati sperati, anzi: la miÂlitarizzazione degli stadi e la criminaÂlizzazione generalizzata del tifoso, paÂradossalmente, hanno favorito lo spoÂstamento e l'ideologizzazione della violenza nei confronti delle forze di polizia, ovvero di chi si trova a rappreÂsentare sul campo lo Stato. Agenti ai quali, peraltro, non è mai stata assicuÂrata una dotazione adeguata a ridurre i rischi degli scontri fisici, e ai quali soÂno stati imposti criteri di gestione delÂl'ordine pubblico anacronistici.
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Occorre una soluzione di contiÂnuità con le politiche sin qui seguite, iniziando col riportare la disciplina nell'alveo della costituzionalità . La prima anomalia riguarda il cosiddetto Daspo, ovvero il divieto di accesso agli stadi e l'obbligo di firma durante le manifestazioni sportive: questa limitaÂzione della libertà personale, che può arrivare sino a cinque anni, è disposta dal questore anziché dal giudice. Non è previsto neanche per i reati di mafia e di terrorismo dove, al pari di quanto avviene in Inghilterra, l'organo di poÂlizia si limita a proporre il provvediÂmento al magistrato. Convertendo senza modifiche il decreto confermeÂremmo l'anomalia, per di più inaÂsprendone la durata minima, estenÂdendone i presupposti e consentendo l'adozione anÂche in presenza di una mera informativa di servizio riÂspetto alla quale non esiste possibilità di difesa. Siamo sicuri, poi, che tutti coloro che affollano le "tribune autorità " abbiano compreÂso che se occupano un poÂsto diverso da quello assegnato verÂranno diffidati e obbligati a presentarÂsi al commissariato per due anni?
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Un'altra crepa costituzionale già aperta con il decreto Pisanu e che si vuole oggi acuire è rappresentata dalÂl'istituto della flagranza virtuale, in baÂse al quale chi commette reati duranÂte le manifestazioni sportive può esseÂre arrestato anche 48 ore dopo il fatto se individuato tramite foto o video. Abrogare, come fa il decreto, la transiÂtorietà di una norma eccezionale che contrasta con l'articolo 13 della CostiÂtuzione, significa negare che gli autori dei reati possano essere assicurati alla giustizia con strumenti conformi ai principi costituzionali.
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E, ancora, non riusciamo a comÂprendere come sia possibile manteneÂre nel nostro ordinamento, solo per i reati legati al calcio, la facoltà di adotÂtare misure cautelari coercitive pur in presenza dei requisiti che consentiÂrebbero l'applicazione della sospenÂsione della pena. Eccessivi paiono anÂche i minimi edittali previsti per alcuÂni reati, giacché, se paragonati con alÂtre fattispecie più gravi, tolgono la diÂscrezionalità al giudice di stabiliÂre una pena congrua e giusta.
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Il calcio rischia di esseÂre il laboratorio ove speÂrimentare nuove forÂme di controllo sociaÂle. Probabilmente, prima di normare, saÂrebbe stata più opÂportuna un'indagine conoscitiva sull'illega-lità diffusa che ha perÂmesso l'errata programmazione di interventi infrastrutturali, lo spreco di denaro pubblico ai tempi dei Mondiali 90, l'agibilità di stadi fuorilegge, l'elusione delle norÂmative sulla sicurezza e l'omessa adoÂzione dei provvedimenti conseguenti, l'illecita gestione del fatto sportivo. Non è, infatti, con metodi e logiche di emergenza, con leggi di eccezione o misure speciali, con provvedimenti reÂpressivi di dubbia costituzionalità , anÂche se mascherati da prevenzione, che si risolve il problema violenza, e i fatti lo hanno dimostrato.
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Lo stesso modello inglese, peralÂtro, non ha cancellato gli episodi vioÂlenti: si sono semplicemente spostati nei dintorni dello stadio, oltre a inÂgrossare le file di gruppi xenofobi ed estremisti che agiscono nella società . Quali soluzioni, allora, per ridurre gli spazi a violenti e teppisti? La priorità assoluta sono gli stadi; ne servono di nuovi e moderni, con ampi spazi di acÂcesso per la creazione di safety-area facilmente controllabili. Quando in Inghilterra decisero di affrontare le loro inefficienze, nel 1991 stanziarono con la legge Taylor 952 miliardi di lire per la rigenerazione degli impianti sportivi secondo precisi criteri. In Italia, come per i Mondiali del 1990, simili interventi rischiano di tradursi in occasioni di cattiva geÂstione e malaffare.
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Proprio su questo, specie se ci verranÂno assegnati gli EuÂropei del 2012, conÂverrebbe avviare da subito una seria progettazione.
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Per il resto, la sempliÂce ragionevolezza, nella punizione come nella prevenzione, è l'arma vincente per governare ogni fenoÂmeno. Non servono leggi eccezionaÂli o autoritarie che favoriscano svolÂte di regime per la società in genere e per il business dei soliti noti. EcceÂzionale sarebbe se venissero appliÂcate le leggi ordinarie esistenti e se fossero rispettati il diritto e la CostiÂtuzione vigente. Â